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    Tulsa King, Stallone è stellare!

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    La mia insonnia, per chi segue Bad Literature Inc. e legge i miei articoli da qualche tempo, è cosa ormai nota e conclamata tanto quanto la mia pazzia. Mentre mi destreggio nell’humus catodico alla vana ricerca di qualcosa che possa calmare la mia psiche spettinata, mi imbatto sempre più spesso nello spot della piattaforma streaming della casa di produzione cinematografica e televisiva della Paramount Pictures e chiamata Paramount +, il cui lancio in Italia è avvenuto il quindici settembre 2022. La pubblicità fa una carrellata rapida sui vari contenuti che è possibile trovare una volta sottoscritto l’abbonamento e, in maniera più dettagliata, su un telefilm che sta tenendo banco tra gli appassionati di telefilm: Tulsa King. Quest’ultima serie tv vede protagonista Sylvester Stallone per la prima volta in una produzione destinata al piccolo schermo, dopo alcuni ruoli marginali avuti nel corso degli anni che però non gli hanno mai dato lustro come avvenuto invece per il cinema. Il nome di Sly figura anche tra quello dei produttori (con la sua casa di produzione Balboa Production), insieme all’attore Taylor Sheridian (noto al pubblico italiano per il ruolo del vice sceriffo David Hale in Sons Of Anarchy ) e a Terence Winter (strepitoso sceneggiatore de I Soprano). Ad aumentare il capitale sociale della produzione vi è anche Mtv Films, la sezione del canale musicale per eccellenza dedicata alle produzioni cinematografiche e televisive, presente con il logo della grande emme gialla, l’astronauta della data di lancio del canale sul tubo catodico intento a piantare la bandiera del canale nello spazio e il refrain I Want My Mtvvv.. cantata in falsetto da Sting in Money For Nothing dei Dire Straits. Direi che ci sono ottime premesse, non trovate?

    Il nuovo logo di Mtv Film, diventato Mtv Entertainment Studios a partire dalle produzioni più recenti. Tutti i diritti riservati ai legittimi proprietari.
    Poster promozionale della serie tv Tulsa King. Tutti i diritti riservati ai legittimi proprietari.

    La serie segue le vicende di Dwight “Il Generale” Manfredi, capo mafia di New York che è giunto al termine con il suo debito nei confronti della giustizia durato venticinque anni. E’ uno fedele alla sua famiglia mafiosa, motivo per il quale per tutta la sua pena detentiva non ha mai fatto i nomi dei colpevoli di reati e omicidi di persone che gravitavano attorno ai suoi affari. Una volta tornato in libertà il suo capo, Pete “The Rock” Invernizzi lo manda a Tulsa, una piccola cittadina in Oklahoma. Inizialmente Dwight si aspettava una ricompensa per la sua incorruttibile fedeltà e vede la cosa come una sorta di punizione, in quanto in venticinque anni le cose sono cambiate e anche in fretta. In questa piccola cittadina dove tutti si conoscono, Manfredi dovrà stabilire dei contatti completamente da zero e riuscire a creare un piccolo esercito per dare vita al suo impero.

    Il poster di Tulsa King rivisto dall’artista francese Michael Journou aka Mike Poster

    Era dai tempi de Il Padrino che Sylvester Stallone era alla ricerca del ruolo del capomafia: infatti nel 1972 Stallone era un semisconosciuto giovane attore e si presentò alle audizioni per i ruoli di Paulie Gatto e Carlo Rizzi, venendo però scartato. Nel 1976 con Rocky avrebbe poi scritto una delle pagine più belle e leggendarie della storia del cinema con una carriera di tutto rispetto, decidendo di mettere nel cassetto quel progetto. L’occasione perfetta è giunta con Tulsa King, che è una serie che funziona. Funziona perché è qualcosa (almeno fino a questa prima stagione) di ben costruito sotto ogni aspetto e nulla è lasciato per caso. Stallone, qualora ce ne fosse ancora bisogno, dimostra di saper stare ancora in modo più che degno sulla breccia del filone d’azione alla veneranda età di settantasei anni e di essere un attore assai versatile sia nel ruolo del ruvido capo mafia che nel padre che tenta di riallacciare i rapporti con una figlia con la quale è stato assente per venticinque anni. C’è tutta la paletta cromatica delle emozioni e dei sentimenti che fanno arrivare lo spettatore alla fine dell’episodio con la bramosia di poter vedere l’episodio successivo. Armarsi di santa pazienza per l’uscita ogni domenica di un nuovo episodio però è una sensazione d’altri tempi, quando la società era meno liquida e Internet non era così sviluppato nel permettere ad una televisione intelligente di connettersi con la rete e permettere a chi si svacca comodamente sul divano di casa di poter venire a contatto con un quantitativo impressionante di contenuti. C’ anche una leggera spolverata de I Soprano in questo Tulsa King, ma fasto in un modo talmente intelligente da non risultare uno stupido scimmiottamento di qualcosa che c’è già e che ha scritto in modo imperituro la storia della serialità televisiva. Prendete dunque i popcorn, buttate via il telecomando e svaccatevi sul divano. Tulsa King è qualcosa della quale si sentirà parlare per un bel pezzo.

    Hank Cignatta

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    Sono la mente insana alla base di Bad Literature Inc. Giornalista pubblicista, Gonzo nell’animo, speaker radiofonico, peccatore professionista, casinista come pochi. Infesto il web con i miei articoli che sono dei punti di vista ( e in quanto tali condivisibili o meno) e ho una particolare predisposizione a dileggiare la normalità. Se volete saperne di più su di me e su Bad Literature Inc. leggete i miei articoli. Ma poi non dite che non siete stati avvertiti.

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