
Animal Kingdom, quando il crimine è una questione di famiglia
C’era una volta la California. No, non quella dei sogni, delle onde perfette e degli angeli biondi. La California di Animal Kingdom è un mostro con il sorriso materno, piena di soldi sporchi, tradimenti viscidi e amore malato. Mi sono tuffato in questo pantano come un ubriaco farebbe in una piscina abbandonata a mezzanotte: senza grazia, senza scampo e con la bocca piena di sabbia. Tratta dall’omonimo film australiano del 2010 diretto dal regista David Michôd (che compare anche tra i produttori della serie tv), Animal Kingdom non racconta una storia. Ti trascina dentro a un incubo solare, dove la famiglia Cody governa Oceanside come pirati depressi, con i fucili carichi e la paranoia come stile di vita.

Janine Smurf Cody: La Madonna malata dell’illegalità
Tutto gira attorno a lei. Janine “Smurf” Cody (detta Smurf ovvero puffetta perché da piccola le piaceva nuotare in piscina fino a diventare blu dal freddo) è la matriarca suprema. Sembra la nonna amorevole che ti prepara i biscotti ma capace senza remore di accoltellarti al cuore se osi tradirla. Alla fine della fiera finisci per amarla. Sì, la ami, come si amano le cose malate che non puoi curare.

Smurf non è solo un personaggio: è l’incarnazione stessa di Oceanside. Dolce veleno. Protezione al prezzo della libertà. Senza di lei la famiglia Cody è solo un branco di lupi zoppi che si azzannano tra loro.
Deran Cody: il re riluttante in cerca di redenzione
Se Smurf è il Sole nero attorno al quale ruotano tutti, Deran è la cometa impazzita che sogna di spezzare l’orbita. E’ l’unico che sembra desiderare una vita diversa: un bar tutto suo, un amore vero, una normalità impossibile. Anche quando trova il coraggio di dichiarare a sua madre la sua omosessualità.

Ma Animal Kingdom non perdona i sogni deboli. Ogni sorriso di Deran è un atto di resistenza disperata contro la violenza genetica che scorre nelle sue vene. Le sue battaglie interiori lo trasformano nel personaggio più umano e tragico della serie: un ragazzo costretto a scegliere tra la famiglia e se stesso, sapendo che perderà comunque.
Craig Cody: l’irresistibile autodistruzione di Animal Kingdom
Craig è il fratello che vive ogni momento come se fosse l’ultimo. L’adrenalina è la sua droga, più potente della cocaina che sniffa e delle donne che consuma come drink a bordo piscina.

E’ il tipico eroe tragico californiano: bello, dannato e disperatamente vuoto. Cerca redenzione nel ruolo di padre ma il buco nero dentro di lui è troppo grande, troppo antico. Guardarlo è come osservare un incendio al tramonto: sai che finirà in tragedia, ma non riesci a distogliere lo sguardo.
Joshua “J” Cody: l’apprendista stregone di Animal Kingdom
Quando J entra nel mondo dei Cody, è un cucciolo spaventato che annusa l’aria cercando un senso. Ma la fame di potere è contagiosa e J è un virus in rapida mutazione.

Cresciuto all’ombra di Smurf, J impara in fretta che l’amore è una valuta falsa e che il rispetto si compra con il sangue. Dietro i suoi occhi glaciali si cela un calcolatore spietato, un degno erede del regno malato di famiglia. La sua trasformazione è la parabola più crudele di tutta la serie: da vittima a carnefice senza mai perdere il sorriso da bravo ragazzo.

Andrew “Pope” Cody: il santo e il mostro
Pope è il cuore oscuro di Animal Kingdom. Soprannominato così da Baz per la sua fede cristiana è un gigante fragile, devastato dalla psicosi e da un senso di colpa che lo divora vivo. Pope è un soldato fedele ma anche un bambino mai cresciuto, in cerca di approvazione in un mondo che non concede perdono. E’ interpretato in modo superlativo dall’attore Shawn Hatosy.

Ogni gesto di Pope è intriso di tragedia greca: è Achille e è Edipo, è il boia e la vittima. Quando uccide, piange. Quando ama, soffoca. In Pope il confine tra bene e male è liquido, sfumato, disperato. Ed è proprio questa contraddizione a renderlo il personaggio più devastante e memorabile della serie. Trova nello skateboard la sua valvola di sfogo e di redenzione, da tempo soffocata da Smurf.
Baz Cody, Il Comandante Silenzioso
E poi c’è Baz o meglio, Barry Blackwell. Baz è un mito californiano in carne, ossa e sudore. Mezzo santo, mezzo serpente. È l’uomo che scivola tra le pieghe del crimine con la grazia di un surfista e l’occhio clinico di un broker di Wall Street. Nato fuori dagli schemi e cresciuto dentro un’illusione familiare chiamata Cody, Baz non è un Cody di sangue, ma lo è di cuore e, più importante ancora, di portafogli.

È l’adottato. Il preferito. Il pupillo di Smurf, matriarca freudiana con istinti da squalo bianco. Ma questo non è un dramma greco: è Oceanside, baby. Dove le onde portano via la sabbia, e la sabbia seppellisce i segreti. Ma sotto quel viso scolpito da soap opera e quella parlantina californiana, pulsa un cuore velenoso. Baz tradisce, manipola, inganna. Mentre ti abbraccia, ti svuota il conto in banca. E quando pensi che sia tuo fratello scopri invece che è il tuo boia.
Animal Kingdom: un’allegoria moderna della violenza ereditaria
Animal Kingdom non è solo una serie criminale. È una riflessione brutalmente sincera sull’eredità emotiva: come i peccati dei padri (e delle madri) si insinuano nelle ossa dei figli, condannandoli a ripetere gli stessi errori in un ciclo infinito di autodistruzione. Nel mondo dei Cody, l’amore è solo un’altra arma. E ognuno, alla fine, diventa il mostro che ha cercato di combattere.

In Animal Kingdom non esistono eroi. Solo vittime che hanno imparato a sparare prima di essere abbattute. E mentre l’ultima onda si infrange sulla spiaggia sporca di sangue, capisci che non è mai stato un gioco di soldi o potere. Era solo una questione di sopravvivenza.
Hank Cignatta
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