Vice City: un caos mortale tra sesso, crimine e sinstetizzatori

Vice City: un caos mortale tra sesso, crimine e sinstetizzatori

La prima volta che misi piede a Vice City il sole mi accecò gli occhi e Billie Jean di Michael Jackson mi martellò le orecchie come un colpo di pistola. Un attimo dopo un tizio in camicia hawaiana mi rifilò una mazzata di nostalgia anni Ottanta e prima ancora di realizzare cosa stesse succedendo mi trovai coinvolto in una guerra tra bande, guidando una cabriolet mentre un elicottero della polizia mi inseguiva con più insistenza di un creditore dell’FBI.

Benvenuti a GTA: Vice City, il capolavoro di Rockstar Games che nel 2002 ha catapultato milioni di giocatori in un universo digitale ispirato alla Miami di Scarface e di Miami Vice. Ma chiamarlo solo videogioco è riduttivo. Questa è un’esperienza allucinatoria, un trip al neon che trasforma il giocatore in un antieroe con pochi scrupoli e un guardaroba degno di Don Johnson.

Tommy Vercetti, il gangster con la camicia hawaiana

Ogni grande epopea criminale ha bisogno di un protagonista all’altezza e Tommy Vercetti era l’uomo giusto per questo lavoro. Non il solito fantoccio senza voce ma un bastardo carismatico, pronto a conquistare Vice City con proiettili e battute al vetriolo. Un’ombra di Tony Montana, con la voce di Ray Liotta e l’ambizione di un dio greco caduto sulla terra.

Tommy Vercetti, il protagonista di Gta Vice City

GTA III ha dato ai videogiocatori la libertà ma Vice City ha importato lo stile. Non si trattava solo di rubare macchine e scappare dalla polizia. Si trattava di costruire un impero. Dal piccolo spacciatore alla leggenda del crimine, Vice City ti lasciava gestire il tuo business come un vero boss: compravi night club, officine clandestine e persino studi cinematografici hard. Il tutto, ovviamente, condito da piombo e tradimenti.

Vice City: Una Colonna Sonora da Brividi e un’Arte Senza Tempo

Nessun gioco aveva mai avuto una colonna sonora come quella di Vice City. Se il gioco è il corpo, la musica ne è l’anima. Si può passare da Africa dei Toto a Sunglasses at Night di Corey Hart, scivolando in autostrada con il vento che accarezza i capelli virtuali. Ogni radio è un portale in un’epoca gloriosa, un omaggio sfacciato alla Miami dei gangster e dei soldi facili.

E poi c’è l’estetica. Vice City è un sogno bagnato in Technicolor, un miscuglio di lusso e degrado urbano dove le spiagge dorate convivevano con i bassifondi pericolosi. Tutto è studiato per far trasudare anni Ottanta da ogni pixel. Rockstar non aveva solo creato un mondo: aveva reso immortale un decennio.

Gta Vice City e La Libertà di Essere un Criminale (per finta) Senza Rimorsi

Ma quello che rende Vice City un capolavoro assoluto è la libertà. Non sei obbligato a seguire la trama: potevi passare ore a seminare il caos, a sfidare la polizia fino all’ultimo respiro o a fare stunt con la tua moto su una rampa improvvisata. Vice City non ti giudica, non ti impone regole morali. E’ una giungla digitale di asfalto e palme e tu ne sei il re predatore. Sparare a caso dalla terrazza di un hotel? Fatto. Rubare un carro armato dall’esercito? Fatto anche quello. Tentare di far atterrare un elicottero su una limousine in corsa? Una passeggiata.

Perché GTA: Vice City È Ancora un Cult

Oggi, più di vent’anni dopo, GTA: Vice City è ancora sulla bocca di tutti. Non è solo nostalgia ma il riconoscimento per un titolo che ha definito un’epoca. Rockstar ha preso il concetto di open world e l’ha trasformato in un teatro di follia e libertà, creando una città che sembra respirare con il giocatore.

Se non ci hai mai giocato, hai un debito con la storia. Se ci hai giocato, sai benissimo di cosa sto parlando. In ogni caso, accendi la tua vecchia PlayStation, metti su Flash FM e lasciati trasportare. Perché Vice City non è solo un gioco. È uno stato mentale.

Hank Cignatta

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