New Hollywood: sangue, sesso e regia

New Hollywood: sangue, sesso e regia

L’inizio di una rivoluzione: cinema, droga e ribellione

Questa rivoluzione culturale non è cominciata con un’esplosione. È iniziata con un silenzio rotto solo dai proiettili di Bonnie and Clyde. Era il 1967 e la vecchia guardia di Hollywood stava morendo come un dinosauro dopo un brutto trip di acido. Il pubblico cambiava, voleva sangue, sesso e verità scomode. E i produttori si guardavano attorno come zombie da golf club, incapaci di capire cosa stesse succedendo.

Nacque così la New Hollywood, quella strana creatura generata da LSD, guerre sbagliate e una generazione che guardava Easy Rider come fosse la Bibbia. Non era solo cinema. Era vendetta. Era arte sporca, con dentro il cuore di un’America marcia che non riusciva più a specchiarsi nei musical patinati con Gene Kelly. I giovani registi prendevano la cinepresa e ci sputavano dentro. Francis Ford Coppola, Martin Scorsese, Hal Ashby, Bob Rafelson, Brian De Palma: cavalieri lisergici con il budget in tasca e i demoni in gola. Avevano visto la morte in Vietnam, l’assassinio di Kennedy, le bugie del governo e volevano raccontare l’orrore. Volevano farlo in technicolor.

Da sinistra: Steven Spielberg, Martin Scorsese, George Lucas e Francis Ford Coppola, anime della New Hollywood

L’ascesa dei nuovi dei: quando i pazzi governavano il manicomio

Parliamo di un’epoca in cui gli sceneggiatori sniffavano cocaina direttamente dai copioni. Quando Taxi Driver era una diagnosi e non solo un film. Quando Il Padrino sembrava più reale delle cene in famiglia. Non c’erano limiti. E più che una rinascita artistica, sembrava un’orgia catartica di creativi tossici e produttori con l’amnesia selettiva.

Taxi Driver di Martin Scorsese, uno degli esempi più famosi e significativi della New Hollywood

Dennis Hopper, reduce da un successo inaspettato con Easy Rider, ricevette fondi per dirigere The Last Movie, uno dei film più incomprensibili e anarchici mai usciti da una major. Fu un disastro. Ma che disastro glorioso! Eppure, quell’insuccesso era già il sintomo che il sogno si stava incrinando. I soldi arrivavano. Le droghe pure. Ma Hollywood non era pronta per una rivoluzione vera. Solo per una messinscena.

La New Hollywood: la paranoia dietro la macchina da presa

C’erano gli Oscar, certo, ma anche le crisi di nervi. Scorsese arrivò a raschiare il fondo con una dose di cocaina così pesante che Paul Schrader pensò sarebbe morto prima di scrivere Toro Scatenato. Coppola girava Apocalypse Now come se stesse combattendo la guerra nel delta del Mekong, con Marlon Brando più grasso e pazzo del previsto.

La New Hollywood era un’utopia impiantata in un sistema che non poteva reggerla. La libertà artistica durò lo spazio di un decennio. Poi arrivò il conto: Spielberg e Lucas con i loro blockbuster portarono un ordine nuovo, fatto di incassi sicuri e merchandising. Da Chinatown si passò a E.T., da Il Cacciatore a Indiana Jones. Fine della corsa. Niente più registi-messia. Niente più sceneggiature scritte sotto trip. Niente più produttori che scommettevano milioni su film esistenzialisti con finali deprimenti.

New Hollywood: mito o malinteso collettivo?

Oggi la New Hollywood è santificata nei corsi universitari. Ma la verità è più ruvida: era un’illusione costruita sul caos. Un momento magico e drogato in cui tutto sembrava possibile. Poi arrivò il risveglio. Le major si ripresero il controllo. I ribelli finirono in riabilitazione o in tribunale. Il cinema americano non è mai stato così audace. E mai più lo sarà. Ma attenzione a glorificare troppo quella stagione. Perché sotto la superficie romantica c’era il marcio. Dietro i capolavori, c’erano ego ipertrofici e fallimenti umani. Era Hollywood che si guardava allo specchio e per un attimo vedeva la verità. Poi si è rimessa il trucco.

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Sono la mente insana alla base di Bad Literature Inc. Giornalista pubblicista, Gonzo nell’animo, speaker radiofonico, peccatore professionista, casinista come pochi. Infesto il web con i miei articoli che sono dei punti di vista ( e in quanto tali condivisibili o meno) e ho una particolare predisposizione a dileggiare la normalità. Se volete saperne di più su di me e su Bad Literature Inc. leggete i miei articoli. Ma poi non dite che non siete stati avvertiti.

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