Oriana Fallaci, la furia e la penna

Oriana Fallaci, la furia e la penna

La donna che fece a pezzi la neutralità

Oriana Fallaci non era solo una giornalista. Era una bomba a mano con la spoletta già tirata, lanciata in faccia ai potenti del mondo. Intervistava Khomeini, Kissinger, Gheddafi, Indira Gandhi con la stessa ferocia con cui un leone sbrana un bufalo ferito. Non compiaceva. Non spiegava: voleva demolire. E demoliva. A volte i suoi pezzi non erano domande e risposte ma veri campi di battaglia. E non lo faceva da spettatrice. Lo faceva in prima linea, con sigaretta in mano, sguardo da kamikaze e la certezza che la verità (o almeno la sua verità) non ammetteva diplomazia.

Dalla guerra al giornalismo

La Fallaci nasce come cronista di guerra. Vietnam, Messico, Medio Oriente: posti dove la gente moriva sul serio mentre in Occidente si discuteva se il vino fosse meglio rosso o bianco. Lei era lì, nelle trincee, a scrivere come se ogni parola fosse un proiettile. E forse lo era.

I suoi reportage andavo oltre alla semplice descrizione del dolore: si insinuavano sotto pelle del lettore, capaci di far sentire la polvere della giungla, il sangue rappreso sui vestiti, la paura che ti risucchia lo stomaco. Non scriveva per informare: scriveva per far male. Perché solo chi soffre capisce.

Oriana Fallaci, Una donna contro il mondo

In un’Italia che voleva le donne zitte e sorridenti, lei si presentava come un corpo estraneo: sigaretta in bocca, sguardo di fuoco e totale assenza di compromessi. Non giocava nella squadra del femminismo collettivo, perché lei non giocava mai in squadra. Era un’esercito di una sola soldatessa e faceva più rumore di mille cortei.

La verita’ come stile

Ogni libro della Fallaci è un pugno nello stomaco. Lettera a un bambino mai nato non è solo un romanzo, è un urlo esistenziale che fa tremare ancora oggi chi lo legge. Intervista con la storia raccoglie le sue battaglie dialettiche con i grandi del Novecento, demoliti dalla sua lingua affilata come una lama da bisturi.

Negli ultimi anni, poi, la rabbia si fece ideologia. La sua lotta contro l’Islam, lanciata con la furia di una crociata, divise l’opinione pubblica: c’era chi la venerava come una Cassandra contemporanea e chi la accusava di islamofobia, di paranoia, di essere diventata schiava della paura. Ma la Fallaci non cercava consenso. Invitata ferocemente a riflettere, a scuotere con la stessa ferocia le coscienze di chi oggigiorno non è capace neanche ad elaborare autonomamente un pensiero senza ripetere pedissequamente slogan che gli sono stati vomitati nelle tenere sinapsi.

Oriana Fallaci e quella sindrome Gonzo

Leggerla oggi è come leggere Hunter S. Thompson con un tailleur fiorentino al posto degli occhiali da sole a specchio. Come lui, Oriana non era mai neutrale. Non esisteva un confine tra giornalismo e confessione, tra reportage e invettiva. Le sue pagine erano sangue, sudore e bestemmie. Non raccontava “i fatti”: raccontava cosa i fatti facevano a lei. Giornalismo Gonzo allo stato puro, anche se non lo chiamava così. E forse proprio per questo la sua scrittura resta immortale: perché non si limitava a documentare, ma si sporcava, si bruciava, ci lasciava pezzi di pelle.

L’eredità di un mostro sacro

Chi ci legge da diverso tempo lo sa, lo diciamo sempre e lo ribadiamo anche oggi. La politica non ci interessa, non fa parte della nostra linea editoriale e mai lo farà. In tempi disgraziati come questi ci sono però argomenti che vanno analizzati con il buonsenso, cosa che non ha fazione politica alcuna. Pensare di annoverare nello stesso discorso politica e buonsenso è roba da pazzi, da persone che hanno lasciato il buon senso a buona mandata sottochiave in qualche cassaforte dimenticata.

Nel mondo sterile e addomesticato del giornalismo contemporaneo, specialmente quello digitale fatto di post, comunicati stampa riciclati e notizie ribattute malamente con l’intelligenza artificiale, Oriana resta una bestemmia necessaria. Una profanazione quasi sacra. Una voce che ancora oggi ti prende per il collo e ti sbatte contro il muro, obbligandoti a guardare ciò che non vuoi vedere. La sua unica colpa, se così si può definire, è quella di essere nata in un Paese in cui basta una partita persa dalla propria squadra del cuore per volere lo scalpo del suo allenatore. Figuratevi essere alla ricerca di quel buonsenso di cui la Fallaci è sempre stata portatrice sana.

Diffidate dalle sue imitazioni mal riuscite che vanno in onda da studi televisivi, con un taccuino in mano e un’italiano a stento parlato correttamente. Esigete sempre e solo quella voce capace di porvi un punto di vista che, magari, non avevate ancora preso in considerazione.

Hank Cignatta

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Sono la mente insana alla base di Bad Literature Inc. Giornalista pubblicista, Gonzo nell’animo, speaker radiofonico, peccatore professionista, casinista come pochi. Infesto il web con i miei articoli che sono dei punti di vista ( e in quanto tali condivisibili o meno) e ho una particolare predisposizione a dileggiare la normalità. Se volete saperne di più su di me e su Bad Literature Inc. leggete i miei articoli. Ma poi non dite che non siete stati avvertiti.

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