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    Gli 883, ovvero un viaggio in un’Italia che ascoltava il Walkman e viaggiava in scooter

    Quando gli 883 erano all’apice del loro successo ero molto piccolo e mi ricordo come in un sogno ancora la prima volta in cui ho avuto modo di sentire, in modo indiretto, una loro canzone. Mi trovavo in un ristorante, per l’esattezza ad un pranzo di nozze e ho questa immagine ben stampata nella mia memoria: dopo qualche luculliana portata e qualche bicchiere abbondante c’era il momento karaoke. L’omonimo programma di Fiorello stava spopolando, riuscendo a portare questa forma di intrattenimento in auge anche in Italia. Nel ristorante tra il volto divertito di qualche amico e lo sguardo per niente convinto di mia madre mio padre finisce per avere il microfono e si lancia nell’esecuzione di Come Mai degli 883, in quel periodo singolo rimasto per molte settimane nelle classifiche di vendita e tra i singoli più suonati nelle radio. Aiutato da qualche altro invitato e particolarmente ispirato, mio padre giunge alla fine della sua improvvisata esibizione, strappando anche qualche divertito applauso. E ogni volta che sento quella canzone la mia mente vola a quel simpatico ricordo.

    Tornando indietro, alle porte degli anni Novanta, c’era uno strano odore nell’aria. Era una mescolanza di Marlboro, benzina Super e zucchero filato. Un cocktail inebriante di adolescenza compressa, ballata tra le discoteche provinciali e le notti estive di un’Italia che era ancora in grado di sognare. Era il Paese delle sale giochi, dei motorini truccati, delle stazioni di servizio illuminate nel buio e dei jukebox che sparavano musica pop a tutto volume. E nel bel mezzo di tutto ciò nascevano gli 883. Per molti sono stati il ​​suono di quegli anni: la colonna sonora di una nazione divisa tra l’amore per l’America dei film e la stretta vita di provincia. Nascono da un’amicizia, quella di Max Pezzali e Mauro Repetto, che si conoscono a scuola essendo compagni di banco instaurando una buona amicizia. l loro viaggio musicale iniziò come tanti altri: una cassetta demo, un po’ di speranza e quella sana dose di incoscienza che ti fa credere di poter conquistare il mondo. Nel 1991 quella cassetta finì nelle mani del produttore Claudio Cecchetto, nome leggendario della musica italiana, aveva un occhio e un orecchio infallibili per gli artisti fuori dagli schemi. Bastò un ascolto e il resto è storia.

    Foto di repertorio. Da sinistra: Fiorello con il codino ai tempi del Karaoke, Max Pezzali, Claudio Cecchetto e Mauro Repetto


    Hanno ucciso l’Uomo Ragno fu l’album d’esordio degli 883 che uscì nel 1992. Il disco fu una bomba: nessuno aveva mai sentito parlare di un pop italiano così sfacciatamente sincero ed impudente. Il titolo, surreale e provocatorio, colpì subito l’immaginazione collettiva. La domanda ma chi ha ucciso l’Uomo Ragno? è diventata subito un mantra. La risposta non è mai arrivata: era una metafora, una domanda aperta sull’inquietudine e il disincanto della generazione X italiana. Mauro Repetto divenne un’icona a sé, un personaggio quasi mitologico: con la sua danza scoordinata e la mimica sopra le righe era il folle jolly che completava il duo. Ma quella stranezza era parte del fascino degli 883: Repetto divenne un simbolo di libertà e autoironia mentre Pezzali, con le sue parole dirette e oneste, dava voce a quella generazione di ragazzi con pochi sogni concreti e tanti ideali.

    Max Pezzali e Mauro Repetto

    Le canzoni degli 883 raccontavano di un mondo in cui chiunque poteva riconoscersi. Erano storie di ragazze bellissime ed inarrivabili , di “tipa della scuola” che ti fa girare la testa e ti condanna a… notti insonni. C’erano le gite al mare con gli amici, le corse sui motorini truccati che facevano sembrare ogni curva un’epica impresa, le serate passate tra i bar e le sale giochi mentre l’orologio ticchettava verso l’inevitabile inizio di un’ altra settimana. Brani come Sei un mito , Nord sud ovest est e Gli anni sono inni di spensieratezza e nostalgia. La musica è semplice ma perfetta, nella sua semplicità.

    Gli 883 raccontavano le cose per come erano, senza abbellimenti o sofisticazioni. Era come se Pezzali avesse preso una vecchia foto di classe e l’avesse trasformata in una hit da cantare a squarciagola. A un certo punto, nel bel mezzo del successo, Mauro Repetto se ne andò. Stanco della vita sotto i riflettori lasciò gli 883 per trasferirsi in America, lasciando un vuoto che nessuno avrebbe potuto colmare. Era come se un pezzo fondamentale del puzzle fosse scomparso e, con esso, quella follia che aveva fatto degli 883 un fenomeno unico. Senza Repetto, gli 883 divennero ufficialmente un progetto solista di Max Pezzali. Iniziò una nuova era, più introspettiva e più matura. Pezzali continuò a scrivere e cantare della vita quotidiana, ma senza quel tocco di surrealismo che Repetto portava con sé. Canzoni come La regola dell’amico , Nessun rimpianto e Una canzone d’amore continuavano a parlare d’amicizia, d’amore, di speranze e di sogni, ma lo spirito era cambiato. E durante quel periodo ad accompagnare sul palco Max Pezzali nei concerti e nei video c’erano due giovanissime Paola e Chiara all’inizio delle loro carriere in veste di coriste. Con l’arrivo dei 2000, gli 883 iniziarono a perdere parte della loro magia originale. Pezzali, consapevole del cambiamento, decise di chiudere il capitolo degli 883 e di proseguire come solista riuscendo a mantenere sempre però quella sincerità che lo aveva reso il cantastorie della provincia italiana. Ma gli 883 non sono mai scomparsi davvero. Le loro canzoni sono diventate senza tempo, parte della cultura popolare italiana. Le nuove generazioni hanno iniziato a scoprire e riscoprire la musica degli 883 grazie alle playlist , ai concerti celebrativi e alla serie tv a loro dedicata, rendendo quegli inni della provincia un vero e proprio patrimonio della memoria collettiva. Negli ultimi anni l’effetto nostalgia ha portato Max Pezzali a tornare sui palchi, riaccendendo la fiamma degli 883 con concerti che sembrano raduni di amici più che performance musicali. È come se ogni volta che si riaccendono le luci e risuonano le note di “Hanno ucciso l’Uomo Ragno” un pezzo di quella giovinezza dimenticata tornasse a rivivere, con il pubblico che canta ogni parola come se fosse il racconto della propria vita.

    Hank Cignatta

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    Sono la mente insana alla base di Bad Literature Inc. Giornalista pubblicista, Gonzo nell’animo, speaker radiofonico, peccatore professionista, casinista come pochi. Infesto il web con i miei articoli che sono dei punti di vista ( e in quanto tali condivisibili o meno) e ho una particolare predisposizione a dileggiare la normalità. Se volete saperne di più su di me e su Bad Literature Inc. leggete i miei articoli. Ma poi non dite che non siete stati avvertiti.

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