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    Intervista alla tatuatrice Rebecca Zombie

    Quando il direttore Hank Cignatta mi ha commissionato una serie di interviste, mi ha semplicemente detto: “ Controversy, intervista qualcuno dei tuoi contatti che abbia una reputazione, al contrario tuo”. Quando io gli ho risposto “ Hank, non ti sembra di esagerare?” lui ha risposto lapidariamente “NO”. Lasciando stare i nostri dissidi redazionali, dopo aver intervistato Lory 666 (Presidente e fondatore di Hells Angels Chapter Italy/Milano) ho subito pensato di sentire la mia cara amica tatuatrice (ed artista a tutto tondo) Rebecca Zombie. Specializzata nello stile Dot. Work, con esperienze in studi storici del nord Italia, Straight Edge, background musicale di una certa imponenza e personaggio social amato. Abbiamo tutto quello che ci serve per fare un intervista interessante.

    Rebecca Zombie al lavoro

    D: Rebecca partiamo dall’inizio. Come ti sei avvicinata al mondo tattoo? Come sono stati i primi tempi?

    Rebecca: Com’è accaduto il tutto? Ho sempre adorato i tattoo sin da quando ero piccola, anzi forse ho sempre amato troppo quello che poteva essere un po’ freak da terrorizzare a tal punto la mia famiglia che hanno fatto i salti mortali pur di tenermene distante finché hanno potuto. Poi però è stato tutto un cazzo di casino perché proprio perché palesavo questa mia attitudine il mio percorso di studi è sempre stato tenuto distante da qualsiasi forma d’arte: liceo scientifico ed una giurisprudenza non finita. E’ stato difficile approcciarmi a questo mondo. Desideravo tatuare ma non avevo un briciolo di base artistica per farlo, ma a testa bassa si ottiene tutto se si vuole. Mi sono ritrovata con una macchinetta in mano a 24 anni e penso di aver tatuato ogni minuto che mi veniva concesso con la fame di imparare, piangendo almeno una volta giorno perché non mi sentivo all’altezza e perché avevo il terrore che non ce l’avrei fatta ma con tenacia ora siamo qui.  È un lavoro bellissimo dove ti devi fare il culo ogni giorno per crescere.

    D: Prima di arrivare a costruire il tuo attuale ATELIER ZOMBIE, hai fatto un percorso itinerante in vari studi. Vuoi parlarci di alcune esperienze? Il Dot.Work quando è arrivato come tua specializzazione?

    R: Di studi ne ho girati parecchi tra posti dove ho lavorato fissa, dove andavo come ospite e convention. Penso che nel terzo anno di professione sono riuscita a stare in Veneto non più di 15 giorni al mese, il resto ero sempre in giro, una vita un po’ da zingara, bellissima per certi aspetti e sfibrante per altri. Ammiro chi riesce ancora a farlo.  Ho 2 studi nel cuore in particolare: il posto da cui sono partita, La Malafede tattoo di Conegliano, dove con Federica Stefanello ci siamo fatte un culo cubico per emergere che nessuno immagina. Eravamo ossessionate da questo lavoro ma penso ne stiamo raccogliendo i frutti adesso. E poi ho potuto lavorare ai Trafficanti d’Arte di Milano, che io definisco il Tempio del Tattoo, perché potersi affiancare a Galdo per uno che fa quello che faccio io è il massimo che si possa desiderare. Il dotwork è arrivato dopo la classica gavetta del “faccio un po’ di tutto” per imparare: ricordo le notti passate a disegnare (perché non c’erano gli iPad, tavolette grafiche e menate varie) per preparare doppi progetti ai clienti: uno era quello che mi avevano chiesto loro, l’altro una versione “ornamentale” per far capire che anche quello esisteva e che volevo spingere su questo. Sento ancora gli arretrati di sonno se ci penso.

    D: A proposito di studi importanti (o avanguardistici in questo caso) tu hai sul corpo i segni di una seduta/performance di Valerio Cancellier, artista famoso per lo stile Brutal Black. Com’è nata l’idea di realizzare questa esperienza e che sensazioni ti ha dato?

