Nicola Arigliano, il grande crooner italiano
Passo l’ennesima notte insonne in preda dei miei pensieri che martellano il mio malconcio mezzo neurone come dei picchi stakanovisti. Mentre Nöel, la mia cucciola di Pitbull, riposa goffamente pancia all’aria completamente buttata su di me, lo schermo della mia televisione illumina la stanza. Vago senza meta da un canale all’altro, senza nessun obiettivo preciso e senza avere la pretesa di imbattermi in qualcosa di vagamente interessante. Il mio vagabondaggio catodico termina mentre finisco su un canale che trasmette l’esibizione di un grande artista italiano che, ahimè, non ha il giusto riconoscimento in patria: Nicola Arigliano.
Artista di lunga gavetta, Arigliano scappò in tenera età dalla Puglia in direzione di Torino a causa delle continue vessazioni subite per via della sua balbuzie (anche da parte della sua famiglia). Dopo una lunga esperienza maturata in diversi locali del nord, un produttore lo nota e lo fa debuttare in scenette e numeri musicali in alcuni programmi di varietà. Nel 1956 incide i primi dischi, prevalentemente di musica partenopea. Ciò gli permette di continuare la sua gavetta nell’ambiente musicale fino a partecipare all’edizione di Canzonissima del 1958 e giungere alla conduzione del programma di Lelio Luttazzi, Sentimentale, insieme a Mina. Qui la televisione lo nota in via definitiva e incide la sua versione della sigla del programma di Luttazzi che ottiene un grande successo.
Parallelamente Arigliano coltiva la sua grande passione per il Jazz, partecipando ad alcuni festival di genere e dando ampia prova della sua grande abilità nell’essere un apprezzatissimo crooner. In quel periodo però, gli artisti che si esibivano in quel genere (tra i quali figurano anche Teddy Reno, Emilio Pericoli, Johnny Dorelli, Marino Barreto Junior e Paolo Bacilieri) erano definiti cantanti confidenziali, messi in contrapposizione ai cosiddetti urlatori, i cui massimi esponenti erano Adriano Celentano, Little Tony e Tony Dallara. Numerosi sono i successi di Nicola Arigliano (Un giorno ti dirò, Amorevole, I Sing “Ammore”, My Wonderful Bambina, I Love You Forestiera e tanti altri) nei quali si può sentire la grande influenza di grandi crooner internazionali del calibro di Bing Crosby, Frank Sinatra, Russ Colombo, Cab Calloway, Nat King Cole, Tony Bennett, Dean Martin e molti altri.
Arigliano ha sempre avuto il raro talento di rendere sublime ogni brano da lui interpretato, rendendolo davvero uno spettacolo unico. Che fosse una canzone della tradizione napoletana, un brano di Ray Charles o di qualsiasi altro grande artista internazionale ai quali non aveva davvero niente da invidiare. Anche lo spot di un digestivo del 1985 diventa una piccola opera d’arte, figlia dell’elegante modo di fare musica di un mondo che non c’è più. Molto probabilmente l’unico grande limite di Nicola Arigliano, come già avvenuto e come avviene per molti altri artisti, è stato quello di essere nato in Italia. Se il cantante pugliese, anziché nascere a Squinzano in provincia di Lecce fosse nato a Los Angeles, California, molto probabilmente avrebbe avuto tutto il riconoscimento che avrebbe meritato e che merita tutt’ora. Ma, purtroppo, non c’è da stupirsi più di tanto di ciò in un Paese dove, per vedere un grande artista in grado di ammaliare con la sua arte e in un contesto che non sia un talent show, bisogna accendere la tv alle quattro e mezza del mattino. Ode a te quindi, Nicola Arigliano, grande crooner italiano di un mondo che non c’è più.
Hank Cignatta
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