The Fall Guy, anatomia di uno stuntman
Esterno. Sera. La mia cagnona Noël mi guarda desiderosa di tornare a casa, dopo la nostra consueta passeggiata serale. E’ una sera leggermente più afosa rispetto alle altre che hanno messo un sincero freno a mano alle insopportabili notti tropicali, ma si avverte non appena la temperatura si alza di mezzo grado. Mi faccio una doccia militare e mi spalmo sul divano, diventando il materasso perfetto per la mia fedele quadrupede che mi si butta addosso. Prendo il telecomando della mia televisione intelligente, lo punto contro lo schermo e faccio fuoco. Mi muovo veloce tra i vari servizi di streaming attualmente disponibili finché non mi imbatto in The Fall Guy, film che già da tempo mi ero ripromesso di recuperare. Noël si mette comoda, assumendo la classica posizione da nanna mentre io schiaccio il tasto play e lascio che la serata prosegua nel modo più tranquillo possibile.
In The Fall Guy possiamo seguire la storia di Colt Seavers (interpretato da Ryan Gosling), intrepido stuntman cinematografico privo del senso del pericolo che lavora come controfigura per la stella di Hollywood Tom Ryder ed è innamorato perso di Jody Moreno, bella e competente assistente alla regia. Durante uno stunt finito male, Colt si infortuna seriamente ed incolpandosi per quanto accaduto decide di lasciare l’ambiente e sparire da Jody. Dopo essersi ripreso vive ormai di ricordi, facendo il parcheggiatore per un piccolo ristorante messicano: qui riceve una telefonata da Gail, produttrice dei film di Tom Ryder, il quale lo informa che Jody sta lavorando al suo debutto alla regia intitolato Metalstorm e che quest’ultima lo vuole per le riprese in Australia. Una volta giunto sul set Colt scopre che Jody non lo ha mai chiamato, anzi: è ancora furiosa con lui per essere stata piantata senza spiegazioni e la trama stessa di Metalstorm altro non è che un adattamento della fine traumatica della loro relazione. Jody, dopo essersi presa la sua vendetta bruciando vivo e facendo saltare in aria Colt nelle varie scene di azione del film, torna lentamente (e a suo modo) ad avvicinarsi al suo grande amore. Nel mentre Gail chiede a Colt di ritrovare Tom Ryder, protagonista del film scomparso nel nulla da alcuni giorni, andando a scoprire una storia oscura quanto assurda.
Il mondo degli stuntmen è uno degli ambienti più sottovalutati dell’industria cinematografica: non ci sono per loro le stesse luci della ribalta che spettano ai divi Hollywoodiani e l’Academy non li considera neanche durante la premiazione degli Oscar. Un lavoro che si fa per il puro piacere del brivido. E lo sa bene il regista del film, David Leitch, il quale prima di diventare un cineasta e produttore cinematografico negli anni Novanta ha lavorato proprio come stuntman, diventando anche studente dell’accademia di arti marziali di Dan Inosanto (leggendario maestro ed attore di arti marziali, attualmente l’ultimo allievo vivente diplomato direttamente da Bruce Lee). E l’ambiente viene descritto senza peli sulla lingua, consapevole di adottare un registro capace di arrivare a tutti e a più persone possibili senza troppi sofismi. Leitch riesce nella non semplice impresa di rendere un film dalle scene d’azione roboanti e chiassose non una semplice pellicola che verrà scolpita al fondo delle chiappe della storia della cinematografia. Come già visto in altri suoi film come John Wick (il primo dell’attuale tetralogia), Atomica Bionda, Fast & Furious- Hobbs & Shaw e Deadpool 2 riesce a coniugare abilmente anche dialoghi taglienti figli di un senso dell’umorismo del quale oggi si sente davvero un gran bisogno.
The Fall Guy, prima di essere la nuova gallina dalle uova d’oro per i produttori di Hollywood, era una serie TV degli anni Ottanta. Il telefilm ruotava attorno a uno stuntman (Colt Seaver appunto, interpretato da Lee Majors) che, per arrotondare, nel tempo libero fa il cacciatore di taglie. Un concept semplice, ma brillante. Il cinema cosiddetto mainstream è sempre alla ricerca di materiale da riesumare, e i produttori non si sono fatti scappare l’occasione. E così, dal limbo della nostalgia, ecco rinascere The Fall Guy, adattato alla sensibilità odierna e infarcito di effetti speciali da capogiro. Ma il film non è solo questo. Non è solo Gosling che corre, si schianta, si rialza e si schianta di nuovo. È pura estetica del dolore fisico, del corpo che prende mazzate, della pelle che si strappa. Ed è qui che sta la magia: tu sei lì e senti ogni singolo colpo. Ogni ossa che si spezza, ogni impatto. E Gosling è la perfetta incarnazione di questa violenza vissuta con una strana serenità. Lo guardi e sai che per lui è solo un altro giorno in ufficio. Cade, si rialza e va avanti. Questo è il punto: Fall Guy non è un film di supereroi. Non c’è nulla di glorioso in quello che succede. È sporco, è reale ed è per questo che funziona. È un film che ti fa sentire il dolore, ma che ti ricorda anche che tutti, in un modo o nell’altro, siamo dei fottuti stuntman, nella nostra vita. Facciamo cadute spettacolari per far brillare gli altri, sperando che almeno qualcuno se ne accorga. Perché alla fine dei conti, siamo tutti lì, in piedi sul bordo di un precipizio, pronti a fare il salto. Anche se sappiamo che, magari, ci aspetta solo il vuoto. Ma quel salto vale tutto il brivido che si prova ad affrontarlo.
Hank Cignatta
Riproduzione riservata ©
Post a Comment
Devi essere connesso per inviare un commento.