Il Rompiscatole, anatomia di un film cult sottovalutato

Il Rompiscatole, anatomia di un film cult sottovalutato

Fuori ha smesso di piovere da poco e le temperature sono decisamente in picchiata. Mi godo una delicata brezza che va a spezzare quel muro di calore ed umidità che fino a qualche giorno prima la faceva da padrone. Mi metto a cercare un film che possa intrattenermi in questa serata mentre la mia Noël mi si butta addosso in cerca di coccole. Il mio telecomando cerca, scava in cerca di un titolo finché non si ferma su Il Rompiscatole, pellicola del 1996 diretta da Ben Stiller con Matthew Broderick e un Jim Carrey in stato di grazia. Premo play e il cinema fa il resto.

Il Rompiscatole, Una commedia che fa riflettere

Il Rompiscatole (The Cable Guy in originale) è quel film che ti promette una risata e che invece ti lascia un brivido lungo la schiena. Jim Carrey, reduce dall’orgia slapstick di Ace Ventura e Scemo & più scemo, decide di girare la vite, strozzare il pubblico e mostrargli che il clown può anche essere un mostro. E non un mostro qualunque: uno che bussa alla tua porta con un sorriso da dentifricio e ti installa la parabola, mentre lentamente ti ruba l’anima.

La locandina italiana del film dell’edizione home video in DVD

Jim Carrey trasformato in stalker per Il Rompiscatole

Qui Carrey interpreta Chip, un tecnico della TV via cavo che si infila nella vita di Steven (Matthew Broderick) con la stessa insistenza di una bolletta scaduta. Non è il solito Jim che fa le smorfie: è un animale sociale malato, un orfano cresciuto davanti allo schermo. Una sorta di emarginato che ha avuto la televisione come unico genitore, unico Dio e unica scuola di vita. Ogni gesto, ogni frase è un riferimento pop, un tormentone imparato da sitcom e talk show. Carrey lo interpreta con il suo inconfondibile stile, certo, ma gli occhi raccontano un dolore infantile che si è mutato in ossessione.

Jim Carrey nel ruolo di Chip

Il bello è che non sai mai se ridere o tremare. Una risata che ti si strozza in gola, come se stessi guardando un clown con un coltello in mano pronto ad attaccare la sua prossima vittima.

Ben Stiller e la regia che anticipa il disagio degli anni Novanta

Alla regia c’è Ben Stiller, in uno dei suoi lavori più sottovalutati. Non siamo di fronte alla commediola da multisala ma dinnanzi ad una dark comedy (come scrivono quelli bravi, cioè non io) che anticipa la paranoia della società cablata: la televisione come placenta malata, l’amicizia come merce avariata.

Ben Stiller alla regia

Ogni inquadratura è sporca, disturbante, piena di tensione. Non a caso il film divise pubblico e critica: chi voleva un altro Ace Ventura uscì dal cinema bestemmiando, chi invece colse la vena nera si ritrovò davanti a un piccolo cult che negli anni ne aumentò ancora di più tale status.

Matthew Broderick (sinistra) e Jim Carrey in una scena del film

Una feroce satira sulla dipendenza da TV

Il cuore del film è la televisione. Non intesa come intrattenimento ma come arma di controllo, surrogato di affetti, reality primordiale che plasma gli individui. Chip non è solo un personaggio folle: è la materializzazione dell’America ipnotizzata dai canali, la dipendenza trasformata in carne e sangue. Oggi lo vediamo e ci sembra quasi profetico: come Chip, viviamo attaccati ad uno schermo che ci fa da genitore, amico, amante e stalker. Che sia quello catodico o del cellulare.

Il duello finale: Shakespeare in salsa catodica

Il climax arriva con il celebre duello tra Chip e Steven al parco giochi medievale. Una scena che oscilla tra l’assurdo e l’epico: Carrey che recita Amleto in armatura, mentre combatte con un’amicizia mai nata. È una metafora perfetta: la tragedia classica reinterpretata dal buffone di plastica, la cultura alta sporcata dal kitsch televisivo. Alla fine, Chip precipita da un’antenna gigante e con lui anche un intero mondo fatto di illusioni.

Perché Il Rompiscatole è un cult

Oggi, a quasi trent’anni dall’uscita, Il Rompiscatole non è solo una commedia nera, ma un documento culturale. È il film che ha permesso a Jim Carrey di dimostrare che poteva essere molto di più di una maschera di gomma, aprendo la strada a ruoli drammatici come The Truman Show , Se mi lasci ti cancello, Man On The Moon, Number 23 e la strepitosa serie tv Kidding. È anche la radiografia di un’America che si stava vendendo l’anima al piccolo schermo, molto prima che lo streaming e i social rendessero la dipendenza ancora più perversa.

Gonzo confessione finale

E io, mentre scrivo di questo film, mi accorgo che ho lo stesso problema di Chip: una dipendenza da storie, immagini, schermi che non so spegnere. Il Rompiscatole non è solo una commedia nera: è una diagnosi. Jim Carrey non è lì per farci ridere ma per farci guardare nello specchio e scoprire che, forse, siamo tutti stalker di qualcuno. O vittime. O entrambe le cose.

Hank Cignatta

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