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    Ray-Ban Stories: Agente 00Facebook, il mio nome è Zuckerberg, Mark Zuckerberg!

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    Sembrava fantascienza e invece sono ormai realtà: lo scorso nove settembre sono stati presentati ed immessi sul mercato i nuovi occhiali smart della collezione Ray Ban in collaborazione con Facebook. Il nome, senza troppa fantasia, è Ray Ban Stories, che a detta dell’azienda di Menlo Park dovrebbero essere dei rivoluzionari occhiali destinati ad un pubblico di affamati e folli desiderosi di cambiare il mondo. Peccato che però il caro vecchio Zuckerberg (per gli amici Zuck) sembra essersi dimenticato che un paio di occhiali molto simili siano stati già progettati da Snapchat, altra applicazione che si contende lo scettro dei social network.

    Gli Spectacles, gli occhiali smart lanciati da Snapchat

    Snapchat è diventata negli ultimi anni il social network preferito dalle aziende e da agenzie pubblicitarie per via della grande presenza di milioni di giovani utenti che la utilizzano quotidianamente. L’azienda del fantasmino giallo da un punto di vista imprenditoriale risulta essere rivoluzionaria ma con meno risorse economiche rispetto a Facebook per poter finanziare in toto le proprie idee, nettamente migliori alle volte da un punto di vista software. Ciò fa si che servino su un piatto d’argento le proprie idee a colossi quali Facebook, che migliorano l’idea non tanto dal punto di vista software quanto da un punto di vista hardware. L’esempio più lampante sono le cosiddette Stories, che hanno consentito all’azienda  un monopolio di cui nessuno aveva bisogno fino a quel momento e al quale ormai tutti facciamo sommessamente riferimento, senza chiederci se la cosa ci vada bene così per una sorta di idem sentire. Ed è un po’ quello che è successo con la realizzazione di questi occhiali bionici che ci fanno sentire degli agenti segreti: il team di Facebook ha preso l’idea software di Snapchat , rivedendola un poco per poi implementarla all’interno di un occhiale sicuramente bello dal punto di vista estetico, ma che onestamente sa di minestra riscaldata in quanto si tratta dei Wayfarer Classic, modello di occhiali leggendario indossato da cantanti, attori e reso immortale da Dan Aykroyd e  John Belushi nel film The Blues Brothers e che oggi trova la sua dimensione in tempi in cui la tecnologia è parte sempre più integrante della nostra quotidianità.

    L’attore Daniel Craig, moderno interprete dell’agente 007 James Bond

    Da un punto di vista imprenditoriale e di innovazione Zuckerberg ha in qualche modo sposato la politica di casa Apple, facendo sua la massima secondo la quale una volta che la “novità” tecnologica è stata testata da altri anche da un punto di vista commerciale senza impattare sulle loro tasche, allora è il momento per aggiungere una nuova freccia al proprio arco. Tutto questo per cercare di toccare le corde del cuore di quella fetta di pubblico che ha perso interesse nei confronti del social network dal logo blu, cercando di prendere il meglio di un progetto già esistente, migliorandolo strutturalmente ed inserendolo all’interno del proprio ecosistema social che già prevede l’app di messaggistica istantanea WhatsApp e Instagram. Questo rende decisamente più grande il proprio monopolio, rendendo propria un’idea già vista in chiave più accattivante perché all’interno di un sistema sicuro e conosciuto. Un operazione che ricorda quella fatta da Apple con i display a 120 Hz. L’unica differenza però è che Tim Cook ha avuto almeno la decenza di cambiare nome a questa tecnologia, cosa che invece Facebook non ha fatto.

    Facebook e Snapchat: Spectacles e Ray-Ban Stories a confronto. E’ nato prima l’uovo o la gallina?

