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    Articoli da paz: Filth in my garage, Songs from the lowest floor

    Ovvio che chi non è abituato a certe urla in formato cantato e quindi non frequenta buona parte del hardcore moderno non avrà vita facile con questo disco. Ma io la premessa l’ho fatta, ora per tutti gli altri si parte con questa bordata di disco. E mi sembra già di vederli i molti detrattori, gli antichi amanti fugaziani del genere che non -ci piace ‘sta deriva emocore-, ci sono i filo Deep Elm che vorrebbero più romanticismo e post rock e non gli dico mica nulla perché piace anche a me la  miscela, poi ci sono i  “ragazzi specializzati” anche un po’ anti-Italia che mettono in fila i vari Poison The Well e Snapcase oppure Converge e magari dei nomi metal estremo che sicuramente non ho ancora ascoltato. Nessuno contesterà che i ragazzi di Bergamo in questione apprendono lezioni dai grandi contemporanei e che han fatto un album coi contro mazzi.

    I Filth In My Garage al completo

    Bello, potente, diversificato quanto basta. Mostrando grandi qualità di scrittura (testi e canzoni), un gusto elegante per i cori. Una voce non originalissima ma in grado di essere godibile nel suo growling come nel suo pulito che, ahimè, occupa solo una piccolo porzione dello stile sfoderato in Songs from the lowest floor.

    Copertina del disco Songs From The Lowest Floor

    Promossi i Filth In My Garage a pieni voti dunque, incominciando dalla doppietta iniziale composta da Black and blue, Devil’s shape (il cambio interno e la reprise e’ da paura), e dopo questa bella cattiveria post Deftones (per me rimangono loro gli alfieri) s’ inizia a confluire  in terreni aridi e polverosi. Ecco i primi germi di una contaminazione che non mi aspettavo e’ che sara la base del disco per i suoi missili post post hardcore o come minchia si chiama adesso. Greenwitch infatti è una bordata stoner in pieno viso che ha l’unico difetto di durare tre minutini e non avere cantato. Ehi ragazzi io avrei aperto il disco con questa serpe-song non con il gipsy divertissement Stampede! Ma sono evidentementissimamente cazzi miei. Si continua sulle striscie di un autostrada deserta poco italiana coltivata a cactus e marchiati –genere metal stoner-  ma il pezzo Awful Path, questa volta bello lungo compie un bel cambio nel suo cuore e procede in maniera formidabile fra cambi entusiasmanti fino ad arrivare -in questo incedere emo-tivo- ad un rallentamento emo-zionante. Uno dei pezzi migliori di un disco chitarristicamente monolitico quando intenso. L’Italia sembra stia tirandosi fuori delle buone cose, magari le cose più internazionali, proprio dai movimenti esterni all’indie, dove tornano a suonare maledettamente bene le chitarre, e l’heavy è di casa. Questa è un’informazione/costatazione di cui non vi fregherà un beneamato ma per me che vivo nel mondo dell’indie/rock/pop italiano la velleita’ di farsi conoscere all’estero è solo un grosso sogno che provvede a smorzare il priapismo delle nostre starlette. Perciò mi viene da riflettere. E torniamo in compagnia di strati acidi che piacerebbero ai Kyuss ad aprire le canzoni. Ecco Red door, che pensi che i ragazzi abbiano deciso di sterzare per una nuova strada da seguire, magari un blues bellissimo che attorciglia l’anima. Non è del tutto falso. E’ la loro ballad ma ti sorprendono anche qui visto che dopo i 3 minuti il pezzo s’arrabbia prepotentemente e ritorna nelle corde di un post core concitato e per un attimo ci ho sentito i migliori Helmet. Red door non finisce qui perché dopo una vera e propria pausa da fine vicenda viene riaperto il racconto da un arpeggio -asse Black Mountain/Sleepy Sun/Warlocks- con cori “melodicissimi”: trattiene in sé dalla prima parte la cadenza monolitica per il resto pare un altro brano. Dei FIMG mi piacciono proprio questi cambi distribuiti nei pezzi. Belli i dischi che non ti dan tempo d’annoiarti. Emozionanti anche i cori nel finalissimo con voce pulita. E poi c’è The lowest floor col suo bel cambio di tempo. Piu’ giovanilistica d’accordo, magari e’ quello che mi tiene un po lontano all’inizio ma sto a vedere. La riascolto: pezzo furbo ben costruito. Sta di fatto che dopo poco ho iniziato a battere il piedino e muovere il culo sulla sedia, in altre parole un bel pezzo che ha superato la diffidenza e che è anche un potenziale singolone da paura. Chiude Owl Feather il pezzo piu’ particolare del lotto. Voci nitide che vanno verso una deriva grunge dove i fantasmi in cancrena di Alice in chains… pullulano (erano anni che volevo scriverlo) attorno alle casse alte quanto me (e non sono piccolo). 8 pezzi 44 minuti, ci piace tutto quello che han fatto ed ho vissuto un bel viaggio fuori dai lidi dei confort-generi. Grazie ragazzi. Mi raccomando Voi se siete arrivati fin qui, comprate il disco se potete, l’artwork bellissimo è farina del gruppo. Sosteneteli. Qualunque sia la fine che han fatto.

    Pasquale “Paz” Scevola

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