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    Tracce musicali: variazioni sui temi di Franco Battiato

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    Tentare di sintetizzare l’opera di Franco Battiato è un atto tanto arduo quanto, probabilmente, vano. Accostarsi al cuore pulsante dell’attività di ricerca musicale e spirituale del cantautore siciliano si configura, invece, come un’occasione. Come la possibilità di scovare tracce e spunti, itinerari di lavoro. In linea con quanto lo stesso Battiato ha sostenuto, a più riprese, negli anni. Due riflessioni, tra le innumerevoli lasciate in eredità, restituiscono in modo decisivo il profondo nucleo unitario dell’opera di Franco Battiato. Due riflessioni lontane nel tempo ma vicine nello spirito, seppur apparentemente contrappuntistiche. Due riflessioni su cui si innerva una produzione musicale smisurata, composita, in continua evoluzione, dalle più disparate traiettorie. Dall’iniziale sperimentalismo al successivo approdo alla forma canzone, transitando per una mai sopita ricerca sulla composizione classica. Franco Battiato ha percorso, transitando per i più diversi mondi musicali, un itinerario di consapevolezza, mosso da un’instancabile curiosità. E probabilmente è proprio questo il più grande lascito donato ai propri ascoltatori, nell’avvicendarsi dei più disparati temi di una polifonica ricerca musicale e spirituale. L’invito al lavoro, all’elaborazione, all’approfondimento.

    A prescindere dall’adesione o meno a ciò che si legge, ascolta, consuma. Indipendentemente dall’integrale condivisione di ciò di cui ci si nutre, ci si alimenta e che, metabolizzato, si fa corpo e mente. Anche perché la condivisione integrale di un contenuto fa presto a farsi Diktat, passiva ed acritica accettazione di ciò che si legge, ascolta, consuma. E che, facendosi corpo, diventa copia, simulacro, mera imitazione.  

    Abitare l’opera di Battiato significa, inevitabilmente, confrontarsi con spunti, accenni, tracciati che eccedono il perimetro del convenzionale. Sia sul piano della proposta musicale, sempre sapientemente refrattario a qualunque imposizione e netta categorizzazione gerarchizzante. Sia sul piano della speculazione culturale, fin troppo lontana dai più diffusi ed accettati modelli del vivere occidentale. Condividere o meno strutture, lineamenti ed assunti propagati dal cantautore siciliano è una pratica individuale. Fondata, più o meno marcatamente, su un’imprescindibile attitudine: la disponibilità alla ricerca. L’essere disposti a farsi carico della complessità del reale e di volgersi a ciò che si può definire l’eccedenza dell’essere. Espressione, quest’ultima, ad un primo sguardo oscura ma incredibilmente potente e dalla lunga gittata. L’eccedenza dell’essere: l’oltre rispetto al già-dato, l’altrove del qui ed ora, l’ulteriore di ciò che si ha al momento a disposizione. Pratica difficile ma di fondamentale importanza se si vuole intraprendere un’opera di perfezionamento di sé e del mondo.

    Di cura di sé e del mondo, al di là di ogni imposizione che si pretende assolutistica: «Quanto è squallida la vita degli abusi di potere». Occorre rifarsi alla distinzione tra potestas e potentia per ben comprendere il messaggio di Battiato. Il primo termine designa il potere autoritario, imposto, prevaricante che opprime e comprime le esistenze individuali. Con il secondo termine si intende il potere in quanto influenza che, nel bene e nel male, caratterizza le nostre vite. Anche in maniera involontaria, inconscia, naturale. Lo stesso potere che, in questo momento – per un motivo o per un altro – porta il lettore a leggere queste righe. Vuoi perché amico di chi scrive, vuoi perché estimatore di Battiato o perché mosso dalla semplice curiosità o dalla voglia di contestare i contenuti. Qualunque sia la prospettiva, qualcosa motiva la lettura e questo qualcosa è, almeno in parte, potentia. Ed ognuno di noi, in questa nebulosa, è ascoltatore e produttore, antenna ricevente ed antenna trasmittente, dispositivo che accoglie, metabolizza e costruisce. Frammento della nebulosa della comunicazione, nel più intimo ed originario significato etimologico del termine. Comunicare: dal latino cum e munire, legare con, costruire con, dono reciproco e, allora, ecco emergere nella loro potenza le due riflessioni che significano unitariamente il policromatico tracciato di ricerca di Battiato.

    La prima – come riporta il musicista Carlo Boccadoro nella sua ultima opera Cafè-Table-Musik – è contenuta nel libretto allegato alle prime edizioni del disco Clic. È il 1974. In uno di questi testi esplicativi, Battiato sosteneva: «Anzitutto cominciamo col dire che siamo tutti compositori, e che è proibita la proprietà acustica nel senso stretto del termine: se io, per esempio, scrivo un pezzo e lo sottopongo al tuo ascolto, dal momento che siamo diversi e molto anche (per interessi, per educazione, per neuroni eccetera eccetera) la mia musica, dentro il tuo io, cambia completamente. A questo punto sei tu il compositore, io ti ho fornito solamente il materiale sonoro, più o meno stimolante, ma le tue elaborazioni (almeno per adesso) sono diverse dalle mie» La musica è qui intesa come un canale di accesso, di approfondimento, come un’occasione di elaborazione e rielaborazione del reale. L’ascoltatore è, al contempo, destinatario del contenuto ascoltato e mittente nell’elaborazione e riproposizione dello stesso. Ecco, dunque, che la musica si configura come una proposta, un invito, non come un’imposizione. Spunto, fenditura, itinerario di ricerca che impegna tanto il compositore quanto l’ascoltatore. Quarant’anni dopo, è lo stesso Battiato a tornare sui temi in questione, in occasione di interventi diversi ma mossi da un unitario benché mobile assunto di fondo. Secondo il musicista, fare arte non significa compiacere il pubblico, restituendogli costantemente ciò che si aspetterebbe o vorrebbe. Parametrare il fare artistico solo ed esclusivamente sulla richiesta del fruitore equivarrebbe, al contrario, ad una forma di tradimento nei confronti del libero ruolo dell’artista stesso, impegnato com’è – continua Battiato – a mettere e mettersi alla prova sul piano esistenziale.

    A primo impatto la posizione del cantautore siciliano sembrerebbe discostarsi da quanto sostenuto in precedenza – cosa, in sé, lecitissima. Sostandoci a fondo, però, sembra che un intento unitario irrori l’operare di Franco Battiato. La musica continua a non essere un atto di piaggeria, di compiacenza nei confronti del pubblico. Né un’imposizione univoca nella struttura, nei modi e nei motivi da parte dell’autore. La musica continua ad essere, invece, dalla prospettiva di Battiato, una proposta, un invito, un cenno da abitare. Non una risposta preconfezionata, non un riscontro rassicurante, ma una soglia sulla quale l’ascoltatore è chiamato a sostare. Nel segno della ricerca, del perfezionamento del sé e del mondo, sulla scorta dello straordinario patrimonio lasciato in eredità da chi la musica la pratica. Se l’arte si struttura come uno dei più fecondi itinerari di espansione teoretica e vitale, tocca a noi viverla e vivificarla. Abitarne e custodirne la profonda gittata esistenziale di cui è vettore, veicolo, volano, catalizzatore. La proposta musicale di Franco Battiato, che della sua musica, della sua ricerca, ha fatto una proposta che sprigiona ancora oggi la sua risonante viva voce. Abitarla significa oltrepassare steccati, dilatare la propria esistenza.

    ®Riproduzione Riservata

    Mattia Spanò

     

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