Quincy Jones, il genio dietro il suono della musica moderna
La notizia della morte di Quincy Jones giunge a metà mattinata come un fulmine a ciel sereno: cambia notevolmente il corso di una giornata che sembrava destinata a scorrere come tutte le altre. E’ complicato dare una definizione di che cosa facesse in modo dettagliato Quincy Jones: arrangiatore, direttore d’orchestra, produttore discografico, compositore e trombettista. Tante definizioni per indicare uno dei più importanti geni musicali dell’era moderna, capace con la sua visione unica di rendere in musica ciò che è diventato arte. Per sempre.
Quincy Delight Jones Jr. non è stato solo un uomo. È un mondo intero lungo più di settant’anni di carriera, che ha suonato con leggende, scritto canzoni destinate a diventare inni. Ha prodotto album che hanno frantumato ogni record di vendite e ha lanciato carriere che ancora oggi non smettono di risplendere. Tutto questo come se fosse la cosa più normale del mondo. Non si può pronunciare il suo nome senza che la lingua si pieghi in una sorta di reverenza involontaria. Il tipo di rispetto che si riserva alle divinità della musica ascese sulla Terra per mostrare all’umanità la retta via del suono. Perché Quincy non è stato solo un produttore musicale: è stato e sarà per sempre il custode segreto della storia della musica del ventesimo e ventunesimo secolo, il genio dietro il genio, l’architetto invisibile che ha scolpito i suoni che ci hanno trascinato attraverso gli ultimi decenni scandendo la colonna sonora delle nostre vite ( o almeno è così per il povero bastardo che vi scrive). Quincy è Dio: ha più Grammy di quanti un comune mortale riuscirebbe a contare senza perdersi per strada. Ha lavorato con grandissimi artisti del calibro di Frank Sinatra, Michael Jackson, Ray Charles, Aretha Franklin, Miles Davis e centinaia di altri giganti. Ma la sua grandezza non si misura nelle collaborazioni: il suo vero talento è stato quello di fare della musica un’esperienza spirituale, trasformando ogni canzone in un viaggio mistico.
Nato nel 1933 nella Chicago della Grande Depressione, Jones non ha iniziato il suo cammino come un bambino prodigio coccolato dal destino. La sua era una vita difficile, piena di colpi bassi, di porte sbattute in faccia, di scappatelle dalle strade pericolose per rifugiarsi in un mondo fatto di note. E in una realtà non semplice come quella nella quale fare scelte sbagliate pare essere l’unica soluzione, Jones sapeva di avere una validissima alternativa. A quattordici anni trovò una tromba e decise che sarebbe diventato un musicista, imparando a suonare lo strumento sotto il peso di una determinazione incrollabile. Ha bussato alle porte dei grandi, ha viaggiato, ha rischiato e ha vissuto tutto quello che il jazz, il blues, il soul e lo swing potevano offrire. Quincy Jones si è fatto le ossa negli scantinati, nei locali dove l’aria era caratterizzata dal fumo denso delle sigarette e di un campionario umano che si rifugiava in quei luoghi per sconfessare i suoi peccati. Parigi è stata il suo battesimo di fuoco, il suo tempio creativo, il luogo in cui ha affinato la sua arte. È stato lì che Quincy ha capito che la musica non era solo una sequenza di note ma bensì un racconto senza fine, una liturgia in continua evoluzione.
Negli anni Sessanta quando tornò in patria Jones aveva già capito la potenza dell’immaginazione musicale. Ma sarà negli anni Ottanta che il suo nome si sarebbe scritto a lettere di fuoco nella storia della musica pop. Era l’era in cui Michael Jackson era solo un ragazzino prodigio con una voce che in pochi talenti possono vantare, un sogno in cerca di un padrino. E fu Quincy Jones a trasformare quel sogno in realtà. Quando si parla di Off the Wall , Thriller e Bad la maggior parte delle persone pensa a Michael Jackson. Ma chiunque conosca davvero la musica sa che dietro ad ogni riff, ad ogni beat e ad ogni arrangiamento di quei capolavori c’era il tocco magico di Quincy Jones. Ha infatti preso la voce di Michael Jackson e l’ha messa su un palcoscenico sonoro che ha catturato l’immaginazione di milioni di persone. Con un occhio attento ai dettagli e un orecchio finissimo per le armonie, ha creato non solo musica, ma un’esperienza che avrebbe definito un’intera generazione.
Ma Quincy non era solo un produttore di successo. Era anche un attivista, un uomo che aveva usato la sua influenza per combattere per la giustizia sociale e l’uguaglianza in tempi in cui tutto questo aveva realmente un senso. In un’industria che spesso si concentra sul profitto, Jones ha sempre messo la musica e le persone al primo posto. Il suo famoso progetto We Are the World ha unito artisti di varie generazioni e generi musicali per raccogliere fondi per la crisi della fame in Africa negli anni Ottanta. In un’epoca in cui il mondo era diviso, Quincy ha creato una sinfonia di speranza, unendo le voci di alcuni dei più grandi nomi della musica per un obiettivo comune. Quella canzone non è stata solo un successo commerciale: è diventata un simbolo di unità e solidarietà. Oggi, mentre il mondo piange la perdita di un maestro la storia è chiamata a celebrare ciò che Quincy ha rappresentato: un eterno ottimista, un innovatore, un amante della musica. L’industria musicale non avrà più un gigante come lui ma l’eredità di Quincy Jones ci esorta a continuare a spingere oltre i limiti, a sperimentare, a creare. Così, mentre guardiamo al futuro l’unica cosa che si può fare è tenere viva la sua memoria non solo ascoltando la musica che ha creato, ma anche abbracciando i valori che ha difeso. Quincy Jones è morto, ma la sua musica è immortale e così sarà sempre. Ed è questo il bello della musica. E nessuno l’ha raccontata e suonata come lui.
Hank Cignatta
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