A volte ritorno, il Vangelo pop secondo John Niven
Il mondo là fuori è incastrato in una bolla di ghiaccio che rende le temperatura decisamente molto più basse rispetto alla media stagionale. Le previsioni del tempo affermano che correnti fresche di matrice antartica continuano a rendere le strade delle piste da pattinaggio. Mentre guardo il guinzaglio della mia Noël in direzione della porta e lei si rintana al caldo sotto due strati di coperta, intenzionata seriamente a non schiodarsi da lì. Prendo il libro presente in questo periodo sul mio comodino, decidendo di continuare ad addentrarmi nella sua interessante trama. L’autore è il geniale John Niven al suo romanzo di debutto, intitolato A Volte Ritorno, edito qui in Italia dalla casa editrice torinese Einaudi.

Introduzione: quando il sacro diventa un detonatore narrativo
A Volte Ritorno di John Niven non è un romanzo qualsiasi. È un esperimento narrativo che prende un’idea potenzialmente esplosiva come il ritorno di Gesù sulla Terra e la trasforma in una lente deformante puntata sulla nostra epoca. Niven non cerca la provocazione gratuita ma l’autopsia del presente. E la conduce con bisturi affilato, ironia devastante ed una capacità rara di mescolare cultura pop, spiritualità e critica sociale.

A volte ritorno: il ritorno più improbabile del XXI secolo
La premessa è semplice quanto imprevedibile: Gesù torna sulla Terra. Non tra deserto e profeti ma nel mondo di oggi: iperconnesso, rumoroso, anestetizzato da schermi sempre più grandi e contenuti sempre più vuoti. Il protagonista è un Gesù diverso da qualunque rappresentazione tradizionale: mite, empatico, incredibilmente paziente, dotato di una naturale purezza d’animo. Ed è soprattutto un musicista straordinario, capace di trasformare un momento ordinario in un assolo elettrico che ti perfora l’anima.

È un uomo che cammina tra le macerie luminose del nostro presente: reality show, social network, superficialità pandemica. La sua “missione” non ha bisogno di essere spiegata: cercare di far arrivare un messaggio di compassione universale ad un’umanità troppo distratta per ascoltare. Ed è proprio nell’impatto tra questo protagonista e il mondo moderno che il romanzo trova la sua forza.
Il mondo moderno visto dalla croce del XXI secolo
Niven mette in scena un’umanità che sembra aver perso il suo senso d’orientamento. Viviamo ipnotizzati da schermi, algoritmi e opinioni istantanee, pronti ad indignarci per un meme e ad ignorare le tragedie reali. Il romanzo non condanna ma osserva. E quello che osserva è un paradosso costante, un cortocircuito culturale che produce risate amare e riflessioni altrettanto pungenti.

Stile narrativo: a volte ritorno e un flusso libero che ricorda le grandi firme del giornalismo Gonzo
La scrittura è rapida, tagliente, imprevedibile. Niven non fa compromessi: alterna scene di grande dolcezza a momenti di satira ferocissima. Sembra di assistere a un reportage di Hunter S. Thompson reincarnato in un secolo dove la droga non è più l’LSD ma l’infinito scroll del feed. Il ritmo è incalzante, la prosa è ironica ma calibrata, e l’uso del linguaggio contemporaneo è chirurgico.

Musica, cultura pop e spiritualità disillusa
Uno dei grandi meriti del romanzo è la capacità di fondere musica, cultura mediatica e spiritualità senza cadere nella caricatura. Il mondo della musica tra talent show, etichette discografiche e star costruite a tavolino diventa il palcoscenico perfetto per raccontare una società che ha scambiato la sostanza con l’apparenza. La chitarra elettrica del protagonista, sempre pronta a vibrare nel momento più inaspettato, è un simbolo: l’arte come ultimo rifugio di autenticità in un mondo plastificato.

La Satira sociale di a volte ritorno come arma chirurgica
L’autore colpisce tutto e tutti: la televisione, la politica, i guru da social, la nostra ossessione per i trend del momento. Non lo fa con cattiveria ma con lucidità. La satira diventa un modo per mostrarci allo specchio. E lo specchio, in questo romanzo, non è per nulla lusinghiero.

Personaggi come specchi scheggiati della nostra epoca
I personaggi che ruotano attorno al protagonista sono volutamente esagerati, deformati, caricaturali. Sono simboli viventi del caos emotivo e culturale in cui navighiamo. Eppure, dietro la loro esagerazione, c’è un’essenza autentica: la tristezza di un mondo che corre senza sapere dove sta andando. Il romanzo non vive di colpi di scena ma di idee. E ciò che Niven non mostra o lascia volutamente in sospeso è potente tanto quanto ciò che scrive apertamente. L’assenza di spoiler non toglie nulla all’intensità dell’esperienza: la storia si muove su un piano emotivo più che narrativo.

Conclusione: un romanzo necessario in un’epoca che ha paura della verità
Il romanzo funziona perché non parla di religione: parla della nostra incapacità di sentire qualcosa, della solitudine travestita da connessione e del vuoto riempito con del rumore. E quando ti accorgi che Niven sta parlando proprio di te… beh, è lì che il libro colpisce.
Hank Cignatta
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