Brandon Lee, storia di un mito generazionale che voleva essere semplicemente sé stesso
La storia di Brandon Lee parte da due filoni ben distinti, che hanno come triste minimo comune denominatore la morte che questo ragazzo ha condiviso con il suo illustro genitore, il grande attore ed artista marziale Bruce Lee. Brandon era poco più di un fanciullo quando suo padre lo iniziò allo studio delle arti marziali. Ne imitava i gesti, le movenze, la meticolosa passione nello studiare in modo maniacale ogni dettaglio per saggiarne l’effettiva bontà fino alla sua completa efficacia. E nel tempo ebbe modo di sviluppare una formidabile abilità nelle arti marziali, spinto anche dall’aiuto fornitogli da alcuni dei migliori allievi di suo padre, tra i quali spicca il leggendario Dan Inosanto, unico allievo diretto di Bruce Lee ancora in vita.
All’inizio degli anni Ottanta il giovane Brandon prese parte ad alcuni film di arti marziali che gli permisero di mettere in mostra le sue abilità nelle arti marziali facendogli ottenere una certa credibilità nell’ambiente, diventando così la prova vivente del detto secondo il quale buon sangue non mente. Dopo la buona prova nel film di Hong Kong Legacy Of Rage, qui alla prova nel suo primo ruolo di protagonista, girò nel 1991 Resa dei conti a Little Tokyo, al fianco di Dolph Ludgren. La pellicola non fu un successo al botteghino ma gli permise di ottenere un contratto con la 20th Century Fox, con la quale girò nel 1992 Drago D’Acciaio, dove interpreta lo studente Jake Lo e del quale cura personalmente anche le scenografie. Questo rimane probabilmente il film di arti marziali più famoso girato da Brandon, il quale però non riesce a sopportare il fatto di essere chiamato solo per film di azione nonché i continui accostamenti con il celebre padre. Brandon sa in cuor suo di essere una persona diversa da lui, con desideri artistici diversi e non vede l’ora di poter dimostrarlo.
Giunti ormai i primi anni Novanta, Brandon divenne un punto di riferimento per quella generazione amante del grunge e che ha fatto di Mtv uno dei suoi principali canali di intrattenimento. Proprio per via della popolarità che stava acquistando tra i giovani venne scelto per interpretare il ruolo di Eric Draven nel film tratto dal fumetto Il Corvo, creato dal disegnatore americano James ‘O’ Barr. Questa era l’occasione perfetta che Brandon stava aspettando per smarcarsi dall’ingombrante ombra del padre e per dimostrare di essere quel bravo attore in grado di emozionare anche grazie ad un dialogo ben scritto senza dover necessariamente far ricorso alle arti marziali per impressionare il pubblico. Mai decisione fu più profetica e il ruolo de Il Corvo fu talmente bello, importante nonché tristemente famoso tanto da diventarne il suo ruolo per eccellenza. Una vera e propria maschera che lo immortalerà per sempre tra i simboli di una nuova generazione di attori che si stava affacciando sull’Industria Dei Sogni.
Anche se riuscì nel suo intendo di dimostrare al mondo di non essere soltanto il belloccio figlio di Bruce Lee, il suo destino è legato in modo intrinseco a quello del padre: entrambi, a distanza di anni, sono morti in circostanze non del tutto chiare ed entrambi in giovane età. Entrambi hanno sconfitto il passare del tempo, consegnando le proprie figure alla leggenda. Resta il rammarico per una vita spezzata troppo presto (ventisette anni) e che magari, oggi, sarebbe accostato ad attori del calibro di Brad Pitt, Joaquin Phoenix, Keanu Reeves, Robert Downey Jr. e tanti altri.
Hank Cignatta
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