
Paura e delirio a Catania: cronaca di un disastro annunciato Parte I
Catania. Ventidue ottobre 2021. Il mio appartamento. Punto il telecomando in direzione del mio televisore e faccio fuoco, accendendo quell’anacronistica scatoletta ormai piatta che i piu’ definiscono vetusta. Il meteo parla dell’arrivo di una possibile perturbazione nel territorio siciliano: nel dettaglio si parla di piogge sparse, definite autunnali. Nulla di particolarmente allarmante, semplici rovesci di stagione. La mattinata prosegue tranquilla fino alle 11:30 circa, quando le cronache locali battono la notizia che quella perturbazione di cui si parlava si è rivelata essere in realtà un violento nubifragio. Il tutto è stato sicuramente poco prevedibile ma la notizia, per quanto triste, mi sorprende fino ad un certo punto. Il clima impazzito dell’ultimo periodo nelle zone siciliane (come ad esempio i molteplici incendi che si sono susseguiti da maggio a settembre concentrati nelle zone del catanese e del calatino) avrebbero dovuto essere i primi e preoccupanti campanelli d’allarme di una situazione che non andava assolutamente presa sottogamba. I suddetti incendi sono stati causati sia da un effettivo problema climatico in cui tutti siamo chiamati in causa ma anche dalla poca cura del territorio. Tali responsabilità sono da ricondurre non solo alle autorità politiche locali, che hanno cercato in questi mesi di fare il possibile, quanto piuttosto per una mal gestione del territorio, figlia anche della negligenza dello Stato che dovrebbe garantire anche alla luce delle tasse che paghiamo una corretta erogazione dei fondi preposti per sostenere i diversi territori.

Catania è la città dove sono nato e nella quale vivo negli ultimi anni: per me rappresenta un fondamentale pezzo di cuore legato a molteplici ricordi. Mai ricordo di averla vista come si è presentata quest’anno, ovvero lambita dalla furia delle fiamme e dall’incontenibile distruzione dell’acqua nel giro di pochi mesi di distanza. Perchè come diceva qualcuno una difficoltà non va arginata unicamente con i fondi ma con i mezzi (economici) giusti. Mi sovvien da pensare ad alcune situazioni che ho modo di vivere quotidianamente nella mia città, dove la situazione e la mentalità è differente rispetto alle grandi metropoli del nord. Ho modo di poter offrire un caffè o un tozzo di pane alle persone che sono in difficoltà: questo mi permette di poter vedere in tempo reale l’effetto concreto di questo mio aiuto. Mi spiego meglio: se io dessi la mia risorsa economica al diretto interessato, basandomi sulla fiducia e fidandomi del suo buonsenso (o presunto tale) rischierei di far si che la situazione iniziale possa non variare rischiando anche di peggiorare. Preferisco quindi accertarmi che le mie risorse come individuo siano investite per colmare i bisogni fisiologici del diretto interessato certo della destinazione dei fondi.

Perchè faccio questo esempio? Perché di fatto è quello che è successo (e che sta continuando a succedere) nei territori del Mezzogiorno come in molti altri territori italiani. Ciò significa che per quanto lo Stato (che dovrebbe essere scritto rigorosamente in minuscolo) italiano sia in difficoltà per i più disparati motivi sui quali non mi soffermerò per evitare una noiosa e pedantesca parentesi politica che non è figlia della nostra linea editoriale. Ritornando veloci e roboanti come un tuono ai rovesci autunnali dei quali si parlava poco sopra, si sono in poche ore trasformate in spaventosi nubifragi che si sono abbattuti con conseguenti ed ingenti danni sulla città di Siracusa.

Alan Comoretto
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