Zombie Display, ovvero come gli smartphone ci hanno ridotto ad una massa di rincoglioniti 2.0
Mondo. Esterno. Giorno. Finalmente riesco a respirare, ma soprattutto a non sudare, dopo tre mesi di afa e calore. L’ennesimo nubifragio che si è abbattuto in serata su Nevrotic Town (o Torino, per i più romantici) rende la temperatura (per ora) a livelli vagamente umani. Nöel, la mia piccola Pitbull, annusa questo strano ed incasinato mondo degli umani traslato alla mattina presto. Le faccio una carezza sulla sua testolina dolce e parte alla ricerca di un posto tranquillo dove poter sganciare una cagata impressionante. E la giornata è ufficialmente iniziata. Dopo aver raccolto quella gargantuesca montagnola marrone ed averla gettata nel pattume, vedo in lontananza arrivare due ragazzi che sono il prototipo dei tempi attuali. Andatura veloce, lattina di Redbull nella mano sinistra, sacca installata dietro a due spallucce timide, telefono nella mano destra e sonorità trap che accompagnano quella folle camminata mattutina. I due si scambiano alcune parole che sembrano più dei comandi in codice per un linguaggio che non mi è concesso comprendere, mentre camminano con la faccia incastrata sul display dei loro telefoni intelligenti. Uno dei due non vede un palo e prende in pieno mentre il suo compare ride di gusto e lo piglia per il culo. L’altro si dà una scrollata, beve un sorso dell’intruglio energetico ed entrambi riprendono la loro marcia verso l’ignoto.
I cellulari sono diventati la nuova estensione del nostro corpo: prendetevi un braccio, un occhio, una gamba e tutto quello che vi serve. Ma non private l’umanità di quel nuovo organo tecnologico quale è lo smartphone. Da semplici strumenti tecnologicamente avanzati sono diventati ben presto il centro delle nostre esistenze ai quali demandare messaggi importanti, fotogrammi di vita e dati sensibili. E come spesso accade in questi casi sono anche oggetti che subiscono il fascino (e l’oblìo) delle mode: modelli che con cadenza regolare diventano troppo vecchi per poter essere sfoggiati nelle compagnie di amici o per far colpo sulla ragazza di turno. Ma non preoccuparti: entra nei vari negozi che vendono questi manufatti del futuro: basta seguire l’insegna luminosa recante la scritta continua ad indebitarti con noi!
Quando nel 2007 Steve Jobs, con il suo stile unico si apprestava a presentare al mondo l’iPhone mai avrebbe pensato di creare un esercito di protorincoglioniti moderni in grado di demandare le proprie esistenze a quella scatoletta che racchiude il mondo in tasca. I cellulari intelligenti sono diventati davvero i nuovi migliori amici dell’uomo, diventando anche estintori in grado di spegnere il buon senso e quel briciolo di umanità che ancora albergava in qualche individuo. Se c’è un’incidente non è importante fermarsi e prestare soccorso: meglio riprendere tutto con il telefono e pubblicarlo sui social network, in attesa di un plebiscito virtuale che sopperisce alla mancanza di uno reale. E se ai concerti si alzavano al cielo gli accendini creando delle suggestive coreografie di pubblico, ora si accende il flash del proprio telefonino. Una soluzione green, direbbe qualcuno. Un tremendo interruttore alle emozioni, risponde il povero stronzo che vi scrive.
Questa prigionia tecnologica è un pò come la versione 2.0 di quel detto orientale secondo il quale quando il saggio indica la Luna, lo stolto guarda il dito. I colossi tecnologici illustrano un mirabolante mondo fatto di impensabili opportunità mentre noi non facciamo altro che essere asserviti ad un oggetto inanimato che si nutre dei nostri sentimenti. Ve lo dico io, che sono il profeta dei ciarlatani. Ma scusate, ora devo proprio andare. La mia Dani California mi ha appena mandato un messaggio e devo assolutamente risponderle. Che stress.
Hank Cignatta
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