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    Roy Jones Jr., l’artista del gancio

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    Lo scorso fine settimana Mike Tyson è ritornato sul ring nel corso di un match esibizione: l’incontro ha suscitato molto interesse tra gli appassionati e gli addetti ai lavori, che ben presto si sono divisi tra chi ha ben accolto l’evento e chi lo ha categoricamente bollato come l’ennesima trovata senza speranze per il futuro della Nobile Arte. Gusti e polemiche a parte, fa senza dubbio piacere vedere un Mike Tyson che a cinquantaquattro anni pare essere rinato, pronto a continuare a mettersi in gioco e cercare di porre rimedio ai diversi errori commessi dentro e fuori dal ring. Ma tanto si è detto (e si continua a dire) su Tyson mentre poco o niente riguardo il suo avversario: Roy Jones Jr.

    L’intervista ai due pugili alla fine del match di esibizione: a sinistra Mike Tyson, a destra Roy Jones Jr.

    Roy Levasta Jones Jr. è uno dei pugili migliori degli anni Novanta, in grado di mostrare una tecnica sublime, supportata da un’impressionante velocità di esecuzione dei colpi e una difesa molto accurata. Fin dagli inizi della sua carriera dilettantistica ha avuto modo di mettersi in luce, arrivando a conquistare nel 1984 le Olimpiadi Nazionali Juniores e il Golden Gloves per due anni consecutivi tra il 1986 e il 1987 per poi concludere la sua carriera dilettantistica con un record personale di cento ventuno vittorie e tredici sconfitte. Prima di ciò rappresenta gli Stati Uniti alle Olimpiadi di Seul del 1988 dove riesce a conquistare la finale dopo aver battuto tutti i suoi avversari. Molto controverso è stato il suo match valido per l’oro contro il sudcoreano Park Si-Hun, perso a causa di un verdetto scandalosamente a favore del pugile di casa, che lo ha privato di una meritata prima posizione sul podio ma che, comunque, non gli ha impedito di avere una prestigiosa carriera professionistica.

    Jones Jr. incarna alla perfezione quel fascino che solo la Nobile Arte è in grado di regalare, caratterizzato da storie di riscatto personale ed agonistico, dove è finita si dice soltanto alla fine. Primo pugile della storia ad aver iniziato la carriera nella categoria dei medioleggeri e a raggiungere il tetto del mondo in quella dei mediomassimi, ha conquistato più volte il titolo della IBF nei medi, supermedi e mediomassimi nonché sette titoli mondiali contemporaneamente per le sigle WBC, WBA, IBF, IBO, NABF, WBF ed IBA.

    All’apice della sua carriera il fulmine di Pensacola (questo è uno dei suoi diversi soprannomi, che rimarca la sua città natale) è stato un pugile sicuramente molto ostico da affrontare, in grado di essere tanto tecnico e potente quanto imprevedibile. Ha affrontato diversi campioni, tra i quali figurano Bernard Hopkins (con il quale ha dato vita ad un’accesa rivalità) e James Toney e ha deciso di ritirarsi nel 2015, ponendo fine ad carriera di grandissimi rispetto. Rivederlo sul ring a cinquantuno anni contro uno dei campioni che, assieme a Muhammad Alì, è diventato il sinonimo stesso del pugilato nell’immaginario collettivo, non può che far piacere. Certo, gli anni sono passati e i riflessi non sono più quelli di un tempo. Ma esattamente come per Tyson lo stesso vale anche per Roy Jones Jr.: è finita lo si dice solo alla fine.

    Hank Cignatta

    ® Riproduzione riservata

    Sono la mente insana alla base di Bad Literature Inc. Giornalista pubblicista, Gonzo nell’animo, speaker radiofonico, peccatore professionista, casinista come pochi. Infesto il web con i miei articoli che sono dei punti di vista ( e in quanto tali condivisibili o meno) e ho una particolare predisposizione a dileggiare la normalità. Se volete saperne di più su di me e su Bad Literature Inc. leggete i miei articoli. Ma poi non dite che non siete stati avvertiti.

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