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    Playboy, dalla rivoluzione sessuale degli Stati Uniti a quella editoriale

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    Tra i tanti marchi che sono entrati prepotentemente all’interno dell’immaginario collettivo molto probabilmente quello di Playboy è uno tra i più famosi e riconoscibili. Questo grazie al suo inconfondibile logo, grazie al quale ha avuto modo di scrivere una delle pagine più importanti ed interessanti della luccicante società occidentale. Tra le sue luci, i suoi suoni, i soldi e le voluttuose tentazioni che minano la strada che porta verso una vita piena di rettitudine vi è anche la storia di Playboy.

    Hugh Hefner (al centro), editore e fondatore di Playboy

    La storia di Playboy ha inizio nel 1953, quando il suo fondatore ed editore Hugh Hefner diede alle stampe il primissimo numero della rivista. Quest’ultima non recava da nessuna parte la data poiché lo stesso Hefner pensava che il progetto editoriale non avrebbe avuto successo da giungere alla pubblicazione di un secondo numero. Dopo il successo del primo numero, che vedeva tra l’altro immortalata nel famoso paginone centrale e nella copertina una giovanissima Marilyn Monroe, Playboy veniva pubblicato con cadenza mensile. Tra i vari contenuti nella rivista venivano proposti articoli di costume, sport, moda, politica, interviste a personaggi illustri di diversi settori e contributi di autori famosi. Numerose celebrità del mondo dello spettacolo ( cinema, sport, televisione e musica) hanno posato per le copertine e le paginone centrali di Playboy.

    La copertina del primo numero di Playboy che ritrae una giovanissima Marilyn Monroe

    Nel corso degli anni si è creata una vera e propria leggenda attorno a Playboy e al ruolo del suo carismatico fondatore ed editore Hugh Hefner. La sua figura è entrata nell’immaginario collettivo della cultura di massa statunitense e mondiale come sinonimo di successo, non solo con il mondo femminile. Viveva infatti nella sua sontuosa villa, la Playboy Mansion, sua abitazione e sede della rivista, diventata negli anni famosa sia nel jet set internazionale che tra i media per il successo e la trasgressione delle feste che Hefner era solito organizzare. Il suo volto dall’espressione gigionesca, la sua vestaglia di raso bordeaux e nero e il cappello da marinaio sono diventati negli anni uno dei suoi tratti distintivi che gli hanno permesso di creare questo personaggio che in grado di coniugare sempre eleganza, opulenza e le donne più belle del mondo.

    Alcune copie recenti di Playboy

    Playboy ha avuto un ruolo importante per la rivoluzione sessuale in quegli Stati Uniti puritani e bacchettoni dove bisognava fare ogni cosa nell’ottica che non fosse una mancanza di rispetto verso Dio. Esattamente con la stessa portata di un fulmine a ciel sereno la rivista di Hefner ha permesso non solo di offrire un prodotto editoriale che potesse essere un fine intrattenimento per i sensi dell’uomo ma anche di creare uno strumento che potesse esaltare la bellezza della donna senza alcun tipo di stereotipo o barriera di sorta. Come spesso accade in questi casi sia Hefner che la sua creatura sono andati incontro negli anni a furiose polemiche, come quella avvenuta negli anni Settanta con delle ferventi attiviste del movimento femminista che lo hanno accusato di dare un’immagine sbagliata della donna, come mero strumento oggetto. La più bella definizione di ciò che cosa è Playboy e il significato del suo logo (e di Playboy stesso) Hef l’ha data nel corso di un intervista rilasciata alla giornalista italiana Oriana Fallaci, alla quale ha detto di aver scelto il logo del coniglio in quanto è una bonaria icona all’allusione sessuale. La rivista ha anche saputo pubblicare interviste a importanti personaggi politici, con un taglio particolare ed irriverente che altre realtà editoriali non avevano mai fatto.

    Una Playmate in visita alle truppe americane durante la guerra del Vietnam

    In sessantasei anni di presenza nei media statunitensi e mondiali e come uno dei punti nevralgici dell’immaginario collettivo globale, Playboy è passato attraverso diversi momenti della storia moderna. Ha contribuito in maniera significativa a quella rivoluzione sessuale che ha fatto si che le donne ritratte sulle sue copertine o nei suoi paginoni centrali fossero libero di farlo, di fornire alla rivista e al suo creatore degli scatti che in fin dei conti rimangono una forma d’arte. E’ riuscito anche a superare le numerose critiche che le associazioni femministe gli hanno mosso nel corso degli anni, attaccando duramente Hefner e la sua pubblicazione, colpevoli di diffondere l’immagine della donna come mero oggetto atta a soddisfare i basici istinti maschili. E per qualche anno è riuscito anche a resistere alla scomparsa del suo carismatico editore e fondatore Hugh Hefner, avvenuta nel 2017. Ma in tempi strani ed incerti come quelli che stiamo vivendo oggi, con la minaccia sempre più crescente e reale del Coronavirus che sta letteralmente bloccando tutto il mondo, questa pare essere il canto del cigno della prima parte di vita di quella che è molto di più di una semplice rivista. Quest’ultimo, infatti, ha fatto crollare vertiginosamente le vendite della sua edizione cartacea, spingendo i vertici di Playboy a dichiarare che il numero che uscirà la prossima primavera sarà l’ultimo della sua edizione cartacea. Playboy sparisce quindi dalle edicole americane per approdare nella sola edizione digitale, decisi anche dagli incoraggianti numeri che hanno visto un aumento del 30% degli abbonamenti dell’edizione digitale della rivista. Questo è anche dettato dalla profonda crisi che il settore editoriale tradizionale sta attraversando e che sta di fatto cambiando in modo radicale il modo di fare e di fruire l’informazione. Si chiude quindi un’era importante di una delle realtà editoriali più importanti di sempre e che, speriamo, possa essere declinata nei tempi moderni.

    Hank Cignatta

    ® Riproduzione riservata

    Sono la mente insana alla base di Bad Literature Inc. Giornalista pubblicista, Gonzo nell’animo, speaker radiofonico, peccatore professionista, casinista come pochi. Infesto il web con i miei articoli che sono dei punti di vista ( e in quanto tali condivisibili o meno) e ho una particolare predisposizione a dileggiare la normalità. Se volete saperne di più su di me e su Bad Literature Inc. leggete i miei articoli. Ma poi non dite che non siete stati avvertiti.

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