Stress da fine vacanze: come un capriccio stupido diventa uno dei “mali” della società moderna
Puntuale come un herpes la sera del gran ballo ritorna con prepotenza, tra gli argomenti da “strada”, il cosiddetto stress da fine vacanze. Esauritesi le vacue chiacchiere sul tale giocatore venduto alla tale squadra per la tale cifra riprende forza come un uragano carico di materia organica anfibia comunemente detta merda lo stesso identico discorso. Non importa che siate sui mezzi pubblici, al ristorante o in giro a farvi i sacrosanti cazzi vostri: la lagna sarà sempre la stessa. Questo vero e proprio acufene inquinerà i vostri padiglioni auricolari da qui fino (se va bene) al primo dei ponti festivi disponibili. E la domanda qui sorge spontanea: ma di che cazzo stiamo parlando veramente?
Il ritorno dalle ferie diventa quindi materia da sindrome che viene definita stress da fine vacanze o post vacation blues, come dicono quelli bravi. In questa società liquida che viaggia sempre a ritmi frenetici ogni cosa viene vissuta al massimo: si è perso il piacere di poter dare un connotato emotivo alle esperienze che andiamo a vivere e tutto deve essere fatto in uno stretto lasso di tempo. Ciò si riflette anche sul periodo dedicato alle ferie, dalle quali generalmente si torna sempre mal volentieri per rituffarsi nella “grigia” routine di tutti i giorni. Ecco quindi che si precipita in uno stato di stress che genera apatia, stordimento, calo dell’attenzione e depressione.
Credo che non mi basterebbero mai abbastanza vite da vivere per comprendere quell’insano meccanismo che porta milioni di persone ad incolonnarsi per chilometri nelle autostrade sotto il cocente sole estivo per raggiungere l’agognata meta estiva. Cosa può esserci di buono nel tornare a casa più stressati ed incazzati di quando si è partiti per poi avere argomenti da snocciolare con dovizia di particolari nelle future due settimane di pause caffè in ufficio?
Si parla quindi di una sindrome o di un capriccio della decadente società occidentale intenta a crearsi complessi per poter giustificare ciò che, all’atto pratico, sono delle palesi stronzate? Tutto ciò pare il tentativo di compensare il fatto di appagare quella necessità psicologica che ci fa stare meglio se abbiamo modo di sbattere in faccia il prossimo di aver portato il culo in qualche località marittima o montana per evitare “l’onta” di aver vissuto la serrata estiva che porta lo svuotamento delle grandi città. Molto probabilmente sarò stronzo io, ma non c’è cosa più bella di vivere per le piccole cose che si possono vivere solo quando la città torna ad essere più a misura umana, come la fortuna di poter riuscire a trovare al primo colpo un comodo parcheggio sotto casa o prendere le cose con la dovuta calma. Ma si sa, forse tutto questo è poco cool.
Hank Cignatta
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