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    Return Of The Dream Canteen, l’elisir di eterna giovinezza dei Red Hot Chili Peppers

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    Eccomi lì, incazzato come un pinguino in mancanza di freddo e di cibo in un ambiente ostile alla sua natura. Io e il mio socio Marco siamo alla spasmodica ricerca di una soluzione al problema che ci ha tenuto fuori dal folle mondo dell’informazione digitale per ben due settimane. Un lasso di tempo enorme, se si conta quando cazzo vada veloce il mondo oggigiorno. Mentre passo la notte in bianco a bestemmiare per cercare di capire cosa cazzo possa essere successo di preciso, cerco di calmare i miei sensi dandomi a una delle mie uniche vie di fuga in questi momenti: la musica. Ne approfitto per tirare figurativamente il freno a mano alla mia quotidianità che viaggia mediamente ai mille all’ora e metto play all’ultimo album dei Red Hot Chili Peppers, intitolato Return Of The Dream Canteen. Ha così inizio questo mistico e taumaturgico viaggio musicale.

    La copertina di Return Of The Dream Canteen, il tredicesimo album in studio dei Red Hot Chili Peppers

    Prendo le mie cuffie, metto alla porta pensieri e preoccupazioni e chiudo gli occhi. Premo con veemenza il tasto play e mi lascio lentamente trasportare in quell’onirica dimensione musicale che già più di una volta mi ha salvato l’esistenza. Il disco si apre con Tippa My Tongue, singolo diffuso sui canali social della band ad agosto e da allora ho passato il resto della scorsa rovente estate ad ascoltare questo singolo e ad immaginare quanto sarebbe stato figo l’album nel quale sarebbe stato inserito. Un brano allegro, che ha tutti i tratti distintivi dello stile unico della band e dei suoi pazzi e geniali componenti. C’è l’inconfondibile voce di Anthony Kiedis, c’è l’immancabile tocco di chitarra di John Frusciante (e meno male, cazzo), il super basso di Flea e il backbeat di batteria di Chad Smith. Anche il video, con l’egemonia ormai morta del potere visivo che accompagnava i brani per mezzo della fine di Mtv, è un trionfo di immagini e colori. Ogni cosa è al suo posto. E funziona fottutamente bene. E’ un brano smaccatamente radiofonico, capace di coinvolgerti dall’inizio alla fine ma senza rinunciare a quello stile unico che ha reso superbe le sonorità dei ragazzi di Los Angeles.

    Si prosegue con Peace and Love, introdotto dalla batteria di Chad Smith e dal basso di Flea che, con eleganza, portano l’ascoltatore verso un brano lento che però non rinuncia al suo ritmo seducente. Reach Out è un brano che strizza l’occhio alle sonorità di The Great Apes dell’album precedente, ma in una versione decisamente più cazzuta. Eddie, brano dedicato alla memoria del leggendario chitarrista Eddie Van Halen (co- fondatore dell’omonima band hard rock insieme al fratello batterista Alex), scomparso nel 2020 all’età di sessantacinque anni in seguito alla battaglia con un tumore con il quale combatteva da anni e che si era esteso fino al cervello, è pura poesia. Qui c’è tutto l’amore di una band di eterni ragazzi che omaggia uno dei loro idoli: primo tra tutti Frusciante, il quale libera tutta la graffiante distorsione della sua chitarra elettrica in un turbinio di assoli che rendono il brano qualcosa di magico da ascoltare e con il quale perdersi. Sublime è anche il funk sincopato di Bella, che dimostra una volta di più (qualora ce ne fossa ancora bisogno) come i Red Hot siano maestri del Funk Rock. Roulette sembra uscita dagli anni Ottanta, La La La La La La La La è la traccia del disco perfetta per guidare di notte e Carry Me Home è un fantastico blues in salsa piccante. Cosa chiedere di più?

    Return Of The Dream Canteen è il tredicesimo album in studio dei Red Hot Chili Peppers ed il secondo pubblicato nello stesso anno. Il destino di questo loro ultimo disco è intrinsecamente legato a quello di Unlimited Love, che ha segnato il grande ritorno della band californiana. Gusti personali a parte, non si può non ammettere che Return Of The Dream Canteen sia un album che si lascia ascoltare molto più che volentieri e che abbia molto dei Red Hot. Benché Josh Klinghoffer abbia fatto bene con la band in I’m With You (2019) e The Gateway (2016), il ritorno di John Frusciante ha dato nuova linfa alla produzione musicale di Kiedis e soci, a tal punto da avere talmente materiale nel corso della pubblicazione di Unlimited Love da spalmare in due album ben distinti. Magistrale anche il lavoro del produttore Rick Rubin, capace di dare il suo tocco magico ad un disco che nel suo complesso suona davvero molto bene. Return Of The Dream Canteen è la prova (provata) che i grandi artisti non invecchiano ma maturano. E se durante questo processo sono ancora in grado di dire la loro in modo eccellente, bisogna fare ascoltare la musica e basta. Ascoltare per credere.

    Hank Cignatta

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    Sono la mente insana alla base di Bad Literature Inc. Giornalista pubblicista, Gonzo nell’animo, speaker radiofonico, peccatore professionista, casinista come pochi. Infesto il web con i miei articoli che sono dei punti di vista ( e in quanto tali condivisibili o meno) e ho una particolare predisposizione a dileggiare la normalità. Se volete saperne di più su di me e su Bad Literature Inc. leggete i miei articoli. Ma poi non dite che non siete stati avvertiti.

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