
Yakuza 0: il Giappone della Yakuza anni Ottanta
Tokyo, 1988. Il neon ti ustiona le pupille e l’aria è impregnata di Marlboro rosse, truffe da due yen e sogni infranti impastati di birra giapponese a buon mercato. Yakuza 0 non è solo un videogioco. È una macchina del tempo lubrificata a whisky Suntory, una confessione criminale travestita da action game, un viaggio gonzo tra i bassifondi della morale e i grattacieli dell’avidità. Il gioco, sviluppato da SEGA, è il prequel di tutta la saga di Yakuza (Ryū ga Gotoku), ed è ambientato tra le strade fittizie ma visceralmente autentiche di Kamurochō (Tokyo) e Sotenbori (Osaka), specchi virtuali dei reali quartieri di Kabukichō e Dōtonbori. Se cerchi l’estetica dell’eccesso, l’odore del denaro sporco e il cuore segreto del Giappone anni Ottanta, questo è il tuo biglietto.
Kiryu Kazuma: il killer riluttante
Tu sei Kazuma Kiryu, un giovane membro della famiglia Dojima, parte dell’organizzazione criminale Tojo. Hai vent’anni, una mascellone volitivo e più principi morali di quanto ti puoi permettere in questo sporco mondo. La storia comincia quando un semplice “incarico di recupero crediti” si trasforma in un intrigo che coinvolge il leggendario “lotto vuoto”, un pezzo di terra di pochi metri quadri che vale miliardi e può cambiare per sempre gli equilibri della Yakuza giapponese.

Kiryu è lo strumento e la vittima della corruzione sistemica. Non è solo un picchiatore: è un samurai decaduto in un’epoca sbagliata, un monaco con le nocche insanguinate. La sua ingenuità iniziale è un miraggio. Ti ci affezioni proprio perché sai che la Tokyo che lo aspetta è una macchina tritatutto.
Majima Goro, il clown assassino
Nel frattempo, a Osaka, c’è Goro Majima. Elegante come un cafone uscito da una pubblicità di sigarette e squilibrato come un predicatore sotto acido. Lui è il gestore del Grand Cabaret, il nightclub più redditizio della città: ma il suo passato è una spirale di torture, tradimenti e punizioni che manco Dostoevskij potrebbe vantare.

Majima è il secondo protagonista giocabile. La sua parabola non è una discesa, ma un’ascesa folle nel buio. Ogni sorriso che lancia è una minaccia. Ogni passo di danza è una bomba psicologica. Con lui, l’Osaka di Yakuza 0 diventa un carnevale di eccessi: luci al neon, hostess che vendono sogni e criminali in giacca Armani pronti a spaccarti i denti con una mazza da baseball.
Gameplay: una sinfonia di pugni e karaoke
Yakuza 0 è un cocktail esplosivo di picchiaduro 3D, simulatore di vita notturna, soap opera criminale e minigioco arcade. Cammini per Kamurochō, vieni fermato da tre idioti che vogliono derubarti e in cinque secondi ti ritrovi in una rissa dove puoi usare panchine, biciclette, microonde e dildo giganti come armi da combattimento. Ogni personaggio ha stili di lotta multipli, che puoi cambiare in tempo reale: lo Stile Bestia di Kiryu è puro wrestling urbano, mentre Majima può passare dallo stile Sceriffo pazzo a quello del breakdancer impazzito, calciando in faccia la gente mentre gira su se stesso come una trottola impazzita.
Ma Yakuza 0 è anche Karaoke, bowling, gestione di locali notturni, incontri al buio, corse di macchinine, giochi da bar e arcade SEGA. E ogni attività è costruita con la stessa ossessione per il dettaglio. Puoi affittare videocassette softcore anni Ottanta, pagare da bere a un senza tetto e convincerlo a diventare il tuo manager o semplicemente guardare una hostess mentre ti legge nel cuore con lo sguardo di chi ha già seppellito troppi clienti.
Il Giappone degli anni Ottanta: capitalismo sfrenato e crimine luccicante
Yakuza 0 è ambientato nel 1988, nel bel mezzo della cosiddetta “bolla speculativa giapponese”: un’epoca in cui i soldi piovevano dal cielo, le valigette erano piene di contanti e gli imprenditori sniffavano successo come fosse cocaina colombiana. La città brilla di opportunità, ma sotto la patina dorata c’è la solita fogna di sempre: estorsioni, giochi di potere, famiglie mafiose e vendette personali.
Ogni palazzo che Kiryu cerca di salvare, ogni hostess che Majima cerca di proteggere, sono solo pedine in una partita più grande di loro. Il gioco ti sbatte in faccia l’ipocrisia del potere con il sorriso di un funzionario che ti offre un prestito per poi fotterti l’anima. Non c’è romanticismo, ma c’è onore distorto, lealtà cannibale e violenza poetica.

Narrativa: un noir mafioso travestito da romanzo d’appendice
La forza di Yakuza 0 non è solo la sua giocabilità, ma la narrazione densa, teatrale, quasi barocca. Ogni personaggio secondario è scritto con un amore per l’assurdo e il tragico che ricorda la letteratura pulp e il melodramma. C’è chi tradisce per onore, chi muore per amore e chi uccide per noia. E tu, nel mezzo, a premere il tasto del tuo controller mentre uno Yakuza ti racconta di come ha perso la mano per salvare un cane randagio. La regia è cinematografica, con lunghe cutscene degne di un film di Miike Takashi e dialoghi che oscillano tra l’introspezione filosofica e il delirio comico. È tutto troppo: ed è proprio per questo che funziona.
Conclusione: un capolavoro che non ti chiede permesso
Yakuza 0 è un pugno nello stomaco e una carezza sulle guance nella stessa azione. È una macchina che grida: “questo è il Giappone che non trovi nelle guide turistiche”. Non ti chiede di essere un gamer hardcore, non ti impone un ritmo: ti seduce. Ti porta in un’epoca morta e te la fa vivere come se non ne potessi più uscire. Ti fa ridere, ti fa incazzare, ti fa piangere. In un’industria sempre più omologata, Yakuza 0 è una bestemmia necessaria.
Hank Cignatta
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