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    Editoriale Gonzo: l’antica disciplina olimpica della polemica

    Sono tempi davvero strani, quelli in cui viviamo. L’indignazione a comando è un sentimento che, in modo subdolo, è diventato un vero e proprio stile di vita. Ci si indigna per una battuta al vetriolo, per uno spot televisivo che non viene capito o per una serie tv che non finisce come il pubblico si aspetta . Si storce il naso perché tutto quello che dovrebbe essere giusto non lo è e viene spacciato per verità assoluta, da accettare a tutti i costi e a scatola chiusa. La politica del volemose bene a tutti i costi sta facendo più danni del fumo passivo. E tutto è dettato da uno strumento che nel corso degli anni ha permesso anche alle pulci di tossire, ovvero i social network. Negli ultimi anni delle nostre esistenze questi strumenti sono diventati il megafono affinché tutto possa risuonare in modo più veloce, efficace e lontano possibile. Ivi comprese le cagate più inenarrabili di umana memoria. A tutto ciò non si sottraggono nemmeno i Giochi della XXXIII Olimpiade dell’era moderna, che hanno luogo a Parigi. Iniziate all’insegna della polemica, stanno procedendo nella medesima direzione e non termineranno di certo meglio.

    Logo delle Olimpiadi di Parigi 2024

    Dalla giornata di ieri (nel momento in cui questo articolo viene scritto e pubblicato) ha fatto molto discutere (e continuerà a farlo) l’incontro di boxe femminile tra la pugilessa italiana Angela Carini e quella algerina Imane Khelif. Il match ha fatto ampiamente discutere già giorni prima che le due atlete incrociassero i guantoni sul ring dell’Arena Paris Nord di Villepinte, con l’opinione pubblica che ha iniziato a sollevare seri dubbi circa la legittimità della disputa pugilistica. Si credeva infatti inizialmente che la Khelifa fosse una pugilessa transgender, che fosse un uomo diventato in seguito donna. L’IBA, l’International Boxing Association (ovvero la federazione mondiale di pugilato) l’aveva esclusa dall’ultima edizione dei mondiali, in quanto presentava elevati livelli di testosterone nonché la presenza di cromosomi di sesso maschile nel DNA. Il Comitato Olimpico Internazionale ha invece deciso in maniera differente, decidendo di ammettere l’atleta algerina in quanto in grado di soddisfare tutti i requisiti richiesti. Classici casini da federazioni, che non sono di certo i primi e non saranno di certo gli ultimi. Da qui la conferma che la Khelifa è nata donna, seppur con caratteri morfologici e biologici più androgini rispetto alla sua avversaria italiana. L’Italia chiacchierona dei social e dalla tastiera facile non aspettava altro che una ghiotta occasione di tale portata nella quale buttarsi a capofitto per avere qualcosa di cui parlare sotto l’ombrellone. Perché c’è il cosiddetto caro ombrellone, ma guai a rinunciare alla vacanza. Altrimenti durante la pausa caffè una volta tornati in ufficio, di che si parla? Tornando strettamente alla boxe, tutta Italia chiede alla Carini di ritirarsi, di non presentarsi e non prestarsi a questo incontro burla, dove avrebbe rischiato seriamente per la sua incolumità. Arriva il giorno dell’incontro, la Carini inizia a schermare con la Khelifa che riesce a metterle a segno due colpi decisi al volto.

    La pugilessa italiana Angela Carini in lacrime in seguito alla decisione di non combattere più

    Ma dopo appena quarantasei secondi dal suono della campana che ha dato il via al primo round la pugilessa italiana si ferma: si gira verso il proprio angolo, che cerca di capire che cosa sia accadendo. Punti interrogativi si leggono anche sui volti della Khalifa, del suo angolo, dell’arbitro, dei giudici e del pubblico presente all’arena. La Carini non intende continuare, lamenta di aver ricevuto dei colpi molto forti al naso, “i più forti mai ricevuti nella sua carriera” come dichiarerà in seguito: dall’angolo le dicono di proseguire almeno fino al termine del primo round ma lei consegna i guantoni agli allenatori e l’arbitro comprende la situazione decretando la fine dell’incontro e dichiarando la Khelifa vincitrice. La Carini si butta a terra e si dispera: immagini che abbiamo visto tutti più volte su ogni organo di stampa e credo che il quadro della situazione vi possa essere ben chiaro.

