
King Kobra, i ribelli ingiustamente dimenticati dell’Hair Metal
Il Ruggito dei Serpenti: L’Alba di un Culto
Nel cuore pulsante degli anni Ottanta, quando il mondo del rock era caratterizzato dallo spandex, bottiglie vuote di Jack Daniel’s, pozze di vomito e piscio e lattine di Budweiser abbandonate dietro le quinte, un batterista fuori di testa decise di sfidare l’ordine cosmico dell’hair metal. Il suo nome era Carmine Appice, una leggenda vivente dietro le pelli che aveva già suonato con Vanilla Fudge, Cactus e Jeff Beck. Ma Carmine voleva qualcosa di più: voleva la sua dannata band. E fu così che nacquero i King Kobra, un branco di lupi vestiti da serpenti velenosi, pronti a mordere l’industria discografica.

Il progetto prevedeva un batterista veterano della scena circondato da giovani promesse bionde, con chiome più voluminose di un tornado e un suono pronto a incendiare le radio. Mark Free alla voce (un’ugola d’acciaio che sarebbe poi diventata Marcie Free), David Michael-Philips e Mick Sweda alle chitarre, Johnny Rod al basso e, ovviamente, l’inarrestabile Appice dietro le pelli. Pronti a conquistare il mondo o a morire provandoci.
Ready to Strike: il Debutto da Kamikaze dei King Kobra
Data stellare 1985: l’anno di “Ready to Strike”, il disco che avrebbe dovuto portarli nell’Olimpo del glam metal. Prodotto con il tipico sound esplosivo dell’epoca, il debutto dei King Kobra è un’overdose di chitarre taglienti, ritornelli da urlare a squarciagola sotto la doccia e batterie che suonavano come colpi di artiglieria pesante.
Brani come la traccia che da’ il nome al disco Ready to Strike, Hunger (che sarebbe finita nella colonna sonora di Transformers: The Movie), e Shadow Rider dimostravano che questi serpenti sapevano mordere. E forte anche. Ma il destino, come sempre, aveva piani diversi. La concorrenza era feroce: Motley Crüe, Ratt, Dokken e i neonati Guns N’ Roses stavano alzando di parecchio la posta in gioco. E nonostante l’energia e il look da poster da cameretta, i King Kobra restavano ai margini della grandezza.
Thrill of a Lifetime: Il Tentativo dei King Kobra di Domare il Pop
L’anno seguente, nel 1986, i King Kobra danno alle stampe il loro secondo album intitolato Thrill of a Lifetime. Si tratta di una virata più commerciale, quasi AOR (acronimo che sta per Album Oriented Radio, ovvero un disco dalle sonorità molto radiofoniche). Il singolo “Iron Eagle (Never Say Die)” entra nella colonna sonora dell’omonimo film patriottico, ma il pubblico metal non perdona il cambio di rotta. I King Kobra erano nati per essere selvaggi e non per ammiccare alle classifiche.
Gli eccessi dell’industria musicale iniziano a farsi sentire, i rapporti interni scricchiolano e nel 1987 la band esplode come una lattina di birra lasciata al sole. Mark Free se ne va, Mick Sweda e Johnny Rod trovano fortuna altrove (Sweda nei BulletBoys e Rod nei W.A.S.P.) e il sogno sembra finito.
La Morte e la Rinascita del Cobra
Gli anni Novanta sono una terra desolata per l’hair metal. Il grunge spazza via i trucchi e le paillettes come un tifone infernale. Ma Carmine Appice non è tipo da arrendersi. Negli anni Duemila il vecchio serpente riunisce i King Kobra, prima con Johnny Edwards alla voce, poi nel 2011 con Paul Shortino, ex Rough Cutt e Quiet Riot.

L’album omonimo del 2011 è un ritorno alle origini, con riff roventi e una produzione più solida, seguito da “King Kobra II” nel 2013. Ma il rock ‘n’ roll è una roulette russa, e i King Kobra restano una band di culto, venerata dai puristi ma fuori dai radar del cosiddetto mainstream.
Perché I King Kobra Sono Ancora Importanti?
Perché erano veri. Perché incarnavano la filosofia del “prendi la vita a morsi e suona fino a sanguinare”. Perché Mark Free è diventato Marcie Free, dimostrando che il rock ‘n’ roll può permetterti di esprimere te stesso al meglio. Perché Carmine Appice è ancora lì, dietro i tamburi, pronto a sferrare un altro colpo. Anche all’incedere del tempo.

I King Kobra non saranno stati i Re del Glam, ma erano i cecchini dietro le linee nemiche, il veleno nei drink dorati degli anni Ottanta. E se vuoi sapere cos’era davvero l’hair metal metti su Ready to Strike, alza il volume e lascia che il cobra ti morda ancora una volta.
Hank Cignatta
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