Stevie Ray Vaughan, l’ultimo bluesman dal suono magico
Il suono della sua chitarra ha il potere taumaturgico di farti muovere anche se non vuoi o non puoi. Magia, pura fottuta magia musicale. E’ quella che trasmette ad ogni ascolto Stevie Ray Vaughan, l’angelo che suonava la musica del diavolo meglio di tutti gli altri. L’ultimo guitar hero capace di incarnare lo spirito del blues più puro per filtrarlo sotto una chiave irresistibilmente moderna. E’ un talento che sboccia in tenera età, quello di Stevie: si avvicinò per la prima volta alla chitarra quando aveva sette anni e da allora è stato amore a prima vista. Era dotato di uno straordinario e sopraffino orecchio che gli ha permesso di apprendere, suonare e comporre da completo autodidatta, senza alcuna conoscenza della teoria musicale.
Quell’innato talento musicale viene affinato nel corso degli anni ascoltando i dischi di grandi artisti quali Jimi Hendrix (del quale inciderà una stupenda versione di Little Wing, che non fa affatto rimpiangere l’originale per intensità e perizia di esecuzione), Albert King, B.B. King, Buddy Guy, Django Reinhardt, Chuck Berry e Muddy Waters solo per citare le sue ispirazioni più famose e facilmente riconoscibili nella sua musica.
Quando il plettro toccava le corde della sua chitarra, l’iconica Fender Stratocaster Number One con effetto bruciato e le iniziali SRV luccicanti a svettare sul battipenna, era l’inizio di qualcosa di unico. Quella chitarra era un vero e proprio strumento di ipnosi capace di mandare in uno stato di edonistica catarsi musicale. Un biglietto di sola andata verso una dimensione caratterizzata da sciami sismici di orgasmi musicali che elevano lo spirito nonché cura contro il logorio della vita moderna. Un genio sbocciato in tenera età e scomparso troppo in fretta a causa di un destino beffardo che lo ha consegnato prematuramente alla leggenda in seguito ad un incidente aereo avvenuto in una nebbiosa serata di agosto del 1990.
Ma il segreto dietro alla magia di quel suono si cela in altri piccoli dettagli, tra i quali l’uso di corde più spesse rispetto al normale per evitare danni alle dita e l’accordatura della chitarra un semitono sotto rispetto l’accordatura standard. Ciò regalava al suono quel tocco vellutato ed elegante che è uno dei tratti distintivi di Steve Ray Vaughan, l’ultimo grande bluesman in grado di ispirare generazioni future di musicisti.
Hank Cignatta
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