Pink Cadillac: il viaggio ribelle di Clint Eastwood

Pink Cadillac: il viaggio ribelle di Clint Eastwood

Interno. Sera. Il mio appartamento. L’inverno quest’anno fa sul serio finalmente e il freddo inizia ad insinuarsi nelle ossa. Lo schermo della mia tv illumina la stanza mentre la mia cagnona Noël mi si mette addosso come un poncho e dorme il sonno dei giusti. Il telecomando che stringo in mano è la mia personalissima pistola con la quale faccio fuoco contro lo schermo in cerca di qualcosa che possa dare il ritmo a questa fredda ed uggiosa serata di metà gennaio. Mi imbatto in un film del 1989 intitolato Pink Cadillac con protagonista Clint Eastwood: ho tutte le informazioni necessarie per premere il tasto play, buttare via il telecomando e gustarmi la visione di un film che sarà in grado di dare un senso alla serata.

una fuga in technicolor tra sogni americani e inseguimenti surreali

C’è qualcosa di profondamente anarchico in Pink Cadillac, il film del 1989 diretto dal regista, attore e stuntman Buddy Van Horn, con protagonista un Clint Eastwood che sembra divertirsi come un ragazzino in fuga dal set di un western. E in effetti si tratta di fughe, strade polverose che si allungano come promesse e di un’America kitsch che brilla nel riflesso cromato di una Cadillac rosa shocking. Ma non è tutto rosa quello che luccica: sotto la patina pop e i dialoghi scanzonati si nasconde una riflessione beffarda sull’identità, sulla libertà e su ciò che siamo disposti a fare per sopravvivere.

È il 1989. Il mondo sta cambiando: è l’anno della mia nascita, il Muro di Berlino scricchiola, i capelli si alzano sempre di più grazie alla lacca, e al cinema le star come Eastwood si reinventano. Ed eccolo qui, nei panni di Tommy Nowak, un cacciatore di taglie che sembra più un cowboy di frontiera che un uomo dei tempi moderni con una predilezione per i travestimenti improbabili e un’ironia che sembra strizzare l’occhio allo spettatore. Non è un eroe ma uno che fa quel che deve fare, che si tratti di travestirsi con assurdi costumi o di infilarsi in situazioni ai limiti del credibile.

Clint Eastwood insieme a Bernadette Peters, co-protagonista del film

Eastwood come non lo avete mai visto: un cacciatore di taglie in salsa pop

Nowak è incaricato di catturare Lou Ann McGuinn (interpretata da Bernadette Peters, bravissima attrice anche di teatro e vincitrice di tre Tony Awards e tre Drama Desk Awards), una donna che non ha pagato la cauzione dopo essere stata coinvolta a sua insaputa in una truffa orchestrata dal marito criminale che si è unito ad una banda di suprematisti bianchi. Tutto cambia quando, per rifarsi dei soldi rubati, il marito di Lou Ann rapisce la loro figlioletta.

E qui entra in scena il vero protagonista: una sfavillante Cadillac rosa del 1959 simbolo dell’eccesso, della libertà e di tutto ciò che il sogno americano ha rappresentato per decenni. L’incontro tra Novak e McGuinn è una collisione di mondi: lei, ingenua ma determinata, fugge sulla Cadillac rosa piena di soldi falsi, mentre lui è il tipico anti-eroe che non riesce a restare insensibile al fascino della sua preda. La chimica tra Eastwood e Peters è il cuore pulsante del film, oscillando tra battute taglienti e momenti di sincera vulnerabilità.

Clint Eastwood in una scena del film

Un viaggio on the road tra satira e follia

Pink Cadillac è lontano dal capolavoro. I critici dell’epoca lo hanno massacrato, definendolo un’opera leggera, poco incisiva. Ma è proprio questa leggerezza, questo rifiuto di prendersi troppo sul serio, che lo rende affascinante e un film estremamente gradevole da guardare. È come una canzone country suonata in un bar fumoso: magari non cambierà il mondo, ma ti farà battere il piede a tempo. La regia di Buddy Van Horn non è certo quella di un autore visionario, ma è funzionale. Le scene d’azione, anche quando rasentano la forzatura, sono capaci di intrattenere. E la Cadillac rosa? È un personaggio a sé stante, un monumento ambulante alla nostalgia americana. Da segnalare anche la presenza di un giovane Jim Carrey che fa un cameo in un locale di Las Vegas.

La trama si snoda lungo le highways dell’America profonda, con inseguimenti che sembrano usciti da un fumetto e incontri surreali con una fauna umana degna di un romanzo di Hunter S. Thompson (su tutti il personaggio del l’hippie falsario Ricky Z interpretato dal mitico Geoffrey Lewis). E qui il giornalismo Gonzo entra in gioco: guardando Pink Cadillac, non si può fare a meno di notare il sottotesto grottesco e ironico che si cela dietro l’azione. La Cadillac rosa diventa un simbolo quasi mitologico, un totem del sogno americano, tanto vistoso quanto vuoto. Lungo il viaggio, il film si diverte a smontare i cliché: dai suprematisti bianchi caricaturali che vogliono mettere le mani sui soldi falsi, a una comunità di motociclisti hippie che sembrano usciti da un festival anni ’60. Ogni incontro è un pezzo del mosaico, una cartolina acida di un paese che corre veloce verso il nulla.

Clint Eastwood e Bernadette Peters sul set di Pink Cadillac

Pink Cadillac è un film incompreso?

All’uscita, Pink Cadillac non venne accolto con entusiasmo. La critica lo etichettò come un’opera minore nella carriera di Eastwood, colpevole forse di voler mescolare troppi generi senza trovare un equilibrio. Ma con il senno di poi il film si rivela essere molto più di una semplice commedia d’azione. È un esperimento, un’alchimia stravagante che non sempre funziona ma che lascia un sapore unico. Eastwood dimostra un’inaspettata autoironia, mentre Buddy Van Horn, storico collaboratore dell’attore, dirige con un piglio che sembra celebrare l’assurdità della vicenda. E poi c’è la colonna sonora, un mix di brani rock e country che accompagna il film come una radio accesa durante un lungo viaggio.

Buddy Van Horn, attore, stuntman e regista che ha collaborato più volte con Clint Eastwood

Perché guardare Pink Cadillac oggi

Ma il vero cuore del film è quell’America che si intravede tra le righe: un’America di motel decadenti, di stazioni di servizio desolate, di personaggi al limite del grottesco che sembrano usciti da un quadro di Edward Hopper dopo una serata alcolica. È l’America dei perdenti, dei sognatori, di quelli che corrono sulla Route 66 cercando qualcosa che forse non troveranno mai. Per chi ama Clint Eastwood, per chi apprezza il sapore retrò ma irresistibile del cinema anni Ottanta o semplicemente per chi vuole godersi una storia sopra le righe, Pink Cadillac è un film da riscoprire. Magari non cambierà la tua vita, ma ti strapperà un sorriso. E alla fine, non è proprio questo il punto del viaggio?

Hank Cignatta

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