Bruno Mars, il “marziano” del pop che voleva essere come Michael Jackson
In tempi di pericoloso piattume creativo come quelli che stiamo vivendo fa senza dubbio piacere riuscire a trovare degli artisti degni di essere definiti tali, in grado di alzare di parecchio l’asticella qualitativa di quell’industria musicale che punta tutto su “hit” che vengono ricordate con la stessa facilità di un grottesco dopo sbronza. Per carità, questo articolo non vuole essere la sagra del si stava meglio quando si stava peggio o stronzate simili che vanno tanto di moda oggi.
E’ semplicemente l’amara constatazione di un idem sentire architettato da un industria musicale che punta tutto sull’apparenza e getta nel cesso la qualità, tirando più volte lo sciacquone con un malefico ghigno sul volto. Ma in questi anni che da un periodo troppo prolungato sono aria putrescente che passa nell’ultimo tratto dell’intestino crasso della storia vi sono delle piacevoli eccezioni: tra queste vi è Bruno Mars.
Questo ragazzo, al secolo Peter Gene Hernandez, è nato ad Honolulu nelle Hawaii e ha saputo nel corso degli anni ritagliarsi uno spazio di tutto rilievo all’interno di uno strano panorama musicale nel quale chiunque, con una base musicale ed un massiccio impiego di quel miracolo digitale che si chiama Autotune, può avere velleità di costruirsi una carriera musicale. Come spesso avviene in questi casi la differenza la fa la qualità dei contenuti proposti. Non c’è più la concezione di comprendere che un brano possa godere del giusto successo e riconoscimento dalla data della sua pubblicazione fino alla fine dei tempi. Si ascolta quella canzone e se ne fischietta il motivetto per qualche settimana, pronto poi per essere inserito nel cassetto delle cose bollate come “vecchie”.
La produzione di Bruno Mars è una fusione tra diversi stili musicali quali rock, pop, r’n’b e funk. La sua musica è uno degli esempi migliori di come ci siano ancora artisti capaci di attingere a piene mani da successi del passato senza farne un banale scimmiottamento o l’ennesimo remix in chiave latino americano a riecheggiare tra le spiagge e del quale, francamente, non c’è davvero bisogno. Che sia un brano di grande ritmo, una romantica ballad o un chiaro omaggio agli artisti che hanno influenzato il suo stile poco importa: non ci sarà niente di banale o scontato. E non dovete credere necessariamente al povero stronzo che vi sta scrivendo e che si sta dissolvendo periodo dopo periodo.
C’è la spensierata The Lazy Song (con questa versione del video con il cameo del grande Leonard Nimoy, non al versione con le scimmiette rincoglionite), Locked Out Of Heaven nella quale si possono sentire chiaramente i riferimenti alle sonorità dei Police e di Sting e la funkissima (e freschissima, sempre) Uptown Funk, il vero manifesto musicale di Bruno Mars nonché piccola pietra miliare di un certo tipo di intendere e fare musica. Menzione particolare merita tutto l’album 24K Magic, una vera e propria goduria musicale. Certo, di Michael Jackson ce n’è stato e ce ne sarà sempre uno solo. Ma quel ragazzino che sognava di essere come il re del pop sta sicuramente percorrendo la strada giusta nel suo modo unico ed iconico.
Hank Cignatta
© Riproduzione riservata
Post a Comment
Devi essere connesso per inviare un commento.