Invisible Monster, anatomia di un’apocalisse glamour
ore 3:17 di una notte insonne
Finalmente sono tornato a casa dopo essermi chiuso dietro le spalle la porta che da su quel triste mondo malato dopo essere stato in giro per un articolo. Il tempo grigio e la pioggia che andava a delineare presto quel quadro plumbeo tipico degli inverni di Nevrotic Town (o Torino, se siete appassionati di foliage) che, come cantava qualcuno, tra il fiume e i portici già buio alle sei, mi hanno fatto venire voglia di rincasare più in fretta del normale.

Ma sembra che le gocce di pioggia rilascino delle particelle di stupidità che rendono il traffico ancora più lento e quindi i tempi si dilatano in una bolla spazio temporale. Una volta a casa accarezzo la mia cagnona Noël che mi fa le solite animose feste, lancio i vestiti per aria e mi lancio appesantito sul divano.

Nel mio zaino, oltre a un paio di sigari comprati velocemente durante la pausa pranzo e un taccuino troppo pieno di appunti inutili, è presente anche una copia di Invisible Monsters di Chuck Palahniuk. Un libro che, a detta di chi me lo ha consigliato e lo ha letto prima di me, ti entra nella testa come una pallottola per poi rimanerci, per farsi strada beffardo tra i pensieri come una malattia venerea in un qualsiasi squallido motel di quint’ordine.

Lo apro mentre la vita scorre gelida e umida fuori dalla mia finestra: dopo tre pagine ho modo di comprendere che Palahniuk non ha scritto un romanzo ma è stato in grado di costruire una trappola psichedelica per topi umani. E io ci sono finito dentro.
Invisible Monster: un’Identità Sventrata
La protagonista, la bellissima modella Shannon McFarland, perfetta e calibrata come un algoritmo estetico, perde tutto: il volto, la voce e la vita come la conosceva. Un proiettile sparato dal fucile di un ignoto presunto assassino le squarcia la mandibola e la consegna ad una nuova esistenza fatta di silenzi, specchi infranti e un mondo che non sa più come guardarla.

Palahniuk trasforma la sua mutilazione in un crollo metafisico: la bellezza come religione, il corpo come tempio e la fisionomia come passaporto sociale. Senza volto, la protagonista diventa davvero un mostro invisibile: esiste solo nella misura in cui riesce a manipolare ciò che resta della realtà attorno a lei.
Brandy Alexander: la musa transgender che riscrive il suo mondo
L’ingresso in scena della transgender (in attesa di vaginoplastica) Brandy Alexander è un colpo di teatro degno del Palahniuk più feroce. Brandy è tutto ciò che l’America odia e desidera allo stesso tempo: glamour, esagerata, ingombrante e filosofica come una drag queen uscita da un manuale di patologia sociale. È lei che con la sua identità costruita pezzo per pezzo, come un collage chirurgico a riportare la protagonista al mondo.

Le insegna a reinventarsi, a diventare ciò che desidera e a smontare l’idea stessa di autenticità. In Invisible Monsters la verità è un vestito che si cambia continuamente: Palahniuk ti spinge a guardare il concetto di identità come un’arma di distruzione di massa.
Invisible Monster e Una Struttura Narrativa che Spara Addosso
Il libro non ha un ordine lineare: salta avanti e indietro nel tempo come un deejay in botta da cocaina colombiana purissima. Il lettore è costretto a ricomporre la trama come un investigatore che ha perso gli occhiali e continua ad inciampare nelle prove. Questo caos controllato non è un difetto: è lo stile di questo volume.

Palahniuk scrive come se stesse guidando a duecento km/h in contromano. Ovviamente guidando come un pazzo con i fari spenti nella notte, per vedere se è poi tanto difficile portare il lettore sul baratro di una lucidissima follia. E il lettore sale a bordo senza fare domande.
Il Tema Centrale: Essere Chi Vuoi, ma Non Essere Nessuno
Il romanzo esplora il concetto di identità come territorio di guerra. Tutto è trasformazione: chirurgia, bellezza, trauma, memoria. Nessun personaggio è ciò che dice di essere. Tutti recitano, mentono e vogliono essere guardati fino al momento in cui vengono davvero guardati. Palahniuk mette in scena un’umanità in cerca di una fuga dalla propria immagine e il risultato è un delirio pop fatto di sangue, glitter e filosofie da bagno pubblico.

L’America come una Sala OperatorIa Senza Regole
L’autore seziona gli Stati Uniti come un chirurgo sotto anfetamina. Avete presente quel malato del chirurgo Merril Bobolit in quel folle capolavoro sulla vanità dell’essere umano quale è Nip/Tuck? Ecco, nello stesso identico modo.

Mostra un Paese ossessionato dalla superficie, dal successo, dalla chirurgia estetica come salvezza spirituale. Ma lo fa con un’ironia feroce, quasi compiaciuta, come se volesse dire: “Guardate quanto siete ridicoli. E quanto vi piace esserlo.”
I Colpi di Scena: la Vera Religione del Libro
Nessuna parte di Invisible Monsters è pensata per rassicurare. Ogni capitolo esplode come una molotov narrativa: identità svelate, tradimenti e rivelazioni familiari che ti lasciano con la mascella (ancora attaccata) spalancata. Il romanzo è costruito come una serie di trappole psicologiche: quando pensi di aver capito, Palahniuk cambia le regole del gioco. E’ un capolavoro perché non si limita a parlare solamente di bellezza, identità o trauma. Tratta del terrore di essere definiti e del godimento perverso che proviamo quando finalmente ci liberiamo della maschera, anche se questo significa perderci mentre lo facciamo. E Palahniuk non ci giudica. Ci applaude. Con entrambe le mani insanguinate.
Hank Cignatta
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