    La pugilessa Imane Khelifi in una foto promozionale delle Olimpiadi di Tokyo 2020

    Chi ci segue da un po’ di tempo ormai lo sa: noi non trattiamo di politica e, sinceramente, non ci interessa. E’ un argomento che lasciamo volentieri a testate giornalistiche (tradizionali e online) indubbiamente più blasonate della nostra e a colleghi decisamente più esperti in materia rispetto al povero bastardo che vi scrive. Non ci interessano neanche le battaglie del finto perbenismo di facciata, che vuole tutti uguali accomunati sotto l’egida del conformismo. Ma una cosa ci sentiamo di dirla: nonostante la mia attuale forma a matrioska in passato sono stato un aspirante pugile dilettante. In seguito all’amore per il giornalismo e tutto ciò che ad esso è collegato ho continuato, seppur in forme diverse, a costeggiare questo mondo avendo la fortuna di scrivere di pugilato. E’ altresì vero che questa affannosa corsa all’inclusività (termine contenitore dentro al quale ci si infila la qualunque, spesse volte in modo forzato e becero) sia diventata una cosa esasperata. Molte persone (compreso il sottoscritto) hanno guardato l’incontro nella comodità di casa propria, malamente buttato sul divano a scorreggiare con l’aria condizionata che abbatte di molto la percezione dell’umidità del caldo insostenibile di questi giorni. Fare un percorso di preparazione olimpica, con tutti i sacrifici che ciò comporta, è davvero tutto altro argomento.

    La pugilessa italiana Angela Carini

    La Carini, da indomita campionessa quale è, forse avrebbe potuto sostenere anche solamente il primo round per poter dire realmente di aver dato tutta sé stessa. Ma probabilmente la motivazione del suo gesto giunge da lontano, da quel maledetto 2020 che l’ha costretta a dire arrivederci nell’altra dimensione al padre al quale era molto legata. Nessuno colpisce duro come fa la vita e alle volte c’è bisogno di più tempo per riprendersi. Forse l’idea è che non fosse psicologicamente pronta per affrontare questa Olimpiade, il che non sarebbe stato né un disonore né tantomeno una sconfitta (affrontata in questo modo, s’intende). E come se tutto ciò non fosse sufficiente in queste ore sono finiti nell’occhio del ciclone delle polemiche inutili anche il giornalista Davide Covelli e l’ex pugile campione del mondo dei massimi, medaglia olimpica ed ex allenatore della nazionale di boxe Francesco Damiani (sotto la cui guida alle Olimpiadi di Pechino Cammarelle conquistò la medaglia d’oro, Russo quella d’argento e Picardi un bronzo), commentatori della boxe per la Rai in queste Olimpiadi. La loro colpa? Quella di aver definito il comportamento della Carini una brutta figura, dissociandosi. In pratica hanno espresso il pensiero di molti praticanti ed addetti ai lavori. Il tema è caldo e terrà banco ancora per un bel po’ (in campo politico, tra gli appassionati e gli addetti ai lavori i quali già adesso si stanno sbizzarrendo) ma la verità è che il pugilato italiano ha perso da tempo per verdetto decisamente unanime ancor prima di aver solcato il ring. Sembrerebbe che la Carini sia intenzionata a dire addio alla boxe dopo questa polemica: dopo una buona pubblicità gratuita quanto ci metteremo a vederla in qualche reality show? I falò di confronto sull’argomento sono già disponibili.

    Hank Cignatta

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    Sono la mente insana alla base di Bad Literature Inc. Giornalista pubblicista, Gonzo nell’animo, speaker radiofonico, peccatore professionista, casinista come pochi. Infesto il web con i miei articoli che sono dei punti di vista ( e in quanto tali condivisibili o meno) e ho una particolare predisposizione a dileggiare la normalità. Se volete saperne di più su di me e su Bad Literature Inc. leggete i miei articoli. Ma poi non dite che non siete stati avvertiti.

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