    R: Valerio all’inizio lo conoscevo di fama. Vedevo i suoi lavori e mi piacevano tantissimo ma l’amore è scattato quando l’ho visto lavorare. Penso abbia una concezione molto intima del tatuaggio, lo trovo terapeutico. Ci sono stati momenti nella mia vita in cui portare sul piano fisico la sofferenza mi ha aiutato tantissimo a “buttarla fuori” e penso che Valerio faccia proprio questo. Si ha modo di elaborare e metabolizzare quel dolore. Sembra strano visto da fuori ma credimi ti senti una persona migliore dopo la seduta, perché hai oltrepassato un limite del tuo corpo. Lo hai comandato, gli hai fatto capire che sei più forte tu della sensazione del dolore in sé e questo mi fa star bene. Valerio è una così bella persona che riesce a rendere piacevole perfino il tempo della seduta passato insieme.

    D: Pratiche estreme e scelte estreme. Da poco hai abbracciato lo stile di vita Straight Edge. Come vivi questa filosofia? Cos’è per te essere Straight Edge?

    R: Mi piacerebbe definirmi straight edge al 100% ma non riesco ancora a togliermi il vizio del fumo. Posso però dire che sono già a buon punto, visto il quantitativo di vizi che avevo prima e tu lo puoi confermare (ride).   Allora.. devo esser sincera.. non è stato un vero approccio a questa filosofia.. ma è stata una conseguenza della consapevolezza che la mia vita mi piaceva.. e che non avevo più bisogno di vivere annebbiata ma di godermela. Perché è pazzesco ma da lucidi tutto è più bello.. diciamo che ora mi sento un anima nel mezzo.. cioè riesco a capire perfettamente chi non segue questa filosofia perché è stata la mia vita fino qualche anno fa.. senza giudizio ma con comprensione.. però allo stesso tempo non tornerei mai indietro ma senza negare il mio passato.. alla fine siamo il risultato delle nostre esperienze e io ho dovuto fracassarmi la testa tante volte prima di farmici entrare qualcosa.

    D: Musicalmente? Quali sono le tue influenze? Cosa ascolti lavorando?

    R: Nella mia testa siamo in 15 e quello che ascolto lo conferma.  Puoi entrare in studio da me e sentire i Cradle Of Filth (il mio grande amore adolescenziale come il black metal in generale) per poi passare a playlist drum and bass (Hospital Records docet) per poi beccarti giorni di boom bap in loop (rigorosamente anni 90). Solo la new wave e il post punk non riesco ad ascoltare mentre lavoro. Perché ho dei grossi problemi a star ferma se la sento. Però diciamo che negli ultimi anni Rap Old school per lo più. Se azzardassi ad un gruppo che mi ha fatto innamorare direi The Pharcyde tutta la vita. 

    D: Come vedi l’industria del Tatuaggio odierna? O il “Movimento” tatuaggio? Negli ultimi anni c’è stata un evoluzione o un involuzione?

    R: Questa è tosta. Allora, io tatuo da 12 anni, ma se mi paragono alle nuove generazioni mi sembra ce ne siano 100 che ci separano. A livello tecnico c’è stata un evoluzione eccezionale, ora possiamo far cose fighissime con strumenti che ci semplificano la vita e ci permettono una precisione che una volta sognavamo. Però i social… i social sono il vero problema a mio parere. C’è più gente che vuole fare il tatuatore che far tatuaggi. E a mio parere son 2 cose diverse. Siamo in un epoca che ci fa perdere più tempo a crear contenuti interessanti che permetterci di concentrarci su quello che creiamo, però allo stesso tempo se ti isoli da questo meccanismo cadi nell’ombra. Confido nel fatto che un giorno o l’altro crollerà questo sistema e tornerà a parlare solo quello che lasciamo effettivamente su pelle. Penso che il fine ultimo sia il tatuaggio, il resto deve essere solo un contorno.

    D. Controversy

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