La storia della Fiji Water, l’acqua dei vip
Molto probabilmente recandovi a fare la spesa vi imbatterete spesse volte nel reparto delle acque minerali, caratterizzato da diverse tipologie di acque imbottigliate. Da quella che afferma di essere l’acqua che elimina l’acqua a quella dai taumaturgici effetti benefici epatici, passando per quella più o meno ricca di anidride carbonica non rimane che l’imbarazzo della scelta. Ma tra questi marchi ve n’è uno che, negli ultimi anni, è diventato quello prediletto dai vip nonché presente in diversi film e serie tv: la Fiji Water.
Come è facilmente intuibile dal suo nome, questa acqua minerale proviene dalle Isole Fiji, paradisiaco Stato insulare dell’Oceania, caratterizzato da ben trecentoventidue isole di cui centosei abitate permanentemente. Questo presunto nettare degli Dei viene imbottigliato sull’isola di Viti Levu, la più grande delle isole che compongono l’arcipelago delle Fiji. Qui sorge una falda artesiana (corpo idrico costituito da acqua che occupa un quantitativo di rocce e/o sedimenti sfruttandone le fessure o i pori tra le particelle, cit. Wikipedia) sul limitare della foresta tropicale a migliaia di chilometri dall’inquinamento industriale. Ciò permette a quest’acqua di essere ricca di silice, minerale fondamentale per rinforzare ossa, denti e capelli.
E’ quindi facile intuire perché la Fiji Water sia diventata ben presto l’acqua preferita dalle stelle di Hollywood nonché una delle acque importate più venduta negli USA: da Barack Obama a Paris Hilton, la quale se la faceva arrivare imbottigliata in giornata. In Italia non è così facile da reperire, anche per il suo costo: una confezione da dodici bottiglie da un litro cadauna costa 109,90 euro. Vero e proprio oro bianco liquido che rimpingua le tasche dell’azienda fondata nel 1996 dall’imprenditore canadese David Gilmour (non il chitarrista dei Pink Floyd) andando a creare un giro d’affari impressionante.
Tutta questa remunerativa situazione però non è stata priva di polemiche: la prima riguarda la giunta militare che governa l’isola con il pugno di ferro: la società estrae più di 3,5 milioni di litri d’acqua al mese (dati alla mano) e la giunta militare ha deciso di applicare una tassa sulle risorse idriche che varia da un terzo a quindici centesimi di dollari figiani per litro. Oltretutto ogni formato della Fiji Water viene messa in commercio in bottiglie di plastica che, in questi tempi di attenzione per l’ambiente, non è il massimo per un tipo di azienda che punta tutto sulla totale purezza della provenienza incontaminata del suo prodotto. La situazione assume ulteriori connotati grotteschi se si pensa che la popolazione locale non ha accesso ad una rete idrica degna di essere definita tale. L’ennesimo episodio dove conta solo il business che genera un sacco di fatturato e costose minzioni d’autore.
Hank Cignatta
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