Trap, viaggio nella lucida follia di una mente criminale
Ci sono ben poche cose da fare in questa torrida estate 2024: rimanere in un ambiente artificiosamente fresco, bere, sudare, bere e sudare (e non necessariamente in questo ordine). Fuori da quell’oasi invernale quale è diventata casa mia bussano alla finestra con veemenza ardenti lingue di fuoco: la mia Noël dorme il sonno dei giusti intenzionata a non schiodarsi di un millimetro e io mi ritrovo a dover scegliere qualcosa da fare che non sia fissare lo schermo della mia televisione o quello del mio computer. Mando un messaggio alla Dani California del momento, chiedendole se un programma per la serata comprendente una cena fuori con relativo film al cinema possa interessarle. Alla sua risposta affermativa mi metto subito all’opera per tornare alla civiltà ed essere vagamente presentabile. Eliminata la barba di due settimane, l’odore di mosto selvatico e quello strato appiccicaticcio dalla mia ingombrante epidermide sono pronto per mostrarmi al mondo. Dopo un iniziale sconforto per lo sbalzo climatico tra il mio appartamento (temperatura media di Mosca) e quello esterno (giornata media nel deserto del Gobi) passo a prendere la Dani California, che fino al momento prima di giungere al cinema passa tutto il tempo a raccontarmi dei suoi problemi con i colleghi di lavoro. Arrivati al cinema le chiedo che cosa voglia vedere per evitare di monopolizzare la decisione e per tutta risposta mi dice che un film vale l’altro, tanto sono tutti uguali. Ed è in quell’istante che faccio finta di volgere lo sguardo esterrefatto verso un ipotetico pubblico rompendo la quarta parete e ad immaginarli piegati in un due dal ridere mentre assistono a questo tentativo di una bozza di appuntamento.
Ma la faccenda gioca a mio favore: vado in cassa, prendo due biglietti per il film che avevo già in mente di vedere, pago il dovuto e io e la Dani California senza gusto cinematografico ci dirigiamo nella sala preposta. Sala 3. La maschera (si chiamano ancora così?) strappa i biglietti e ci fa entrare per permetterci la visione di Trap, ultima fatica cinematografica del regista e sceneggiatore M. Night Shyamalan. La sala non è piena e prendiamo posto: mentre le luci si spengono in sala la Dani California si guarda attorno e sfila da una delle sue scarpe décolletè color verde Tiffany un piede ben curato con unghie laccate di smalto nero e me lo appoggia sul pacco. Le sue abili dita snodate fanno un lavoro al quale in poco tempo non riesco a restare indifferente, mentre sul suo volto comprare un luciferino sorriso malizioso nel constatare l’effettivo turgore della zona massaggiata. Facendo fatica a ragionare lucidamente le afferro il piede e mi trasformo per pochi secondi in Quentin Tarantino in Dal Tramonto all’Alba. La Dani California si calma momentaneamente e io posso procedere alla visione del film.
Trap segue le vicende di Cooper, vigile del fuoco che accompagna sua file Riley al concerto della famosa cantante Lady Raven. Tutto è perfetto: Cooper passa del tempo con sua figlia come farebbe un qualsiasi padre amorevole e possono godere dello spettacolo in posti di tutto rispetto. Tutto prosegue fin quando Cooper non nota un massiccio dispiegamento di forze dentro e fuori il palazzetto nel quale ha luogo il concerto. Qui un inserviente spiega a Cooper che il concerto altro non è che una trappola tesa a il Macellaio, pericoloso serial killer che da tempo terrorizza la zona con efferati omicidi. Ben presto si rendono conto di essere al centro di una vicenda scura e pericolosa.
La pellicola risulta un terreno inusuale nel quale M. Night Shyamalan è solito muoversi: è infatti un progetto diverso, capace di incollare lo spettatore per cercare di capire l’andamento della trama. Josh Hartnett interpreta il ruolo di Cooper in modo magistrale, riuscendo alla grande a dare volto a tutte le particolari sfaccettature del personaggio complesso che è stato chiamato ad interpretare. Il ritmo della trama si diversifica nel corso della visione ma mai verso un tipo di parabola irrimediabilmente discendente: si può infatti notare una “lentezza” (sempre se così possiamo definirla) tipica delle pellicole d’altri tempi e che hanno reso immortale il genere giallo/thriller. In tempi in cui il genere horror ha toccato ogni tipo di storia, personaggio, trama e crossover possibili presentare un film con una storia simile e che si distacca da tutto ciò che viene presentato finora è sia un azzardo che una mossa vincente. Shyamalan dimostra una volta di più (qualora ce ne fosse ancora bisogno) di essere un abile sceneggiatore, al tal punto da prendere per mano lo spettatore e fargli credere di guardare un episodio di Ai confini della realtà. Grande prova di Josh Hartnett (dopo quella in Oppenheimer) che si dimostra un attore versatile in un ruolo cucito appositamente per lui, abile nel non deludere le aspettative. Rimane forse un po’ l’amaro in bocca per un film sicuramente interessante e passato leggermente in sordina forse a causa di una più ampia scelta nel catalogo di film disponibili al cinema in questa rovente estate 2024 ma che vale decisamente la pena d’esser visto.
Hank Cignatta
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