
Anatomia di una fine programmata: dentro Gang Bang di Palahniuk
Ho letto Gang Bang (sì lo so, in inglese il titolo originale è Snuff, ma qui in Italia ci piace chiamare le cose con richiami meramente commerciali) con la stessa espressione di chi osserva un incidente autostradale sapendo di non dover guardare. E invece guardi. Fisso. Occhi sbarrati. Pupille dilatate. Esclamando “qualcuno si deve essere fatto male seriamente”. Un porno a parole, una commedia nera su pellicola sgranata, un’orgia narrativa firmata Chuck Palahniuk che si prende gioco di ogni orizzonte morale. Se pensavi che Fight Club fosse capace di imprimersi nelle tue sinapsi fino a peggiorare drasticamente la qualità del tuo sonno, aspetta di leggere di una gangbang con seicento uomini, una pornostar in procinto di morire e tre narratori frustrati.

Sesso, Morte e Telecamere: benvenuti nell’apocalisse perfetta di Gang Bang
La trama è un incastro di voci nel dietro le quinte di un porno da record. Cassie Wright, attrice leggendaria del cinema hard, decide di concludere la sua carriera (e la sua vita) girando una scena con seicento uomini. Sì, hai letto bene: seicento. Non è una metafora, è un record da Guinness con il lubrificante. Tra un numero e l’altro incontriamo tre personaggi: Mr. 600, un giovanotto in cerca di risposte; Sheila, l’assistente della diva che cerca di mantenere un ordine impossibile e Mr. 72, un attore deluso col fegato marcio e un segreto enorme. Tre narrazioni, tre fallimenti esistenziali, un solo palco lubrificato.

Palahniuk e il porno: non è una provocazione, è una dichiarazione di guerra
Cosa c’è dietro Gang Bang? No, non solo sesso (anche se ce n’è abbastanza da far diventare cieco un server di Pornhub), ma una dissezione chirurgica della nostra fame di spettacolo. Palahniuk usa il porno come specchio sporco della nostra cultura: la spettacolarizzazione della rovina umana, l’identità come prodotto, la morte come evento pay-per-view.

Nel farlo, costruisce un romanzo claustrofobico, tutto ambientato nel backstage di un set pornografico. Lì dentro c’è odore di sudore, di plastica bruciata, di sogni infranti. Il sesso non eccita: è meccanica, ripetizione, abuso emotivo. È un’industria dove il corpo è solo un veicolo di transazione.
Narratori inaffidabili e flashback malati: la folle struttura di Gang Bang
Il libro è costruito come un montaggio di interviste disfunzionali. Palahniuk tira fuori il suo solito arsenale: struttura fratturata, ripetizioni ossessive, frasi da mantra. Tutto torna, tutto è claustrofobico come un set senza uscite di sicurezza. Ogni voce è bugiarda. Nessuno racconta la verità fino in fondo, tutti ruotano attorno a un segreto centrale che viene svelato con la grazia di un colpo di cazzo in faccia. E quando arriva il twist ti senti come dopo una notte di vodka e karaoke: disgustato da te stesso, ma stranamente soddisfatto.

Gang Bang e’ molto più di un romanzo porno
Parliamoci chiaro: se sei finito su questo articolo cercando “Gang Bang Palahniuk recensione” o “libro porno Chuck Palahniuk” su Google, il titolo ti ha fregato. Ma ora sei qui, e scopri che il vero focus del libro non è il sesso, ma il disfacimento. Dell’identità. Della società. Dell’arte. Palahniuk ci dice che tutto è marketing, anche la morte. Che ogni individuo è un contenuto in attesa di essere monetizzato, consumato, dimenticato. C’è della lucidità in questa perversione. Una verità scomoda, come un pensiero cosiddetto impuro su una ragazza dell’oratorio durante la messa la domenica.
Porno come allegoria capitalista? Oh sì, baby
Cassie Wright non è solo un’attrice porno. È il simbolo di una società che chiede alla donna di dare tutto: corpo, immagine, dolore, umiliazione. E quando non ha più nulla da offrire, le chiede di morire in diretta, possibilmente con gli incassi dello streaming attivi. Il sesso in Gang Bang è allegoria, non fantasia. Palahniuk lo usa come mezzo per parlare di lavoro, potere e fallimento familiare. Le scene più forti non sono quelle esplicite ma quelle in cui i personaggi parlano della loro infanzia, della loro vergogna e di quell’atavico bisogno disperato di essere visti, anche solo per trenta secondi.

Conclusione: un orgasmo senza piacere, un capolavoro senza redenzione
Gang Bang è uno di quei libri che leggi con disagio, ma da cui non riesci a staccarti. È osceno, sì. Ma non nel modo in cui immagini. È osceno perché ti mette davanti a te stesso. Ti dice: guarda cosa sei disposto a fare per essere qualcuno. Guarda quanto vali sul mercato. Chuck Palahniuk ci sbatte in faccia la verità con la delicatezza di una sega elettrica. E noi, lettori masochisti, gli chiediamo di più. Ancora di più.
Hank Cignatta
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