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    Il caso Måneskin, ovvero come si può imparare a fottersene del resto e tornare ad amare del rock

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    E anche quest’anno, il Festival di Sanremo ce lo siamo levati dalle palle. Ciò che facciamo fatica invece a toglierci dalle palle, attaccati come perseveranti piattole all’intimo boschetto dell’opinione pubblica, è la naturale propensione alla polemica. La polemica, novella materia di studi in cui molti sono plurilaureati. Vi è anche la specialistica, la polemica sterile, pronta a palesarsi immantinente in ogni occasione e su qualsiasi tema. L’importante è fare casino e far vergognare Darwin, intento a usare come supposta la sua Teoria dell’Evoluzione, urlando a squarciagola chi cazzo gliel’ha fatto fare di inserire i termini esseri umani ed evoluzione nel medesimo concetto. Polemiche che proliferano sempre di più generando figli sempre più piccoli che diventano, pian piano, sempre più grandi alimentati dalla noia cosmica di questi tempi assurdi ed incerti. Spesse volte i social network sono come un luccicante cesso dorato nel quale far sguazzare le più portentose minchiate.

    I social network, spesse volte, sono come un luccicante cesso dorato nel quale far sguazzare le più portentose minchiate

    Viviamo in tempi in cui vige la regola dell’effetto fotocopia: pochissime cose sono in grado di essere realmente innovative e fare il successo. Il resto si conforma e si adegua a ciò che tira di più. E non vi è cosa più dannosa, oltre a questa aridità creativa, di coloro che si lamentano del fatto che la musica non suona più come ai loro tempi perché NON è più quella dei loro tempi. Una critica sacrosanta, se fosse corroborata da un certo buonsenso che dovrebbe (e qui, come in ogni frangente, il condizionale è d’obbligo) fugare ogni dubbio. Anche frantumare una chitarra elettrica è in grado di creare un vespaio di polemiche inutili, sterili, risibili e talmente idiote da fare fatica a credere come possano restare in piedi.

    Un recentissimo esempio di polemica sterile

    Queste fottute premesse generano automaticamente la polemica dell’individuo medio, che tende ad abiurare a priori la vittoria dei Måneskin, bollandoli di essere il sottoprodotto dei talent show e di essere lontani anni luce dal rock. Polemiche che giungono dalle stesse persone che si lamentano che da anni il rock è diventato, in Italia, suono assai raro destinato a pochi e testardi custodi. Quando però il suono di una chitarra distorta e di un concetto di rock tornano a squarciare quella tela di abrutimento musicale che si è impossessato del panorama musicale (e giovanile) nostrano degli ultimi dieci anni, non va bene neanche questo. Non va bene perché non sono i Pink Floyd, i Led Zeppelin, i Queen, i Nirvana o qualsiasi altro gruppo che ha fatto la storia del rock. E grazie al cazzo. Ma che tipo di disquisizione si può intavolare con chi non riesce ad andare al di là del proprio naso?

    I Maneskin al completo

    La vittoria del Festival di Sanremo da parte dei Måneskin è sicuramente uno scossone, un potente riff di chitarra elettrica che abbatte con la giusta fottuta violenza tutto ciò che vi è stato fino adesso. Potrebbe essere l’inizio di un’italica rivoluzione musicale? Si spera di si. Questa vittoria potrebbe instillare nelle nuove generazioni l’amore per un genere musicale che non sentono istintivamente loro? Probabilmente si. Il rock potrebbe ripartire anche da questo per cercare di tornare ad avere il suo giusto spazio commerciale? Forse. Come può anche darsi che la risposta a tali quesiti possa essere negativo. Partendo sempre dal presupposto che i gusti sono gusti, fare i paragoni con i grandi del passato non calza. Semplicemente perché gli immortali sono diventati tali in periodi culturalmente e musicalmente completamente diversi da quelli attuali. In ogni caso c’è sempre quella fantastica formula secondo la quale, se qualcosa non piace, si può anche andare oltre. Provare, per credere. E al sabato…

    Hank Cignatta

    © Riproduzione riservata

    https://www.youtube.com/watch?v=0bHSjxtXMmQ

    Sono la mente insana alla base di Bad Literature Inc. Giornalista pubblicista, Gonzo nell’animo, speaker radiofonico, peccatore professionista, casinista come pochi. Infesto il web con i miei articoli che sono dei punti di vista ( e in quanto tali condivisibili o meno) e ho una particolare predisposizione a dileggiare la normalità. Se volete saperne di più su di me e su Bad Literature Inc. leggete i miei articoli. Ma poi non dite che non siete stati avvertiti.

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