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    Liquid Death, la “morte liquida” della sete e di quello stucchevole ambientalismo perbenista

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    La frenetica società di oggi corre sempre più veloce e ricerca cose che possano essere fruibili in uno stretto giro di tempo. Il tempo è ciò che realmente manca, perché alla fine della fiera troviamo sempre mille modi diversi per sembrare impegnati o per complicarci ancora di più le esistenze. E sempre in questi tempi frenetici la sopracitata frenetica società ha le sue nuove divinità dorate e i suoi nuovi valori, che differiscono molto (e pericolosamente) da quelli che sono stati inculcati alle generazioni che lentamente (ma in maniera inesorabile) stanno iniziando a risentire degli effetti collaterali del peso della gravità terrestre, tra primi acciacchi, primi capelli canuti e versi di soddisfazione quando si abbandonano le ossa stanche a peso morto sul divano.

    Uno scatto di una tipica giornata di ordinaria fretta della moderna società

    Sempre quella frenetica società ha però mille velleità di emancipazione su diversi fronti: tra quelli che va per la maggiore vi è una spinta verso una più spiccata sensibilità nei confronti del cambiamento climatico e di tutto ciò che bisognerebbe fare per evitare che il nostro pianeta diventi a breve un gigantesco e sferico vespasiano (cosa, che in parte, sta già avvenendo). Il termine cambiamento climatico è ormai diventato un enorme contenitore per terminologie che sono molto cool, parecchio utilizzate dai giovani e da una certa corrente di pensiero pericolosamente finto- perbenista così rivoluzionaria da essere una patetica omologazione. Termini quali resilienza, green economy, sostenibile, plastic free e molti altri sono diventati parte del dizionario di molti (sicuramente non tutti) individui che non ne conoscono il significato ma con i quali si riempiono saccentemente la bocca. In questo frangente diversi produttori di marchi di acqua negli ultimi anni stanno cercando di “lavarsi” la coscienza inserendo nei propri spot o sulle etichette delle proprie bottiglie il proprio impegno nel cercare di ridurre le emissioni di CO2, nonché la quantità di plastica dei loro imballaggi. Parole e numeri buoni per le statistiche, che il più delle volte sono davvero fini a loro stesse. Non è invece fine a sé stessa la trovata di Liquid Death: si tratta di una giovane compagnia americana di recente lancio nel mercato delle acque minerali, fondata dall’imprenditore Mike Cessario. Abbandonato il suo ruolo di direttore creativo a Netflix, ha fondato questo marchio che ha pensato di mettere l’acqua in lattine sleek, ovvero quelle lunghe nelle quali siamo ormai da tempo abituati a bere bibite come Coca Cola, Sprite, Fanta e molte altre.

    Uno dei tanti spot pubblicitari della Liquid Death

    L’acqua che viene sigillata nelle lattine di Liquid Death giunge da una sorgente a ridosso delle alpi austriache e mantiene le sue pure caratteristiche organolettiche. A partire da quest’anno vi è anche la variante frizzante, in grado di generare rutti da dinosauri incazzati.

    Lo slogan dell’azienda è quello di assassinare la sete e di farlo con ciò che di più puro c’è in natura: l’acqua. La scelta di usare le lattine al posto delle più tradizionali bottiglie di plastica sta alla base di una precisa strategia che vuole la Liquid Death in prima linea nella battaglia della riduzione della plastica negli imballaggi e come fattore inquinante nell’ambiente. Tutto questo non sarebbe geniale e cazzuto se non trovasse forma nell’originale strategia di marketing che sta alla base del progetto stesso: come si può leggere nel sito dell’azienda nella sezione “chi siamo”, Liquid Death si presenta come “un approccio assolutamente non necessario nel mercato nelle acque in bottiglia”, perché in fondo tutto il progetto si sforza di essere completamente non necessario in quello che fa. Quello che cambia le carte in tavola è il modo in cui lo fa: decisamente sopra le righe, in un modo originale in tempi in cui il concetto stesso di originalità ha smesso da tempo di essere originale. I toni eccessivamente esagerati, il nome e il logo che sembrano davvero provenire da una band di hairy metal e una grafica di gotica fattura giungono dal fatto che Cessario, nel creare tutto questo, si è soffermato a studiare il successo di bevande energetiche del calibro di Monster, Rockstar e Red Bull, le quali non sono nient’altro che acqua zuccherata con un po’ di caffeina messe all’interno di una lattina che rende il tutto molto più figo. E che cosa può esserci quindi di più semplice ma al tempo stesso geniale dell’acqua per spegnere l’arsura della sete?

    Due lattine di Liquid Death: a sinistra la versione naturale (bianca) e a destra frizzante (nera)

    Per chiunque abbia una certa propensione a divertirsi con il black humor, non si prenda fottutamente sul serio e non abbia il manico di una scopa di saggina saldamente incastrato su per il culo tutto ciò che fa questa azienda è oro puro in tempi dove bisogna fare attenzione ad emettere anche il più flebile dei respiri. Hanno un discreto successo che è compensato anche da diversi insulti che le persone sfaccendate ed alienate dall’esistenza scrivono loro via email e sulla loro pagina Facebook. Questi pazzi (in senso buono, s’intende) hanno creato due album (uno di heavy metal e il secondo punk) intitolati Greatest Hates, i cui testi delle canzoni sono caratterizzati dagli insulti che la gente ha rivolto loro. E per cercare di sensibilizzare sui rischi dell’inquinamento ambientale e da microplastiche hanno immesso sul mercato di Cutie Pollution, tre pupazzi che raffigurano una tartaruga, un delfino ed una foca letteralmente distrutti dagli effetti che l’inquinamento ha su di loro e sul loro habitat.

    I peluche in questione sono realizzati con materiali provenienti dalla plastica riciclata e Liquid Death dona il cinquanta percento del ricavato della vendita di questi peluche ad enti che si occupano di contrastare l’inquinamento da microplastiche. La versione più Gonzo possibile dell’ambientalismo che ci piace e di cui c’è un bisogno enorme.

    Hank Cignatta

    © Riproduzione riservata

    Sono la mente insana alla base di Bad Literature Inc. Giornalista pubblicista, Gonzo nell’animo, speaker radiofonico, peccatore professionista, casinista come pochi. Infesto il web con i miei articoli che sono dei punti di vista ( e in quanto tali condivisibili o meno) e ho una particolare predisposizione a dileggiare la normalità. Se volete saperne di più su di me e su Bad Literature Inc. leggete i miei articoli. Ma poi non dite che non siete stati avvertiti.

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