Il giornalismo cartaceo e digitale: l’eterna lotta tra due realtà che non sanno comunicare tra loro
La centralità sempre più importante del giornalismo digitale deve portare a fare un’importante ed accorata riflessione sul futuro della fruizione delle notizie e della loro diffusione. Viviamo in tempi in cui una notizia è in grado di fare il giro del mondo in pochissimi click grazie al progresso di Internet e dei social media, importanti strumenti per cercare di rendere questo triste e sporco mondo leggermente migliore. Ma proprio lo sviluppo di questi strumenti hanno fatto si che la disinformazione non fosse più solamente un termine frequentemente utilizzato dagli addetti ai lavori della notizia. Le cosiddette fake news, come dicono quelli bravi, hanno incominciato ad inondare le redazioni anche delle testate giornalistiche più blasonate, diventando un serio problema per tutti coloro che vogliono realmente rimanere aggiornati sul mondo che li circonda. Un problema serio e quotidiano, una vera e propria piaga che pare difficile da debellare.
Proprio per tale motivo, in una società sempre più liquida, frettolosa e sempre più tristemente attenta all’apparenza che alla sostanza, bisogna cercare di far convergere l’informazione verso una direzione di costante qualità. Per poter arrivare a questo bisognerebbe (il condizionale è d’obbligo) passare attraverso diversi passaggi che, stando a quanto ancora non è avvenuto in tutti questi anni almeno in Italia, pare essere una rivoluzione davvero troppo ardua da attuare. Uno su tutti è la formazione professionale ma soprattutto deontologica dei giornalisti, che devono tornare ad essere dei seri e precisi operatori dell’informazione. Tale rivoluzione è stata decantata e promessa talmente tante volte che non ci crede più nessuno, facendo adagiare una situazione che in tutti questi anni ha assunto toni decisamente drammatici e grotteschi con conseguenze che sono state palesi durante la pandemia di Coronavirus.
Il nodo gordiano è l’eterna diatriba tra il giornalismo cartaceo e quello digitale: il primo rivendica una centralità assoluta, nonostante vi siano numeri che da anni indicano un andamento che fa pendere l’ago della bilancia a favore del digitale (da ricercarsi anche nel ricambio generazionale e della diffusione dei dispositivi tecnologici). Il secondo rappresenta la naturale evoluzione di qualcosa che è stato e continua ad essere fondamentale per l’umanità, declinato in un contesto più fresco e giovane. Comprare e leggere un quotidiano nella sua versione cartacea è davvero una buona abitudine ma continua ad essere retaggio delle generazioni antecedenti all’innovazione tecnologica. E’ decisamente molto più comune ricevere il link di una notizia sui vari social o leggerla sulle app aggregatrici di notizie che permettono di scegliere l’argomento del quale si vuole leggere gli articoli e di ricevere aggiornamenti a cadenza oraria. Il fenomeno della chiusura delle edicole nelle grandi città italiane è uno dei campanelli d’allarme di come l’editoria stia cambiando pelle e, di conseguenza, anche il giornalismo.
L’amministratore delegato del New York Times, Mark Thompson, in una recente intervista si è lanciato in una dichiarazione che ai più attualmente sembra come una funesta profezia: entro il 2040 il NYT scomparirà dalle edicole, come già capitato per altre realtà editoriali come ad esempio Playboy . Questo fa riflettere sul fatto che, in una grave crisi come quella che stiamo vivendo dettata dal Coronavirus, il giornalismo digitale non è solo il futuro dell’informazione ma anche la soluzione per la sua salvezza. D’altronde è una questione di logica: se non si sta al passo con i tempi si rischia di essere spazzati via dalla concorrenza e da idee più funzionali ( Blockbuster e Netflix docet). Il digitale permette anche una partecipazione più attiva del lettore, che riesce a sentirsi realmente parte di una comunità di persone che vogliono restare informati sul mondo che li circonda. Per non parlare di quell’immediatezza di aggiornamento della notizia che il cartaceo, per questioni oggettive, non può avere. Le tradizioni non si dimenticano, certo. Ma pensare di poter fermare il progresso è la cosa davvero anacronistica.
Hank Cignatta
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