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    Under The Graveyard: il testamento in musica di Ozzy Osbourne, una delle rockstar più cazzute di sempre

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    La stavo aspettando. Dopo aver mandato a fare in culo il 2019 con le sue delusioni e le sue gioie e aver mostrato il dito medio al 2020 come segno di benvenuto, finalmente è arrivata. Salvo qualche colpo di scena sonoro nell’arco di questa stagione dal doppio numero, posso ufficialmente dichiararmi elettrizzato come una scolaretta dalle mutandine eccessivamente fradicie nell’aver trovato quello che penso possa essere (opinione personale, quindi condivisibile o meno) il pezzo definitivo di questo ventiventi. Incastrato come tutti i giorni nel traffico di metà pomeriggio di Nevrotic Town, la radio è li fedele come sempre nell’aiutarmi a spezzare la noia che puntualmente si ripete come un copione maniacalmente messo in scena quotidianamente. Dalle casse dello stereo si propagano le prime note di Under The Graveyard, brano annunciato dallo speaker come l’ultimo rilasciato in ordine temporale da Ozzy Osbourne. Dalle web frequenze di Radio Morgan avevo dato la notizia della scoperta da parte del Principe delle Tenebre di una leggera forma di morbo di Parkinson e, francamente, poter sentire la sua voce è sicuramente una bella dose di positività nei confronti di questi tempi scialbi e privi di artisti in grado di essere definiti tali (salvo alcuni rarissimi casi che non si riescono a contare tutti sulle dita di una mano).

    Uno strepitoso Ozzy Osbourne d’annata

    Mentre attorno a me i suoni che la fanno da padrone sono i clacson e le bestemmie degli automobilisti incazzati, questa canzone si impegna per dare il meglio di sé. Ozzy canta di uno dei periodi più delicati della sua esistenza fatta di eccessi, cazzate epiche e grandi successi e le atmosfere del brano si fanno sempre più interessanti man mano che si avvicina al termine. Il ritornello si incastra fin da subito nelle mie già malmesse sinapsi e c’è un cambio di tempo ritmico che rende il tutto davvero sublime grazie anche a questi famosi assoli di chitarra che probabilmente non saranno chissà cosa dal punto di vista tecnico ma che riscaldano decisamente i sensi e che regalano intensi momenti di priapismo dopo anni di dittatura sonora riservata a ritmi latini e canzoni che vengono dimenticate con la stessa velocità con le quali vengono scritte ed incise.

    Scena iniziale tratta dal video ufficiale di Under The Graveyard

    Under The Graveyard è stata scritta e prodotta dal chitarrista e produttore Andrew Watt, insieme ad Ozzy e ad Ali Tamposi (noto per aver scritto Havana di Camila Cabello). Il brano presenta un testo e un video autobiografico, ambientato nella Hollywood del 1979, che vede Ozzy alle prese con i suoi demoni e le sue dipendenze dalla droga e dall’alcol. Sulla sua strada incontrerà un vero e proprio angelo, la futura moglie Sharon, che lo aiuterà a rinascere e che sposerà in seguito diventando di fatto una delle coppie più durature della storia della musica. Nel video il ruolo di Ozzy è interpretato da Jack Kilmer, figlio di Val Kilmer mentre quello di Sharon da Jessica Barden. Alla registrazione del brano hanno preso parte anche Duff McKegan, mitico bassista dei Guns’N’Roses e Chad Smith, granitico batterista dei Red Hot Chili Peppers. Il brano è tratto dall’album Ordinary Man, che verrà pubblicato il 20 febbraio 2020, che promette sicuramente molto bene. Il video di under The Graveyard è sicuramente molto bello ed intenso, capace in circa cinque minuti di condensare uno dei periodi più difficili di una delle rockstar più cazzute di tutti i tempi. Sarà il preludio per uno di quei biopic che tanto vanno di moda per raccontare alle nuove generazioni come ci si divertiva prima dei social e quando la musica era realmente in grado di trasmettere qualcosa? Nell’attesa, metto nuovamente play su questo brano e auguro lunga vita al Principe delle Tenebre Ozzy Osbourne.

    Hank Cignatta

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    Sono la mente insana alla base di Bad Literature Inc. Giornalista pubblicista, Gonzo nell’animo, speaker radiofonico, peccatore professionista, casinista come pochi. Infesto il web con i miei articoli che sono dei punti di vista ( e in quanto tali condivisibili o meno) e ho una particolare predisposizione a dileggiare la normalità. Se volete saperne di più su di me e su Bad Literature Inc. leggete i miei articoli. Ma poi non dite che non siete stati avvertiti.

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