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    Jackass, la banda dei coglionazzi senza tempo

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    Correvano gli anni 2000 quando Mtv, il canale musicale e giovanile per eccellenza, trasmise per la prima volta la puntata pilota di uno degli show che avrebbero cambiato per sempre la storia della televisione e della generazione che crebbe guardandolo. Il suo nome era Jackass: generalmente tradotto come “asino” o “stupido”, in quanto caso assume tranquillamente il significato di “coglione” per una ragione ben precisa. Ma partiamo per gradi.

    L’intro di ogni puntata di Jackass

    Erano tempi in cui non si aveva ancora timore di sperimentare e si era più liberi di ridere di chiunque e di qualsiasi cosa (ovviamente nei giusti limiti). E lo si faceva divertendosi. Questo molto prima che la nostra società, dalle sofisticate velleità di emancipazione sociale su qualsivoglia fronte, si laureasse in indignitologia applicata da appiccicare a comando a qualsiasi situazione. Il format dello show nacque dalla rivista di skateboard Big Brother, una pubblicazione fuori di testa che oltre a parlare della cultura e subcultura del mondo dello skateboard proponeva rubriche dove veniva trattato di tutto. Davvero di tutto.

    E senza nessun tipo di tabù misto ad una massiccia dose di black humor: da come togliersi la vita passo per passo fino a come creare un falso documento d’identità (in America utilizzato per lo più dai minorenni per cercare di comprare da bere) passando a vignette raffiguranti scene di sesso esplicito e dettagliato. Un fantastico viaggio editoriale all’interno della pazzia in tempi in cui ce lo si poteva ancora permettere. Immaginatevi le dimensioni del polverone che creerebbe una pubblicazione simile oggigiorno. E se proprio volete farvi del male, immaginatevi se una cosa del genere fosse stata pubblicata in Italia: ergastolo per l’editore, il direttore responsabile, interminabili interrogazioni parlamentari, la morbosa curiosità della D’Urso in cerca di audience per mantenere in vita il suo carrozzone mediatico, pronta a basare la prossima stagione delle sue trasmissioni televisive sull’argomento e tante altre italiche disgrazie.

    La bandiera americana che sventola con il logo dello show, uno dei marchi di fabbrica di Jackass

    Altra caratteristica della rivista erano le continue trovate che quei buontemponi degli editori escogitavano di volta in volta per far uscire il nuovo numero del magazine: talvolta distribuito in diversi formati, talvolta distribuito all’interno di confezioni di cereali o sotto forma di figurine o videocassette. All’epoca per questa rivista lavorava anche Jeff Tremaine (futuro produttore di Jackass insieme al regista Spike Jonze) che ricevette un demo video di un (allora) sconosciuto Johnny Knoxville che, per un articolo, provava su sé stesso articoli di autodifesa vari quali spray al peperoncino, taser e pistole elettriche. Ciò interessò particolarmente Tremaine, il quale esortò Knoxville a registrare altri stunt. Ed è così che nacque l’idea di Jackass che venne adattata per la tv e venduta a quella cosina ideata dal “potente” per corrompere il rock chiamata Mtv fino a diventare uno degli show più iconici del network musicale. Insieme a Knoxville apparvero fin dai primi episodi dello show gli skater professionisti Jason “Wee Man” Acuna , Bam Margera e Dave England , Steve O, Chris Pontius, Ryan Dunn, Preston Lacy e Brandon DiCamillo. Ben presto questa masnada di novelli giullari del tubo catodico ottennero un successo inaspettato in patria, arrivando anche in Italia nel 2001. E fu amore fin dal primo stupido e doloroso stunt.

    Ogni parte delle puntate di Jackass era qualcosa di nuovo che non aveva precedenti nella storia della televisione. Dalla sigla caratterizzata dall’iconico brano Corona dei Minuteman fino alla frase di benvenuto che Johnny Knoxville gridava ad ogni inizio di puntata: Hello I’m Johnny Knoxville, welcome to Jackass! Quello era il segnale che dava il via libera al delirio, dove ci si aspettava che da un momento all’altro si sarebbe assistito ad una cazzata che ti avrebbe fatto piegare in due dal ridere o venire la pelle d’oca per lo schifo.

    Come la cosiddetta Vomelette preparata da Dave England, intento a spiegare passo passo la ricetta di un omelette mangiandone prima gli ingredienti, per poi vomitarli in una padella, cucinare il tutto e offrirlo al resto del cast dello show. O l’irriverente sketch con protagonista Chris Pontius vestito da diavolo, intento a saltellare a destra e manca con un cartello recante la scritta Tieni lontano dio dalla California che scatena una rissa con un passante decisamente infastidito che lo insulta e gli rompe il cartello. Geniale la risposta di Pontius che, agli insulti del passante, risponde dicendo “questo non è cristiano!”.

    Ironia della sorte, a porre fine a questo fortunato show che ha generato ben tre film e un videogioco non sono stati la totale noncuranza della propria incolumità le proteste delle varie associazioni per la famiglia o le pressioni fatte ad Mtv dall’allora senatore del Connecticut Joe Lieberman per ridurre e addirittura cancellare il programma. E’ stato un destino beffardo che ha deciso di portarsi via Ryan Dunn, uno dei protagonisti degli stunt più pazzi (insieme a Steve O, uno dei più estremi e con la soglia del dolore più alta di tutta la crew) in seguito ad un incidente d’auto nel 2011. Da qui lo spirito da eterni adolescenti che ha da sempre contraddistinto i membri del cast di Jackass si è bruscamente spento, spazzando via ogni possibilità di ritorno dello show. Ma niente che riguarda questi eterni coglionazzi è stato, è o sarà normale. Perché come cantava Roger Alan Wade, If You Wanna Be Dumb You Gotta Be Tough. Perché questo è stato Jackass: un vero e proprio calcio sferrato con rabbiosa violenza dritto nelle palle del buonsenso e del perbenismo. E non c’è stata cosa più geniale di questa.

    Hank Cignatta

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    Sono la mente insana alla base di Bad Literature Inc. Giornalista pubblicista, Gonzo nell’animo, speaker radiofonico, peccatore professionista, casinista come pochi. Infesto il web con i miei articoli che sono dei punti di vista ( e in quanto tali condivisibili o meno) e ho una particolare predisposizione a dileggiare la normalità. Se volete saperne di più su di me e su Bad Literature Inc. leggete i miei articoli. Ma poi non dite che non siete stati avvertiti.

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