David Duchovny, l’attore che può permettersi di fare il cazzo che gli pare
David Duchovny è quel tipo di attore dal quale ti aspetti quel tipo di interpretazione che fa ancora ben sperare per un mondo dello spettacolo composto da divinità pagane che si prendono troppo dannatamente sul serio. La maggior parte del grande pubblico (e della generazione cresciuta negli anni Novanta) lo ricorda per il ruolo dell’agente dell’FBI impegnato con casi paranormali Fox Mulder nella serie cult X Files. Questo ruolo gli ha permesso di diventare uno dei volti più famosi e riconoscibili della storia delle serie tv. Roba niente male direte voi. Senza ombra di dubbio. Però essere etichettato sempre come quello-che-fa-il-poliziotto-che-combatte-gli alieni-quando-vogliono-venire-a-infilarci-qualcosa-nel-culo non è decisamente il riassunto migliore per una carriera decisamente ricca di esperienze.
Sembrava quindi difficilissimo, quasi impossibile, cercare di lanciarsi in qualche nuovo progetto che potesse prendere la maschera di Mulder e metterla da parte per un periodo di tempo indefinito. Invece il “miracolo” avviene nel 2007 quando fa parte del cast della serie tv Californication: qui veste i panni di Hank Moody, famoso scrittore maledetto di Bukowskiana ispirazione il cui talento letterario è proporzionalmente uguale a quello nel mettersi nei guai più disparati. Un ruolo cucito addosso per il buon “vecchio” Duchovny, il quale non deve sforzarsi più di tanto ad interpretare un personaggio che, in fondo, ha sempre albergato nelle pieghe più profonde del suo animo. Duchovny quindi è molto più Moody rispetto a Mulder, per una serie evidente di motivi. Moody è l’alter ego televisivo perfetto dell’attore, che ha portato nella sua vita professionale e personale ciò che ha messo in scena con questo personaggio nel corso delle sette stagioni di Californication.
Il volto di Duchovny adesso quindi non è più solamente (ed eternamente) legato al personaggio di Mulder ma anche a quello di Moody che tanto ha insegnato all’attore il quale decide di intraprendere altre strade oltre a quella recitativa. Nel 2015 scrive il suo primo libro, Porca Vacca, che narra le gesta della mucca Elsie Bovary, fiera della sua condizione di mammifero. Tutto sembra scorrere come sempre nella fattoria quando una sera Elsie guarda dentro la casa del fattore e li vede tutti attorno ad una sorta di scatola Dio che trasmette immagini di allevamenti intensivi. Da qui parte il desiderio di Elsie di partire verso un posto più sicuro, accompagnata dagli altri animali così dannatamente umani che popolano la fattoria. Parallelamente a ciò decide di imparare a suonare la chitarra e nello stesso anno incide il suo primo album rock, Hell or Highwater, a cui segue Every Third Thought del 2018.
Sostanzialmente David Duchovny è un artista che può permettersi di fare il cazzo che gli pare poiché gli riesce dannatamente bene. E se, stando a quanto riportato in alcune recenti interviste, è proiettato ad approfondire la sua nuova vita artistica che lo ha visto diventare apprezzato scrittore e musicista, così sia. C’è sempre tempo per tornare davanti (o dietro) alla macchina da presa.
Hank Cignatta
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