Narcos, molto di più di una semplice serie tv su Pablo Escobar

Narcos, molto di più di una semplice serie tv su Pablo Escobar

E’ ormai notte sulle case di Nevrotic Town (o Torino, se siete amanti del cinema). Le tenebre hanno preso il sopravvento su questa città ammantata di cemento e smog. Scosto piano la tenda della finestra di casa mia: la pioggia scroscia su tutto e tutti mentre un venticello fresco mi permette (per ora) di non diventare improvvisamente campione del mondo di sudorazione. La mia cagnona Noël si dimena nel sonno comodamente stravaccata sul mio ventre molle mentre io impugno il telecomando come una pistola, in cerca di qualcosa capace di intrattenermi prima che il sonno dei giusti prenda il sopravvento e mi faccia suo.

La spasmodica ricerca di qualcosa di interessante da guardare

Tra le serie consigliate la mia televisione intelligente mi propone la visione di Narcos, serie tv che già da tempo mi ero ripromesso di recuperare. Mi metto comodo, punto il telecomando in direzione dello schermo della mia tv e faccio fuoco sul tasto play. Narcos è un telefilm prodotto da Netflix in collaborazione con la casa di produzione cinematografica francese Gaumont e narra in tre stagioni l’ascesa e la caduta di Pablo Escobar, uno dei più famosi, ricchi e potenti narcotrafficanti della storia. La vicenda è narrata dal punto di vista degli agenti americani della DEA (la Drug Enforcement Administration, l’agenzia federale statunitense antidroga) Steve Murphy e Javier Peña, due dei principali investigatori nella caccia all’uomo di Escobar. Entrambi nel corso degli anni hanno scritto un libro che hanno dato alle stampe nel 2019 e che si intitola Caccia a Pablo Escobar, dal quale è tratta buona parte dei fatti descritti in questa serie tv. I due compariranno in un cameo nell’ultimo episodio della seconda stagione della serie tv.

Da sinistra: Javier Peña e Steve Murphy all’epoca della caccia all’uomo di Escobar

Non è semplice riuscire a realizzare un film o una serie tv sulla figura di un personaggio del calibro di Pablo Escobar, la cui leggenda continua ad essere viva a distanza di quasi più di trent’anni dalla sua morte. In questo caso Netflix ha fatto centro nel creare un prodotto capace di essere abbastanza fedele ai fatti reali, ovviamente prendendosi qua e là qualche licenza narrativa dalla realtà o circa i personaggi coinvolti (cosa, tra l’altro, esplicitata con un apposito messaggio prima dell’inizio di ogni episodio). Prima di tutto bisogna fare un particolare plauso alla bravura del cast, a partire da Wagner Moura. L’attore brasiliano (che ha imparato lo spagnolo appositamente per questo ruolo e che dà il volto a Pablo Escobar) ha avuto modo di interpretare un ruolo fatto su misura per lui e di farlo proprio, nel modo migliore possibile e che gli è valso nel 2016 una candidatura ai Golden Globes come miglior attore in una scena drammatica. Lo stesso dicasi per Boyd Holbroock (Steve Murphy), Pedro Pascal (che interpreta Peña e che qui si trova alla seconda importante interpretazione dopo quella di Oberyn Martell ne Il Trono di Spade), Luis Guzmàn e molti altri. Il resto della magia la fa la sigla di apertura della serie, uno stupendo bolero (genere musicale originario di Cuba, non correlata con l’omonima e antica danza spagnola, i cui sofisticati testi trattano d’amore. Viene considerata come la canzone latinoamericana romantica per eccellenza) intitolato Tuyo, scritta e cantata in spagnolo dal cantautore brasiliano Rodrigo Amararte. Come dichiarato dall’autore nel corso di un intervista, le atmosfere del brano sono state ispirate dal pensiero di un tipo di canzone che la madre di Escobar avrebbe ascoltato cullandolo quando era bambino. Quest’immagine suggestiva ha dato origine ad una delle colonne televisive più belle, iconiche e riconoscibili degli ultimi anni. Narcos scorre bene nel complesso dei suoi trenta episodi, in grado realmente di incollare lo spettatore allo schermo.

L’attore brasiliano Wagner Moura nel ruolo di Pablo Escobar

E’ anche interessante l’utilizzo di materiale autentico dell’epoca come spezzoni di notiziari locali o internazionali che servono per riscostruire il contesto storico- culturale della Colombia del periodo, devastata dalla guerra tra lo Stato e i narcotrafficanti che ha mietuto 46.612 vittime secondo le stime delle autorità locali. Una serie tv che fa riflettere su uno dei periodi più difficili della lotta al narcotraffico e che non vuole essere l’esaltazione di malviventi e del loro stile di vita. Così come quella della figura di Pablo Escobar, detto “el Patròn” (ovvero il capo), considerato da alcuni un benefattore e da altri solamente come uno dei più feroci narcotrafficanti della storia recente. Nel corso degli anni sono stati realizzati molti film, serie tv, sceneggiati e telenovelas sulla figura di Escobar e della sua vita. Molte persone hanno scritto numerosi libri, tra cui il figlio di Escobar (Juan Pablo), la sua vedova Victoria Eugenia Henao e molte altre persone che hanno avuto a che fare con lui, vere o presunte. Ma questa è un’altra storia.

Hank Cignatta

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