
Ode alla videocassetta: storie di nastro, polvere e liberta’
Sto scrivendo questo pezzo alle 3:17 del mattino, strafatto di infusi di nostalgia ed insonnia. Davanti a me, sul tavolo, giace una videocassetta VHS con l’etichetta stinta: “Robocop – Non registrare sopra, stronzi!”. Eccola, il sacro totem della nostra giovinezza perduta. Non un oggetto, ma una macchina del tempo analogica, uno scrigno nero di misteri, graffi, muffa magnetica e anarchia visiva. Se sei nato dopo il 2000, smetti di leggere ora. Questo non è per te. Questo è per chi ha riavvolto, per chi ha premuto “Play” con le dita unte di popcorn, per chi ha visto più porno in bassa qualità di quanto la decenza consenta di confessare.

Origini Mitologiche: Il Nastro che Sfidò l’Impero
La videocassetta nasce come un atto di ribellione. Era il 1976 e mentre la gente danzava al ritmo della disco, il mondo si divideva tra Beta e VHS. Lo scontro era feroce, brutale, una guerra fredda magnetica: Sony contro JVC, formato contro durata, qualità contro accessibilità. E come ogni mito che si rispetti a vincere fu il formato più sporco, più popolare nonché quello più adatto a contenere ore e ore di “Rambo III” registrato dalle TV locali con le pubblicità dei panettoni in mezzo. La VHS vinse e con lei nacque un nuovo modo di vivere il cinema: nella comodità del proprio salotto, in pantofole, con il controllo in mano. Altro che Netflix.

L’Era d’Oro: Videonoleggio, Polvere e Pornografia
Gli anni Ottanta e Novanta furono un’orgia di videocassette. Erano ovunque: nelle videoteche male illuminate, nelle camere da letto, negli zaini dei ragazzini in gita scolastica. Era l’era del videonoleggio, il tempio laico del cinema casalingo. Ogni scaffale una promessa, ogni custodia rigida un mistero. C’erano horror dimenticati con titoli assurdi (“Zombie contro i Ninja del Bronx”), commedie adolescenziali con più tette che trama, e naturalmente il porno.

Oh, il porno in videocassetta. Un’intera industria costruita su titoli come “Debbie Does Dallas” e “Le Infermiere dell’Amore”. Era proibito, sporco, difficile da ottenere, ed è proprio questo che lo rendeva sacro. Dovevi conquistarlo, quel nastro. Aspettare che i genitori uscissero. Ricordarti di riavvolgerlo. Sudare freddo quando il tracking sballava tutto proprio nel mezzo dell’azione. Un’epopea sessuale analogica.
Il Potere Sociale della VHS: L’Archivio Popolare del Mondo
La videocassetta non era solo intrattenimento. Era archiviazione democratica. Chiunque poteva registrare tutto: un matrimonio, un documentario sullo yeti, una diretta storica, un telegiornale in cui si parlava di Chernobyl. Ogni nastro era una capsula del tempo personale. Un atto d’amore per il presente, una forma di resistenza al flusso amnesico del mondo.
E poi c’era la pirateria. Benedetta, gloriosa pirateria. Registrare “Il Corvo” da un amico che lo aveva duplicato da un altro amico che lo aveva scaricato via satellite. Una catena umana di illegalità poetica, fatta di rumoracci, immagini traballanti e il logo Mediaset fisso nell’angolo.
La Morte del Nastro: DVD, Streaming e l’Illusione del Futuro
Poi arrivò il progreesso. Il DVD, la perfezione sterile. Poi lo streaming, la comodità assassina. Niente più rewind, niente più custodie rigide da aprire con i denti. Tutto pulito, ordinato, digitale. E così la videocassetta morì, lentamente, sputata dalle bocche arrugginite dei videoregistratori, dimenticata nei mercatini dell’usato. Eppure, qualcosa è andato perduto. Perché oggi, quando premi “Play” su Netflix, non senti niente. Nessun fruscio, nessun rumore di testine, nessuna attesa.
La videocassetta, invece, ti faceva lavorare. Dovevi cercarla, conquistarla, rispettarla. Era un’alleanza, non una transazione.
Il Ritorno dei Morti Magnetici: VHS e Cultura Retro
Come tutte le cose vere, anche la VHS ha cominciato a risorgere dalle ceneri. Collezionisti, artisti, videomaker underground: tutti alla ricerca del nastro, del formato perduto. Festival VHS, bootleg artigianali, cover disegnate a mano. Perché la videocassetta non è nostalgia. È identità. È matericità in un mondo di bit. È l’errore, l’imperfezione, il glitch, che diventano arte.
Chi registra ancora su nastro oggi è un sacerdote dell’analogico, un combattente di retroguardia in un mondo che vuole solo liscio, liquido, perfetto. Noi vogliamo invece il fruscio, il disturbo, il nastro che si incastra e si mangia la scena più importante. Vogliamo la verità magnetica,
Conclusione: Elogio della Lentezza
La videocassetta ci ha insegnato ad aspettare, a sbagliare, a scoprire. Era calda, pesante, viva. Non un semplice oggetto, ma un rituale domestico, un compagno di solitudini adolescenziali, una macchina per ricordare che guardare un film era un’esperienza, non una comodità.
Se oggi vuoi davvero capire cos’è la cultura, la ribellione, la memoria… non cercare su Google. Cerca una vecchia cassetta, polverosa e dimenticata, infila quel dannato nastro nel videoregistratore, e premi “Play”.
E poi siediti. Guarda. Ascolta.
Il suono del tempo che scorre. A venticinque fotogrammi al secondo.
Hank Cignatta
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