Dal tramonto all’onda: la religione del surf

Dal tramonto all’onda: la religione del surf

Mi trovavo su una spiaggia deserta in Sicilia, la bocca ancora impastata da tre bicchieri di rum scuro e il cuore pieno di odio verso la terraferma. Di fronte a me la vastità del mare. Lento, immenso, strafottente. Dietro di me: la civiltà, con le sue regole e i suoi “calcoli delle maree”. In mezzo una tavola di vetroresina e la folle pretesa di camminare sull’acqua.

Alcune tavole da surf

Benvenuti nel surf, fratelli e sorelle. Non lo sport. Non l’hobby. Ma la distorsione cosmica di ogni logica terrestre. E se siete qui per imparare “come fare un bottom turn”, siete fuori strada. Questo è un viaggio nella storia, nella tecnica, ma soprattutto nella perdita assoluta del controllo.

Origini: tra antichi re hawaiiani e white boys in acido

Il surf non è nato con i californiani dagli addominali lucidi. No. Ha radici che affondano nella cultura polinesiana, un tempo in cui cavalcare un’onda era roba da re, una forma di comunicazione diretta con gli dei del mare. Gli hawaiani lo chiamavano heʻe nalu, che significa letteralmente “scivolare sull’onda”. E non lo facevano solo per gioco. Era rituale, potere, status. E forse anche una botta mistica più forte dell’ayahuasca.

Poi, come tutte le cose belle, arrivarono i missionari. Il surf fu considerato peccaminoso. Osceno. Spudorato. C’era troppo godimento. E quindi bandito. Ma non morì. Sopravvisse nei sogni bagnati di chi voleva essere onda. E quando nel ‘900 le spiagge della California iniziarono a riempirsi di droghe leggere e rock psichedelico, il surf tornò. Non come sport olimpico ma come grido di ribellione.

La tavola da surf: un’arma, un’amante, un proiettile di legno e schiuma

Chi ti dice che una tavola da surf è solo un pezzo di resina e schiuma non ha mai provato a tenere in equilibrio la propria anima sopra una parete d’acqua alta sei metri. Ce ne sono di ogni tipo: shortboard (veloci, instabili, arroganti), longboard (fluide, paciose, zen), fish, gun, e quelle tavole ibride che sembrano uscite da un laboratorio di Frankenstein. Ma la verità è che la tavola ideale è quella che parla con le onde. E che sa quando lasciarti volare o spezzarti la spina dorsale.

Esempi di tipologie di tavole da surf

Tecniche di sopravvivenza tra le onde: più che imparare, è lasciarsi andare

Ora potrei elencarti i movimenti base il take off, il duck dive, lo snap, il floater ) ma ti assicuro che leggere non ti insegnerà nulla. Il surf non si impara con la mente. Si impara con la pelle, l’errore e il panico.

Detto questo, ti butto qualche chicca, nel caso ti dovessi trovare faccia a faccia con Poseidone, esattamente come le hanno buttate a me:

  • Take Off: il momento in cui ti alzi sulla tavola. Se sbagli, diventi un missile umano diretto verso le rocce. Fallo con rispetto. Per la tua incolumità, s’intende.
  • Duck Dive: la tecnica per passare sotto un’onda prima che ti sventri. È un tuffo, una supplica al mare.
  • Bottom Turn: la curva che fai alla base dell’onda per risalire. Se è ben fatto, senti il tempo fermarsi.
  • Wipeout: quando tutto va a puttane. E va bene così.

Ricorda: la tecnica serve solo a mantenerti vivo abbastanza a lungo da sentire la botta emotiva dell’esperienza. Quella sensazione primordiale, quel momento in cui tu non sei più tu: sei onda, vento, schiuma e follia liquida. Parole di Carlos, il mio istruttore!

Il surf come stato mentale: più vicino all’acido che all’agonismo

La vera verità è che il surf è un’esperienza mistica travestita da sport. Gli altri vanno in palestra. Tu ti butti in mare a sfidare onde che potrebbero ingoiarti. E lo fai perché hai bisogno di sparire per un attimo. Di dimenticare il mutuo, le scadenze, le notifiche. Tutti quei pensieri che affollano la nostra quotidianità fino a schiacciarci.

Quando surfi, non c’è futuro e non c’è passato. C’è solo un’onda che si forma a chilometri dalla costa e poi ci sei tu che decidi di fonderti con lei. Non è divertente. È estatico. È brutale. È poetico.

Conclusione: se vuoi capire il surf, buttati

Non fare le stronzate che ho fatto io prima di buttarmi in questa impresa. Non leggere altri articoli. Non guardare tutorial su YouTube. Non ascoltare i maestri zen che ti spiegano il flusso dell’oceano. Vai. Tuffati. Sbaglia. Affoga. Riemergi. Solo allora (nel panico, nell’estasi, nell’umiliazione) capirai davvero cos’è il surf.
E quando tornerai a riva ansimante e mezzo morto, forse ti accorgerai che per qualche istante sei stato qualcosa di più di un uomo con una tavola.

Hank Cignatta

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Sono la mente insana alla base di Bad Literature Inc. Giornalista pubblicista, Gonzo nell’animo, speaker radiofonico, peccatore professionista, casinista come pochi. Infesto il web con i miei articoli che sono dei punti di vista ( e in quanto tali condivisibili o meno) e ho una particolare predisposizione a dileggiare la normalità. Se volete saperne di più su di me e su Bad Literature Inc. leggete i miei articoli. Ma poi non dite che non siete stati avvertiti.

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