Eumir Deodato, “O’ Profesor” del latin jazz
Quando piove il traffico di Nevrotic Town diventa più lento del solito, quasi a manifestare un tipo di insofferenza atavica che si commuta in un inutile congestione urbana che dilata lo spazio tempo. Il tutto mentre la mia fedele Great Point Blue Shark soffre a restare imbottigliata in quella processione per niente silenziosa, dove la precedenza di tutti è l’unica regola vigente. Per evitare di impazzire definitivamente, cerco rifugio nella musica: dalle casse della mia radio iniziano a propagarsi le prime note gentili di Latin Flute, brano del 1973 tratto dall’album Deodato 2 del pianista, compositore e produttore discografico brasiliano Eumir Deodato. Un brano di puro latin jazz dove si possono ascoltare i virtuosismi alla tastiera di Deodato, alternati al flauto traverso e a virtuosi assoli di chitarra elettrica. Un brano con il quale ho discreta familiarità, essendo stato anche inserito nella colonna sonora del leggendario videogioco GTA Vice City (e più precisamente, nella stazione radio Espantoso, così come l’altro suo brano Super Strut). La cura migliore contro la rabbia stradale.
Ma prima, come sempre un po’ di storia (d’altronde senza di essa dove saremmo?): Eumir Deodato de Almeida (questo il nome completo dell’artista) è un pianista e produttore discografico brasiliano di origini italiane e portoghesi, il quale mostra fin da piccolo una discreta sensibilità nei confronti della musica. Ci si avvicina da autodidatta, imparando dapprima a suonare la fisarmonica: in seguito studierà orchestrazione e arrangiamento per orchestra che gli permetterà di acquisire un tipo di abilità con gli strumenti che gli consentirà di realizzare la sua prima sessione di registrazione a soli diciassette anni. Qui continua la sua lunga gavetta e cresce molto artisticamente, giungendo ad essere uno degli artisti più in vista della scena bossa nova di Rio De Janeiro. In seguito, insieme ad altri artisti connazionali, si trasferisce negli Stati Uniti durante la dittatura militare vigente in Brasile e qui ha modo di collaborare con il chitarrista e compositore brasiliano Luiz Bonfà e al produttore discografico americano Creed Taylor. Qui Deodato ha modo di mettere in evidenza tutta la potenza sonora del suo latin jazz (già giunto al pubblico statunitense grazie ai lavori di artisti del calibro di Santana e Caldera), che esprime all’interno del suo primo album per il mercato americano intitolato Prelude (pubblicato nel 1973) e dove la sua versione di Così parlò Zarathustra di Richard Wagner si aggiudica l’anno seguente il Grammy come miglior esibizione strumentale pop e si aggiudica anche la seconda posizione della classifica pop americana.
Come canta il buon Caparezza, il secondo album è sempre il più difficile nella carriera di un artista ma chi la sta stoffa come il cantante pugliese è in grado di farlo meglio del primo. Non è da meno Deodato, il quale con Deodato 2 da’ alle stampe un disco che è per l’ascoltatore un concentrato di puro godimento musicale traccia dopo traccia. La sua versione di Pavane pour une infante défunte di Maurice Ravel venne utilizzata negli anni Settanta come brano di sottofondo da un emittente televisiva australiana, diventando a suo modo un brano iconico per gli spettatori aussies. Terminati gli anni Settanta, gli anni Ottanta presentano nuove sonorità introdotte da Giorgio Moroder e così anche Deodato si adegua: riesce infatti a piazzare nei primi posti delle classifiche dance i brani S.O.S. Fire in the Sky e Are You For Real.
Il genio musicale di Deodato è la prova tangibile delle divinità in questo strano ed incasinato reality show che chiamiamo vita, dove la musica continua ad essere una di quelle poche cose che permette di viverla appieno. La sua grande abilità di arrangiatore gli ha aperto la strada all’interno dell’industria discografica statunitense, dove ha potuto dare ampia prova del suo immenso talento. Nel corso degli anni ha arrangiato brani per artisti del calibro di Astrud Gilberto, il chitarrista e compositore jazz Wes Montgomery e Frank Sinatra (più nel dettaglio ha curato la parte dei brani bossa nova contenuti all’interno dell’album Sinatra & Company del 1971). Ha inoltre curato la produzione dei primi dischi degli anni Ottanta dei Kool & The Gang e ha collaborato alle orchestrazioni presenti all’interno di Homogenic, terzo album solista della cantante islandese Björk. Sicuramente una figura in grado di incidere quella famosa tacca indelebile all’interno della storia della musica e di cui si dovrebbe conosce di più, disco dopo disco.
Hank Cignatta
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