“Sylvia” di Vishnu Menon: un viaggio nella Chicago House
Il ritorno del battito: quando il cuore diventa cassa dritta
C’è un momento, nel cuore pulsante della notte, in cui la realtà si scioglie come ghiaccio in un bicchiere di gin. È lì che arriva “Sylvia”, il nuovo singolo di Vishnu Menon, abile miscelatore di emozioni musicali nonché vecchio amico di Bad Literature Inc., uno di quelli che sanno ancora come far suonare il tempo. Il pezzo non si limita a essere un tributo: è un viaggio sensoriale, un ritorno al clubbing puro, quello che odorava di sudore, neon e vinile. La cassa picchia dritta e sotto la superficie elettronica si nasconde un’anima calda, umana, intima. Vishnu non ruba al passato ma lo evoca. “Sylvia” non è revival, è resurrezione.

Frankie Knuckles, il fantasma buono che danza tra i BPM
Chi conosce la storia sa: senza Frankie Knuckles, non esisterebbe la musica house come la conosciamo. E in “Sylvia”, la sua ombra benevola aleggia sopra ogni nota, sopra ogni loop. C’è quella grazia funzionale tipica dei club di Chicago, ma anche la delicatezza emotiva che Knuckles sapeva instillare nei suoi remix più spirituali.

Il synth, caldo come un tramonto filtrato da un VHS, accompagna un basso morbido che vibra nelle viscere. È un suono che non ha paura del sentimento ed proprio per questo che conquista. Menon gioca con la struttura, flirta con l’eredità del maestro ma la contamina con il suo linguaggio contemporaneo: un equilibrio raro tra nostalgia e consapevolezza sonora.
Sylvia: una figura, un miraggio, un’ispirazione
Ma chi è Sylvia? Forse una musa, forse solo un’idea, forse una notte. Il brano non lo dice, e non serve. Sylvia è un simbolo, una proiezione collettiva: il volto sfocato che ognuno di noi rincorre in pista, nel bagliore intermittente delle luci stroboscopiche. In questo senso, Vishnu racconta una storia universale, quella di un amore consumato nella notte, di un desiderio che non si lascia tradurre in parole ma solo in beat. Ascoltando il pezzo, sembra quasi di percepire l’odore dell’ozono, l’aria elettrica di un club sotterraneo del 1994, la promessa che ogni drop porterà qualcosa di sacro.

Vishnu Menon: Un artista, un suono, una visione
Chi segue Bad Literature Inc. lo sa: Vishnu Menon non è un semplice produttore, ma un architetto emotivo. Le sue tracce sono costruzioni di vetro e luce, fragili ma precise, capaci di resistere alla prova del tempo. Con “Sylvia” Menon non solo consolida la sua identità artistica ma ribadisce una cosa chiara: l’house non è morta, è solo in attesa di chi sa risvegliarla con rispetto e follia.

L’eco di un futuro vintage
In un panorama musicale spesso ingolfato da algoritmi e formule prevedibili, “Sylvia” è un atto di resistenza. È musica fatta per essere sentita prima che capita, per essere ballata prima che analizzata. E mentre i pixel del mondo moderno si sgretolano in loop, Vishnu Menon ci restituisce un’illusione bellissima: quella di un tempo in cui la notte non finiva mai e ogni suono poteva ancora salvarti la vita.
Hank Cignatta
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