    Ma soffermiamoci un momento sul piano puramente tecnico: un punto positivo di questi occhiali intelligenti è sicuramente l’applicazione realizzata appositamente in funzione degli occhiali. Se per gli Spectacles di Snapchat era necessario passare attraverso il social per utilizzare le funzioni degli occhiali, nel caso dei Ray-Ban Stories non è necessario aver installato Facebook all’interno del dispositivo. Infatti basta avere un account anche appena creato unicamente per fornire a Facebook le informazioni necessarie per utilizzare il prodotto. L’app in questione risulta essere abbastanza curata, anche se ancora da migliorare a differenza dei concorrenti. Al suo interno è presente un player da dove è possibile ottimizzare le immagini ed i video in due differenti formati, quello orizzontale stile prima persona e quello verticale per consentirne il caricamento sui vari social come per esempio Twitter. Ma le funzionalità degli occhiali smart marchiati Facebook non finiscono qui: infatti si può ascoltare la musica o effettuare chiamate grazie ai due mini speaker presenti sulle due aste. Quest’ultima risulta essere idea abilmente trafugata alla Bose che già anni fa aveva immaginato un paio d’occhiali per ascoltare la musica per mezzo della cosiddetta conduzione ossea. Questa tecnologia non sfrutta il timpano per propagare il suono ma le ossa del cranio. In tal modo gli auricolari funzionano emettendo piccole vibrazioni sulle ossa poste tra mascella e mandibola, vicino all’orecchio. A lungo andare però, la conduzione ossea potrebbe risultare nociva sul lungo periodo: anche in questo caso il Markino non si è di certo tirato indietro, riproponendo di fatto un flop parziale di un’azienda leader nel settore dell’acustica per sfruttarlo a suo vantaggio, migliorando le criticità (come ad esempio la conduzione ossea) inserendo  degli speaker fisici e rendendo le aste soft touch per consentire di rispondere o di rifiutare la chiamata consentendo di gestire la riproduzione musicale. Il tutto corroborato da un’assistente vocale dedicato e dalla qualità Ray-Ban, che rende il tutto un’ottima trovata per Facebook

    Gli occhiali smart di Bose, i Bose Frames

    Ma è davvero tutto oro quello che luccica? Sembrerebbe proprio di no, dato che dopo tutte queste mirabolanti performance i capoccioni di Facebook si sono persi nella parte più importante ovvero quella della registrazione video. Questo dettaglio decisamente non da poco è da ricercarsi in una mancanza sia da un punto di vista qualitativo che delle tempistiche, perché se con gli Spectacles di Snapchat si potevano registrare dei mini video dalla durata di 15 secondi per una durata massima di un minuto, nel caso dei Ray-Ban Stories ciò non è possibile in quanto il massimo consentito è di 30 secondi, al termine dei quali sarà necessario far ripartire manualmente la registrazione. Altra nota dolente è la qualità delle foto e dei video perché se da un punto di vista hardware e software le due lenti fanno un ottimo lavoro per garantire la stabilità dell’immagine (unificando le immagini delle due lenti e creandone di fatto una sola) la stessa cosa non si può dire da un punto di vista di nitidezza. La risoluzione delle foto al momento arriva fino a 2592x1994px mentre i video vengono registrati con una qualità di 1184x1184px, da modificare tramite l’editor dedicato post cronometraggio.

    La versione Wayfarer dei Ray-Ban Stories, gli occhiali smart di Facebook

    Non sarà forse che Zio Zucchina, nel tentativo di godersi la sua nuova trovata, si sia addormentato al sole al riecheggiante suono dei suoi milioni sonanti, avendo preso una brutta insolazione e causando così il down del suo monopolio di social network? Chi pubblicherà Stories, vedrà.

    Alan Comoretto

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    Appassionato di tecnologia, cinema, musica, fumetti e teatro. Scrivo su diverse tematiche con uno stile pungente e riflessivo, negli anni ho collaborato anche con alcuni editori italliani del fumetto, ho curato diversi progetti online e mi occupo tra le altre cose del montaggio video professionale di diversi video pubblicati su canali Youtube.

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