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    I Vulfpeck, un terremoto sonoro di puro funk!

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    Non avete idea del mio stupore quando per la prima volta ho avuto modo di sentire la musica dei Vulfpeck. Come quasi ogni notte della mia esistenza ero alla ricerca di qualcosa che potesse cercare di mettermi in una dimensione di vaga tranquillità per poter affrontare con relativa cazzimma il giorno seguente. In questi casi Youtube è davvero una delle migliori invenzioni passate per l’anticamera del cervello dell’umanità, in grado di portare a galla certe perle che valgono davvero la pena di essere scoperte. E mentre mi stavo perdendo tra le note di Birdland dei Weather Report eccolo lì l’algoritmo, che senza rompere troppo i coglioni si fa avanti.

    Prende la palla al balzo e mi propone un brano di un gruppo con questo nome strano, particolare. Lo leggo e gergo di capire come possa suonare. Vulfpeck. Decido di fidarmi, in quando quello stesso algoritmo che spesse volte impone il ritmo delle vite altrui con me ha da sempre compreso che deve palesarsi in punta di piedi e senza troppi fronzoli. Metto play sul brano It’s Get Funkier IV ed è stato orgasmo sonoro fin dalle prime note.

    Mentre cerco di riprendermi da quel turbinio di funky che mi ha letteralmente travolto in una fredda ed anonima notte di metà dicembre, proseguo nell’ascolto di quella che, sono conscio, sarà la mia futura ossessione musicale per almeno tre settimane buone. Ogni brano è un viaggio in quelle sonorità funky anni Settanta- Ottanta che suonano in modo perfetto, troppo perfetto e senza nessun tipo di sbavatura. Sembra che qualcuno abbia preso i Weather Report, gli Earth, Wind & Fire, Stewie Wonder e alcuni dei più importanti artisti R’n’B e funky, gli abbia ficcati dentro un grande frullatore per un minuto buono e che abbia creato qualcosa di assolutamente mostruoso dal punto di vista musicale. Sono in estasi totale ed ho totalmente perso la percezione della realtà che mi circonda. Le note dei Vulfpeck mi hanno smolecolato verso una nuova dimensione. E ora devo saperne di più. I Vulfpeck nascono nel 2011 su impulso di Jack Stratton, batterista e tastierista, che fin da bambino nutre una grande passione per la musica fino ad avvicinarsi e ad approfondire lo studio delle percussioni e di altri strumenti musicali. Alle superiori guida una band chiamata Groove Spoon, finché nel 2011 non ha modo di incontrare presso la scuola di musica dell’Università del Michighan il chitarrista Theo Katzman, il tastierista Woody Goss e il bassista Joe Dart. Si riuniscono per la prima volta tutti insieme nel corso di una sessione di registrazione presso il Duderstadt Center, una struttura universitaria polifunzionale. Da quel momento la chimica tra il quartetto è immediata e decidono così di dare vita a questo progetto musicale, al quale però manca ancora un nome. Stratton, dopo aver letto su una rivista un’intervista all’ingegnere e produttore discografico tedesco Reinhold Mack (Queen, Electric Light Orchestra e Spark, per citare alcuni degli artisti con i quali ha lavorato) decide di trovare un nome teutonico che nel suono ricordi ad un super collettivo di musicisti del calibro di Funk Brothers, Wrecking Crew e la Muscle Shoals Rythm Session. Nello stesso anno pubblicano su Youtube Beastly, che fin da subito viene notata per l’ignoranza della linea di basso di Joe Dart.

    Nel corso degli anni il gruppo si fa conoscere per quel funk concentrato e il suono pulito, capace di traslare in tempi moderni quel suono tipicamente anni Settanta e Ottanta. Nel 2014 la band giunge alla ribalta per la pubblicazione su Spotify di Sleepify, album muto composto da dieci tracce completamente senza audio della durata di trenta secondi ciascuna. I Vulfpeck sui loro canali social hanno incoraggiato i propri fans a mettere in riproduzione l’album mentre dormivano, per aiutare la stimolazione del sonno e per focalizzare l’attenzione sul concetto di pagamento dei diritti d’autore da parte di Spotify. Nel marzo 2015 infatti Stratton ha proposto un metodo di pagamento più equo delle royalties, in cui il pagamento di ogni artista si basa esclusivamente sugli artisti di quel determinato cantante o band piuttosto che su ogni ascoltatore che utilizza il servizio. Dal canto suo Spotify, sebbene abbia ritenuto geniale l’iniziativa, ha rimosso l’album dopo aver generato 19.655 dollari di guadagni di royalties con la quale la band ha finanziato l’evento ad ingresso gratuito Sleepify Tour.

    In buona sostanza i Vulfpeck sono un gruppo di grandissimi artisti che si divertono molto nel fare ciò che fanno, traslando il funk in una chiave decisamente moderna che funziona e che sembra realmente figlia di uno squarcio spazio-temporale tra gli anni Settanta e Ottanta. Non si può restare fermi quando li si ascolta se si è sensibili a determinate sonorità e a non rimanere stregati dalla loro impeccabile bravura. E l’occasione perfetta per conoscerli al meglio è ascoltare in loop il brano Sauna, che anticipa la prossima pubblicazione dell’album Schvitz. Lasciatevi travolgere al terremoto sonoro dei Vulfpeck, ne vale assolutamente la pena.

    Hank Cignatta

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    Sono la mente insana alla base di Bad Literature Inc. Giornalista pubblicista, Gonzo nell’animo, speaker radiofonico, peccatore professionista, casinista come pochi. Infesto il web con i miei articoli che sono dei punti di vista ( e in quanto tali condivisibili o meno) e ho una particolare predisposizione a dileggiare la normalità. Se volete saperne di più su di me e su Bad Literature Inc. leggete i miei articoli. Ma poi non dite che non siete stati avvertiti.

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