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    L’ultimo bluesman elettrico,In memoria di Jeff Beck

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    Si palesa l’ennesima notte insonne della mia esistenza, mentre sono intento a dribblare tra canali televisivi che cercano di dare un senso alla programmazione della seconda serata. In sottofondo la mia cagnona Noël dorme alla grande il sonno dei giusti, arrivando anche a russare con una certa perizia ritmica. Ho deciso: in una prossima ipotetica vita voglio rinascere cane. Pitbull o Bull Terrier, qualora avessi il grandissimo onore di poter scegliere. Mentre il mio dito si muove svogliato da un canale all’altro, mi blocco sul canale delle notizie mentre sullo schermo scorre quella, di notizia, che non avrei voluto leggere. O almeno non in questo periodo, caratterizzato da dinamiche che sfuggono alla mia comprensione. La collega giornalista butta uno sguardo fugace sul foglio che ha davanti e sgancia la bomba.”Il leggendario chitarrista inglese Jeff Beck è morto a 78 anni in seguito ad una meningite batterica dalla quale non ha avuto scampo. La notizia è stata data dal suo staff sul suo profilo Twitter. E ora torniamo alle accise sulla benzina…” . Cazzo. Resto a fissare lo schermo per qualche minuto. Cazzo. Non so esattamente cosa dire. L’annuncio della fine di un pezzo importante della storia del rock e della mia vita è stato dato in appena dieci secondi scarsi. Cazzo. E una buona parte delle persone là fuori in quello sporco e triste mondo neanche sanno chi sia. Cazzo.

    Jeff Beck, leggenda della chitarra

    Jeff Beck era di un altro mondo, di una diversa dimensione dove la musica diventa quel linguaggio universale capace di unire ed emozionare come poche cose al mondo. Quella chitarra elettrica che ha gli ha permesso di ammaliare il mondo e l’umanità era un’estensione della sua persona, capace di farla ruggire in modo cazzuto o di farla sussurrare in modo suadente a seconda della necessità. Se ne va uno degli ultimi eroi del rock, genere musicale che da troppo tempo vive ostaggio di una sterilità creativa e culturale figlia di questi rapidi tempi incerti. Ma che oggi rende omaggio ad uno dei suoi re, che con i suoi assoli ha toccato le corde più recondite del cuore, riuscendo ad innovare e ad essere fonte di ispirazione per generazioni di musicisti. Senza Jeff Beck non ci sarebbero stati David Gilmour, Eric Clapton, Jimmy Page (con il quale suonò negli Yardbirds quando Beck sostituì Clapton), Brian May, Joe Perry, Slash, John Frusciante e molti altri. Senza quel ragazzo che ebbe modo di sentire Jimi Hendrix fino al punto di pensare che i suoi giorni da chitarrista fossero finiti, il rock non sarebbe stato lo stesso. Il suo ultimo lavoro, dopo una carriera leggendaria passata a suonare con i più grandi, si intitola 18 ed è un album di cover pubblicato l’anno scorso ed inciso con Johnny Depp. E ora, sebbene rimanga la sua musica come eredità, non sarà davvero più la stessa cosa. Ma in fondo, le vere leggende non muoiono mai.

    Hank Cignatta

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    Sono la mente insana alla base di Bad Literature Inc. Giornalista pubblicista, Gonzo nell’animo, speaker radiofonico, peccatore professionista, casinista come pochi. Infesto il web con i miei articoli che sono dei punti di vista ( e in quanto tali condivisibili o meno) e ho una particolare predisposizione a dileggiare la normalità. Se volete saperne di più su di me e su Bad Literature Inc. leggete i miei articoli. Ma poi non dite che non siete stati avvertiti.

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