
Karoshi, morire di lavoro nel Sol Levante
L’orologio segna le tre del mattino in un ufficio illuminato al neon in uno dei tanti grattacieli di Tokyo. La tastiera martella ancora, i polpastrelli stanchi danzano senza sosta. Qui, nel cuore pulsante di una metropoli che non dorme mai, il lavoro è una religione e la stanchezza è il suo martire. E così, mentre il mondo si spegne sotto le coperte, c’è qualcuno che si spegne alla scrivania. Benvenuti nell’incubo tutto giapponese del Karoshi, ovvero lavorare fino alla morte.
Una Definizione che Fa Paura
Karoshi non è solo una parola, è un fenomeno. Letteralmente significa “morte per eccesso di lavoro” e si riferisce a quei casi in cui stress cronico, orari massacranti e pressione sociale portano al collasso fisico o mentale. Infarti, ictus, suicidi: il Karoshi è il lato oscuro del mito giapponese della produttività.

Si può dire che il fenomeno sia nato negli anni Settanta, quando il boom economico giapponese spinse lavoratori e aziende a livelli inimmaginabili di dedizione. Ma mentre l’economia si espandeva, le vite si accorciavano. La prima morte ufficiale legata al Karoshi fu registrata nel 1969: un giovane uomo, appena ventinovenne, stroncato da un ictus dopo aver lavorato per quaranta giorni consecutivi senza pause. Questo caso è solo il primo capitolo di una lunga e tragica storia.
Le Radici Culturali del Karoshi
“Il lavoro è vita” è un mantra che i giapponesi conoscono fin troppo bene. Ma perché? La risposta è complessa e affonda le sue radici nelle tradizioni culturali e nei valori sociali del Giappone. C’è il giri, il senso del dovere verso il proprio datore di lavoro, e il ganbaru, la determinazione a resistere a tutti i costi.

Questa mentalità è stata esacerbata dalla struttura stessa delle aziende giapponesi. I cosiddetti salarymen (che sono un simbolo nazionale) sono spesso costretti a straordinari non pagati, a cene aziendali obbligatorie e a un ritmo lavorativo che li porta a sacrificare la propria salute. Il risultato sono ansia cronica, insonnia e in molti casi anche la morte.
Le Storie Dietro i Numeri
I numeri del Karoshi sono scioccanti. Ogni anno centinaia di casi vengono ufficialmente riconosciuti dal governo giapponese ma si stima che i numeri reali siano molto più alti. Prendiamo, ad esempio, Matsuri Takahashi, una giovane donna che lavorava per la Dentsu, una delle più grandi agenzie pubblicitarie del Giappone. Dopo aver accumulato più di 100 ore di straordinari in un solo mese, Matsuri si è tolta la vita il giorno di Natale del 2015. Il suo caso ha sollevato un dibattito nazionale, ma, a distanza di anni, poco sembra essere cambiato.

Un’altra storia simbolo è quella di Kenji, un ingegnere di 41 anni che ha passato una decade a lavorare sedici ore al giorno. Quando è morto per un infarto, i medici hanno detto che il suo cuore era quello di un uomo di ottant’ anni. Sua moglie racconta che negli ultimi mesi Kenji non parlava più, rispondeva solo con monosillabi. Il lavoro lo aveva prosciugato. O quella di Miwa Sado, reporter trentunenne della tv pubblica nipponica Nhk, la quale aveva totalizzato 159 ore di straordinario morendo d’infarto nel suo appartamento.
Le Aziende e il Governo: Un Cambiamento Lento
Il governo giapponese ha cercato di affrontare il problema ma le misure adottate sono spesso considerate inefficaci. La legge del 2018 ha introdotto un limite di cento ore mensili di straordinari ma molti sottolineano come il limite sia ancora troppo alto. Le aziende, dal canto loro, si dichiarano impegnate nella promozione di un miglior stile di vita ma in realtà poche sembrano realmente intenzionate a cambiare una cultura radicata.

Il Karoshi e il Futuro del Lavoro
Cosa ci insegna il fenomeno del Karoshi? Innanzitutto, che una cultura del lavoro disfunzionale non è solo un problema giapponese. Anche in Occidente si iniziano a vedere i segni di un burnout diffuso, con l’aumento di orari lunghi e della pressione lavorativa.

Ma il Karoshi ci offre anche una lezione di umanità: il lavoro dovrebbe essere uno strumento per vivere, non una condanna a morte. E mentre il Giappone inizia lentamente a riconoscere la necessità di un cambiamento il resto del mondo farebbe bene a prenderne nota.
Quando il Lavoro Uccide
Il Karoshi non è solo un problema giapponese, ma un campanello d’allarme globale. Il mondo del lavoro sta cambiando, ma la domanda rimane: quanto siamo disposti a sacrificare per il successo? Forse è arrivato il momento di riscrivere le regole e ricordare che nessun lavoro vale la nostra vita.
Hank Cignatta
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