Playboy, storia e leggenda dell’erotismo patinato

Playboy, storia e leggenda dell’erotismo patinato

E’ un inizio di settimana qualunque quando mi ritrovo a sistemare alcuni scatoloni nello scantinato della redazione sabauda di Bad Literature Inc. Mentre sono intento a spostare cose ammassate da mesi in un angolo, mi imbatto in un altro scatolone che non avevo mai visto. Ma quello non è uno scatolone ma una vera e propria macchina del tempo: dal suo interno riemergono numeri della rivista Playboy degli anni Ottanta e Novanta ed è come fare un viaggio a ritroso nella storia di una pietra miliare dell’editoria e della libertà di stampa mondiale. Che il viaggio abbia inizio.

L’inizio della leggenda: la nascita di Playboy

Correva l’anno 1953 e Hugh Hefner, un giornalista squattrinato ma ambizioso con il carisma di un predicatore decise di fondare Playboy. Con un prestito di 600 dollari dalla madre e la foto proibita di Marilyn Monroe nuda diede vita alla rivista che avrebbe scosso le fondamenta dell’America finto puritana. Non si trattava solo di una rivista di donne nuda ma era un manifesto culturale, una dichiarazione di guerra alla mediocrità e all’ipocrisia del dopoguerra.

Il primo numero di Playboy

Playboy e la rivoluzione della libertà di stampa

Hefner non si limitò a spogliare le donne: spogliò anche la società americana delle sue paure e dalle sue repressioni. In un’epoca in cui il sesso era un tabù, Playboy divenne il portavoce di un nuovo modo di vivere, di leggere e di pensare. Con interviste a giganti della storia del calibro di Martin Luther King Jr., Malcolm X e Fidel Castro, la rivista riuscì a far convivere l’intellettualismo e l’erotismo, dimostrando che il desiderio e il pensiero critico potevano camminare mano nella mano.

La storica intervista fatta da Playboy a Malcom X, realizzata dal giornalista e scrittore americano Alex Haley

La rivoluzione erotica di Playboy: tra bellezza e trasgressione

Se oggi l’erotismo è ovunque, lo dobbiamo anche a Playboy. Con fotografie patinate, modelle iconiche e un’estetica curata al millimetro, la rivista trasformò la nudità in arte e desiderio. Era un’epoca in cui la censura governava il mondo dell’editoria, e Hefner, con il suo inconfondibile smoking e la pipa sempre accesa, sfidava i moralisti, difendendo il diritto degli uomini (e delle donne) a godere della bellezza del corpo umano senza sensi di colpa.

Hugh Hefner con la sua iconica pipa e lo smoking circondato dalle conigliette di Playboy

Playboy e il giornalismo: oltre la pelle nuda

Ma Playboy non era solo carne e curve. Negli anni, la rivista pubblicò racconti di autori del calibro di Haruki Murakami, Gabriel García Márquez e Margaret Atwood. Anche Hunter Thompson scrisse sulle sue colonne, pubblicando il racconto The Curse Of Lono. Gli articoli di inchiesta sfidavano il potere, le interviste scavavano nell’anima dei personaggi e il giornalismo Gonzo trovò un alleato perfetto in questo tempio del proibito. Gli uomini che dichiaravano di comprarlo per gli articoli non stavano mentendo del tutto.

La pubblicazione del racconto di Hunter Thompson The Curse Of Lono (inedito in Italia) sul numero del Dicembre 1983 di Playboy

Hugh Hefner: il re di Playboy nella sua reggia di conigliette

Non si può parlare di Playboy senza includere nell’equazione Hugh Hefner e il suo valore all’interno della cultura americana e non solo. La sua Playboy Mansion, con le feste leggendarie, le modelle in costume da coniglietta e la piscina a forma di grotta, divenne il simbolo di uno stile di vita decadente e libero. Ma Hefner non era solo un edonista con un harem: fu un rivoluzionario culturale, un uomo che combatté per i diritti civili, per la libertà di espressione e per il piacere senza sensi di colpa.

Il declino e l’eredità di Playboy

Con l’arrivo di Internet e la porno gratuito a portata di click e di app, Playboy perse il suo ruolo portante. La rivista cercò di reinventarsi ma il mondo era cambiato. Hefner, ormai anziano, lasciò il controllo della sua creatura e si spense nel 2017, lasciando un’eredità complessa e affascinante al tempo stesso.

Il numero speciale sulla morte di Hugh Hefner

Ma Playboy non è morto. Il suo impatto culturale vive ancora: nell’editoria, nella moda, nel giornalismo e in ogni angolo della cultura pop. Hugh Hefner non era solo un uomo in vestaglia di seta: era un visionario che insegnò al mondo a non avere paura del desiderio, della libertà e della bellezza. L’eredità di Playboy non è da ricercarsi solo nelle pagine patinate ma nella sfida continua contro i dogmi, nell’audacia di pensare diversamente e nel coraggio di vivere senza rimpianti.

Hank Cignatta

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