E noi come stronzi rimanemmo a guardare, la triste ma reale analisi dei giorni d’oggi
Giunge quasi la metà di Giugno, un mese dalle anomale temperature che arroventa prematuramente la mia quotidianità. Tra un turno in radio, progetti in arrivo e articoli nuovi di zecca mi lancio nell’estiva disciplina olimpica della sudorazione da competizione. La sera, in cerca del fresco e di quella pace in grado di darmi la tranquillità che disperatamente ricerco, mi affido a quel famoso algoritmo che tutto fa e che tutto sa, sperando che non sia così troppo figlio di puttana da farmi incazzare anche di sabato sera. Scorro tra i vari titoli offerti dal servizio di video on demand (come direbbero quelli che sanno scrivere per davvero) che mi offre una serie di titoli cinematografici di tutto rispetto. Non ho molta voglia di seguire qualcosa di particolarmente complicato: sono alla ricerca di qualcosa che sia in grado di catturare la mia attenzione quel tanto che basta per evitare di mandarmi in totale catalessi. Mi ricordo di un film che un mio collega della radio mi ha consigliato e decido di cercarlo: lo trovo e senza pensarci sopra sfondo con il mio dito enorme il tasto play.
Il film in questione si intitola E noi come stronzi rimanemmo a guardare, titolo che riassume in modo quasi poetico (sul serio, non sono ironico) la triste piega che questo mondo soltanto in apparenza libero ha ormai già preso. Vede la regia di Pierfrancesco Diliberto, in arte Pif, qui alla sua terza prova dietro la macchina da presa (dove compare anche attivamente come attore) ed è una produzione Sky Original. Girato in parte qui a Nevrotic Town (o Torino, se siete amanti del cinema) narra le vicende di Arturo Giammarresi (interpretato dal mitico Fabio De Luigi), manager aziendale che progetta un tipo di algoritmo in grado di determinare l’efficienza produttiva dei dipendenti. Per un beffardo gioco del destino viene egli stesso licenziato dall’azienda per la quale lavorava, ritrovandosi così a cinquant’anni a rivedere le sue priorità e a cambiare di colpo la sua esistenza. La sua compagna Lisa, avvezza a feste e al mondo del jet set, lo abbandona in quanto non più in grado di permetterle quello stile di vita alla quale era abituata: Arturo si ritrova così ad accollarsi i costi di una casa le aveva comprato per quella che sperava potesse diventare sua moglie e madre dei suoi figli.
Affranto ma non sconfitto, Arturo si rimette in gioco inviando curriculum a decine di motori di ricerca per annunci di lavoro, scontrandosi con la difficoltà di farsi strada nella giungla del mondo del lavoro. Riesce a trovare lavoro come fattorino (o raider, se siete amanti dei neologismi moderni) per Fuuber, multinazionale che inizia a controllare ogni ambito della quotidianità. Intanto per cercare di ammortizzare i costi di gestione della casa, trova un coinquilino di nome Raffaello (interpretato da Pif), insegnante di filologia romanza che arrotonda il suo misero stipendio lavorando come autore di commenti carichi d’odio sui social network. Per Arturo ha inizio la presa di coscienza di una nuova vita che lo porterà a comprendere come un fottuto algoritmo non è in grado di riuscire a sostituirsi ai sentimenti, quelli capaci di dare il ritmo alla vita.
E noi come stronzi rimanemmo a guardare potrebbe essere all’apparenza un filmetto semplice, capace di far storcere il naso a quei finti benpensanti che criticano a priori tutto ciò che è di italica produzione. Questo film, invece, è decisamente molto di più: è una critica feroce ma al tempo stesso fottutamente intelligente al sistema messo in piedi da questa moderna società che va perennemente di fretta, che ha velleità di emancipazione su ogni fronte ma che puntualmente annega malamente in mezzo bicchiere d’acqua. E’ un film capace di far riflettere senza essere un mattone polacco minimalista di regista morto suicida giovanissimo, che scorre assai bene e che fa ridere amaro sulle cose che quotidianamente ci circondano e che siamo troppo ciechi per poterle analizzare per quello che sono realmente: delle puttanate galattiche.
Hank Cignatta
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