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    I Vinili Di Un Gonzo: Sunburst, classe pura espressa in musica

    Finalmente ci siamo. Ultimo giorno di una settimana di lavoro fuori Nevrotic Town per un evento che ho seguito per la radio. Non faccio in tempo a mettere la chiave nella toppa della porta del mio appartamento che Noël mi investe con un turbinio di amore canino e coccole. Poso la mia roba, le do da mangiare, prendo il suo guinzaglio e mi perdo in una rilassante passeggiata fino all’area cani vicino casa mia, mentre la mia cagnona gioca insieme ad altri amichetti già presenti nell’area attrezzata. Dopo due ore di sfrenate corse ai mille all’ora l’atomica energia di Noël inizia a mostrare segni di cedimento, così torniamo in direzione casa. Una volta tornati e dopo una doccia ristoratrice, mi metto alla ricerca di un vinile da far girare sul mio giradischi per cercare di completare il mio personale processo di riallineamento con gli elementi.

    L’ipnotico ma taumaturgico potere del giradischi

    Tra i diversi vinili che ho avuto modo di ereditare da mio zio Louis e alcuni che sono riuscito a trovare in qualche bancarella dell’usato uno in particolare ha attirato la mia attenzione fin da quando vidi la sua copertina. Era messo in un angolo in uno scatolone, sopra il banchetto di un mercatino dell’usato di Nevrotic Town (o Torino, se vi piacciono i gianduiotti) nella sezione jazz fusion. Mi ha attirato una grafica rettangolare con colori rossi e neri su sfondo bianco scritta in giapponese: sulla copertina la foto dell’isola di Manhattan (dalla quale sono riconoscibili sulla sinistra le Torri Gemelle, il disco è del 1980) baciata dai raggi del sole che si stagliano da un cielo plumbeo. Il nome della band, Surnburst, compare come una vera e propria firma in rossa in alto sulla destra del vinile. Sempre sulla copertina, appena sotto il logo della band, un bollino tondo giallo reca la scritta Best ’81, indicando quelle che sarebbero state le uscite più promettenti della casa discografica nipponica Victor insieme ad un possibile concorso legato alla Kodak. Dettagli certo, ma sono cose che attirano l’attenzione quando sei piccolo.

    La copertina dell’omonimo album dei Surnburst del 1980. Foto in alta qualità della copertina di Discogs

    I Sunburst sono (o sono stati, le informazioni sono davvero molto poche al riguardo) un super gruppo giapponese di jazz fusion capitanati dal batterista Keiji Kishida. Si sono uniti a lui in questo progetto musicale il chitarrista e compositore jazz rock Kazumi Watanabe, il tastierista e cantante Kazushi Makiguchi, il pianista jazz Makoto Trashita, il sassofonista alto soprano Toshiyuki Honda, il chitarrista Yuji Karaki e il bassista Yukio Kodaira.

    I Sunburst al completo

    Va da se che questo album altro non è che una seduta terapeutica in studio fatta tra alcuni dei migliori musicisti giapponesi del panorama jazz fusion e il risultato non poteva essere che qualcosa di epico. Il disco presenta musicalmente diverse anime che però sono tutte legate insieme da una sorta di filo rosso che rende l’esperienza di ascolto qualcosa di unico. Si parte con la traccia Sunburst (ma guarda un po’), brano allegro che sembra quasi svegliare dolcemente l’ascoltatore con i caldi raggi di un leggerissimo Bossa Nova che trova negli assoli di sassfono di Toshiyuki Honda e quelli di chitarra di Yuji Karaki (che strizzano palesemente l’occhio a quelli di Carlos Santana e a quelli del connazionale Masayoshi Takanaka) la loro esplosiva carica musicale. Cool K è un funk bastardo ed ignorante, dove il groove si impossessa di chi lo ascolta senza possibilità di appello alcuna. Gentle Talk rende più che giustizia al suo titolo, accarezzando l’udito con una ballata lenta che sa molto di Muzak. Misterious Vibes prepara la rampa di lancio della coda del disco mentre il seducente suono del sassofono di Honda di Don’t Say Goodnight è la perfetta colonna sonora per avere un buon pretesto per rimanere svegli in buona compagnia fino al giorno seguente. Un disco che gira bene sotto ogni punto di vista e che fa dei giapponesi, qualora ci fosse ancora bisogno di ribadirlo, i maestri di quel sound funk jazz fusion in salsa Teriyaki. Questo è l’immortale potere taumaturgico della musica.

    Hank Cignatta

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