Brivido nella notte, la follia dell’ossessione
Finalmente l’Epifania tutte le feste si è portata via. Mentre dalla finestra del mio salone guardo i vicini che non hanno tende smontare con aria triste le decorazioni natalizie, mi metto comodo sul mio letto accompagnato dalla mia inseparabile Noël. Si mette comoda accanto a me mentre il termometro fuori segna lo zero termico. Mi sintonizzo sul canale dei grandi classici appena in tempo per la visione del film Brivido nella notte del 1971, pellicola che segna il debutto alla regia di Clint Eastwood che ricopre anche il ruolo dell’attore protagonista. Mi metto comodo e cerco di dare un senso ad un lunedì sera che ha un retrogusto domenicale, sistemo le cuffie per non dare fastidio a nessuno ed inizio un nuovo viaggio nella storia di Hollywood.
C’è qualcosa di magnetico nel suono di una puntina che graffia un vecchio vinile, nel rumore di tasti della macchina da scrivere che si fa eco nelle prime ore del mattino e nell’idea di una tranquilla cittadina californiana che nasconde la follia dietro ogni angolo. Se c’è un film che incarna tutto questo di sicuro è Brivido nella Notte (Play Misty for Me, 1971), il debutto alla regia di Clint Eastwood. Ma non aspettatevi la solita analisi accademica: qui si parla di un thriller che si aggira furtivo tra arte e paranoia come una figura inquietante dietro ad una finestra socchiusa.
La trama: Jazz, passione e psicopatia
Eastwood interpreta Dave Garver, un conduttore radiofonico per l’emittente KMLR che sussurra poesie jazzistiche nelle orecchie della costa californiana. Ma quando una misteriosa ascoltatrice, Evelyn Draper (interpretata magistralmente da Jessica Walter), lo chiama per chiedergli suona Misty per me (una struggente melodia che sembra urlare solitudine la cui frase da’ il titolo in originale al film) la tranquillità di Garver inizia a sgretolarsi. Quella che inizia come un’avventura casuale si trasforma rapidamente in un incubo. Evelyn infatti non è solo una fan ossessionata: è una bomba emotiva ad orologeria, pronta ad esplodere con ogni battito jazz e ad ogni appuntamento mancato. Ed Eastwood (il cowboy stoico con lo sguardo di glaciale) scopre a sue spese che anche i pistoleri del cinema non possono sfuggire alla follia di una donna con un coltello da cucina.
Un’opera di rottura
Nel 1971, Clint Eastwood non era ancora il “grande vecchio” di Hollywood, ma bensì un attore che stava cercando di reinventarsi. Brivido nella Notte è il suo biglietto da visita come regista che gli ha spianato la strada verso quella maestria dietro la macchina da presa ereditata da un grande del calibro di Sergio Leone. La macchina da presa non è mai stata così vicina al pericolo: gli interni claustrofobici, le inquadrature traballanti, il respiro ansimante della paranoia. Tutto è volutamente imperfetto, un riflesso della mente distorta di Evelyn. E poi c’è la magia della fotografia: la tranquillità quasi surreale delle scogliere di Carmel, in California, che contrasta con il caos interiore dei protagonisti. Eastwood sfrutta il contrasto tra la bellezza naturale e l’orrore umano con la precisione di un chirurgo.
Jessica Walter: la vera regina del caos
Ma il vero fulcro del film non è Eastwood bensì Jessica Walter, che trasforma Evelyn in un personaggio al tempo stesso patetico e terrificante. La sua interpretazione è una lezione di recitazione e ,forse, se vogliamo anche di vita: mai sottovalutare qualcuno che ti guarda con quello sguardo fisso e che sorride troppo. Evelyn non è solo una stalker: è un avvertimento ambulante, un monumento all’ossessione che si trasforma in autodistruzione. E ogni urlo, ogni risata isterica della Walter si insinua sotto la pelle dello spettatore, lasciandogli un segno indelebile.
Un precursore dei thriller psicologici
Prima di Attrazione Fatale e prima che il termine stalker entrasse nel lessico quotidiano, c’era Brivido nella Notte. Questo film è una capsula del tempo di un’epoca in cui le relazioni malsane non venivano ancora analizzate sui social, ma si vivevano a pieni polmoni — o, nel caso di Garver, con il fiato corto mentre si nascondeva dietro la porta del bagno. È anche uno dei primi esempi di come il thriller psicologico possa essere più spaventoso di qualsiasi horror pieno di mostri. Qui, il “mostro” è umano, e questo lo rende molto più inquietante. Evelyn è reale, forse fin troppo reale e probabilmente è proprio questo che ci fa guardare il nostro telefono con un brivido ogni volta che squilla.
Hank Cignatta
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